La moda di Milano fa dietrofront Niente cena di Cracco in Galleria

Era in programma per il 22 settembre, alla vigilia della Settimana della moda a Milano, ma la serata è stata ritenuta dagli organizzatori troppo rischiosa. Erano previsti 600 invitati e 500 addetti ai lavori

04 settembre 2020 | 15:30
Con i contagi che tornano a salire e la cautela fermamente richiesta agli italiani, anche la Moda decide di fare un passo indietro di fronte al pericolo di diffusione del covid. A saltare, infatti, è un evento atteso come la cena di Carlo Cracco in Galleria Vittorio Emanuele II, serata di beneficenza in occasione dell'inizio della Settimana della moda, in programma dal 23 al 28 settembre (la cena era in programma il 22).



Il no all'evento viene dai promotori dell'iniziativa, la Camera nazionale della Moda e Vogue Italia, dopo un confronto sulle modalità organizzative dell'evento.



Alla serata erano previsi 600 ospiti tra italiani e internazionali, oltre al coinvolgimento di almeno 500 adetti ai lavori, tra cuochi, camerieri, hostess e addetti alla sicurezza. Si parla di oltre mille persone, molte delle quali concentrate in Galleria per alcune ore (dalle 19.30, orario di inizio della cena, in poi...).

Inizialmente c'era l'intenzione di far accomodare gli ospiti in 50 maxi-tavoli, che avrebbero consentito il distanziamento sociale previsto dalle normative, ma il rischio di problemi sanitari è stato comunque ritenuto troppo alto, e da Carlo Capasa (Camera della Moda) e da Emanuele Farneti (Vogue Italia). I due sono stati d'accordo nel fare dietrofront, questo ancora prima di sottoporre la proposta finale dell'evento a Comune e Prefettura.

A questo proposito, Palazzo Marino ha chiarito: non c'era ancora nessun via libera alla cena, sarebbero state previste rigide verifiche sulle modalità di organizzazione dell'evento. Ma non ce n'è stato bisogno: niente cena, quindi, di Cracco nel Salotto dei milanesi, niente bis dell'evento del 2017, la prima volta che la Galleria veniva utilizzata come un ristorante a cielo aperto.

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Alberto Lupini


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