Mense, sindacati e green pass: basta dubbi! È l'ora della serietà e della responsabilità

Maurizio Landini, segretario Cgil, ha espresso diversi dubbi sul green pass per le mense aziendali. Ma per recuperare normalità e sicurezza, con i vaccini disponibili, i protocolli anti-contagio non bastano più

11 agosto 2021 | 12:06

Sindacati da un lato, Governo dall’altro. Nel mezzo una falla che nessuno si sente di colmare: l’obbligo di esibire il green pass per accedere ai posti di lavoro. O almeno in mensa. È da qui, infatti, che è scattato il dibattito pubblico che ha coinvolto Maurizio Landini, segretario della Cgil, il mondo imprenditoriale e quello politico. Il tutto mentre nell’intero territorio nazionale è partita la corsa a vaccinare (e quindi rendere elegibili di green pass) quante più persone possibili così da svuotare quelle sacche di reticenti che ancora non si sono fatti immunizzare. A partire da chi, per lavoro, opera a contatto con il pubblico siano bar, ospedali, ristoranti, attività di sportello, ecc. come più volte sostenuto da Italia a Tavola.

 

Il "no" di Landini al green pass per le mense aziendali

A far scattare il dibattito, la preoccupazione di aziende e player della ristorazione collettiva che, dal 6 agosto, dovrebbero chiedere la certificazione verde ai dipendenti che vogliono accedere alla mensa aziendale. Un bel problema se si pensa al caos sui controlli che già attanaglia la ristorazione commerciale e che rischia di andare a scontrarsi con problemi di privacy e diritti acquisiti (leggi: welfare). A dirsi contrario a questa ipotesi è stato anche Maurizio Landini: «Il Governo dice di volerle regolare (le mense, ndr) al pari delle attività di ristorazione. Ma le mense aziendali hanno i turni, il plexiglass, la sanificazione periodica. Non sono un ristorante ma un servizio per chi lavora. Se il Governo pensa che il vaccino debba essere obbligatorio, lo dica e approvi una legge. Abbiano il coraggio di farlo! Non si può pensare di raggiungere il medesimo obiettivo in maniera surrettizia, a danno di chi lavora. È una forzatura controproducente rispetto all’obiettivo di realizzare la vaccinazione per tutti».

A sostenere la posizione di Landini è stato anche il segretario della Uil, Pierpaolo Bombardieri per cui i protocolli finora usati bastano e avanzano per garantire quella sicurezza sanitaria da tutti invocata in vista del ritorno sui posti di lavoro dopo la pausa estiva. Perché, allora, non puntare sul green pass che di quei protocolli - nati in attesa del vaccino - rappresenta una naturale evoluzione?

 

 

Green pass unico strumento per garantire la sicurezza di clienti e lavoratori

Come sostenuto più volte da Italia a Tavola, la certificazione verde è quel lasciapassare necessario al recupero di una certa normalità tale per cui, nel mezzo della pandemia, le attività economiche possono evitare le conseguenze nefaste del lockdown. Eventualità che vale doppio per il settore Horeca, che più di tutti ha pagato le chiusure. Grazie all’attestazione del proprio stato di immunità, infatti, ristoranti, bar, osterie, pasticcerie, ecc. potrebbero diventare delle vere e proprio bolle covid-free. A patto, ovviamente, che l’obbligo del green pass sia esteso, per reciprocità, anche ai lavoratori dei pubblici esercizi. Non a caso, fin dalle prime battute della campagna vaccinale, su queste pagine abbiamo sostenuto la necessità di prevedere una corsia preferenziale per camerieri, cuochi, personale di sala e d’hotel e in generale tutte le professione a stretto contatto con il pubblico così da assicurare che la ripresa dei traffici estivi non portasse agli stessi risultati della stagione 2020 quando, dopo un durissimo confinamento, l’Italia tutta senza molte regole d’ingaggio (e ancora senza vaccini) ha “sbracato” riportando la curva dei contagi a salire in autunno.

 

 

Il nodo controlli

Certo, le complicazioni sulla questione controlli del green pass non aiutano. Nel giro di 48 ore, infatti, l'esternazione della ministra all'Interno, Luciana Lamorgese («I titolari dei locali non potranno chiedere la carta d’identità ai clienti, faremo una circolare di chiarimento su questo. Noi chiediamo venga richiesto al chiuso il green pass. Non si può pensare che l’attività di controllo venga svolta dalle forze di polizia. Significherebbe distoglierle dal loro compito prioritario che è garantire la sicurezza, anche della criminalità»), l'intervento del Garante della privacy («Le figure autorizzate alla verifica dell'identità personale sono quelle indicate nell'articolo 13 del d.P.C.M. 17 giugno 2021 con le modalità in esso indicate, salvo ulteriori modifiche che dovessero sopravvenire», quindi i titolari di bar e ristoranti) hanno fatto confusione. Per mettere tutto in ordine, il Viminale ha emanato una circolare in cui si assume una posizione mediana: i titolari e gestori di pubblici esercizi possono richiedere di controllare l'identità del possessore di green pass laddove le informazioni riportate dalla verifica della certificazione verde sollevino dei dubbi sulla reale corrispondenza con chi la certificazione l'ha presentata. Eventualità per nulla minoritaria, come dimostra  il tentativo di accaparrarsi certificazioni false online.

Un chiarimento che, tuttavia, non fa venir meno le critiche dei professionisti del settore ben espresse da Fipe: «Noi, lo ribadiamo, siamo pubblici esercizi e non pubblici ufficiali per cui chiediamo che siano le forze dell'ordine o chi per esso a controllare i documenti, non certo noi. Anche perchè bisogna mettersi nei panni di un ristoratore che si ritrova a dover chiedere ad ogni turno 50-60 carte d'identità, immaginatevi il disagio», ha affermato il direttore Roberto Calugi.

 

La discriminazione al contrario

In tutto questo, chi rischia di rimetterci di più, come scrive Paolo Mieli sul Corriere della Sera, è la maggioranza degli italiani a cui è stato somministrato il vaccino: «Viene da chiedersi da dove venga questa grande sensibilità a vantaggio di chi obbietta alla certificazione vaccinale. E perché i leader sindacali non siano altrettanto sensibili nei confronti di coloro che, in possesso di green pass, dovrebbero esporsi a rischi vivendo la propria vita lavorativa a stretto contatto con persone che potrebbero contagiarli».

Se poi è solo un tentativo con cui una certa "sinistra" un po' antica pensa di recuperare terreno rispetto a una "destra" altrettanto antica, facendo a gara a chi gioca di più con la demagogia (se le mense sono un "servizio" come dice Landini, cosa sono ristoranti o, peggio, attivitá sanitarie dove il green pass è obbligatorio?), di certo l'Italia non potrá fare molti passi avanti.


 

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Alberto Lupini


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