Mascherine, farsa sui contributi Soldi solo a chi è veloce coi click
I 50 milioni di euro per i dispositivi di protezione, solo all’1,26% delle aziende che ci hanno provato, solo perché più veloci nel registrarsi. La denuncia di Matteo Musacci (giovani Fipe): servono bandi differenziati
23 maggio 2020 | 12:15
La farsa del click day tutta italiana, prosegue. Dopo il disastro Inps per il bonus autonomi, ora ecco quello del bando Invitalia (L’Agenzia nazionale per lo sviluppo) che aveva messo a disposizione 50 milioni di euro da distribuire alle aziende per l’acquisto dei dispositivi di protezione anti-covid. Risultato? 3.150 le aziende ammesse perché dal dito velocissimo, 191.025 quelle invece escluse perché più “lente”, magari di un solo centesimo.
Ed è proprio per una questione di centesimi che non è riuscito ad ottenere un contributo più che mai sacrosanto Matteo Musacci, presidente dei giovani imprenditori di Fipe - Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi, che racconta: «Tra i migliaia di imprenditori italiani che si sono illusi di poter accedere ai fondi messi a disposizione del governo tramite Invitalia per l’acquisto dei dispositivi di protezione individuale da consegnare ai dipendenti, ci sono anche io. Sono stato 5 centesimi di secondo più lento dei 3.150 Usain Bolt che sono riusciti a rientrare tra gli ammessi al contributo. E dunque le mascherine, obbligatorie per poter lavorare e far lavorare i miei 5 dipendenti in sicurezza, dovrò acquistarle da solo».
In un battito di ciglia sono stati distribuiti 50 milioni di euro, senza alcuna scelta meritocratica o di proporzione, semplicemente premiando i più veloci. Un danno, soprattutto per i ristoratori i quali sanno bene quanto le mascherine siano la vera unica arma di difesa. «Nessun dramma - spiega Musacci - ma è assolutamente ridicolo che in un secondo e 4 centesimi si siano bruciati 50 milioni di euro di fondi pubblici, lasciando a bocca asciutta il 98,74% delle attività economiche interessate dal bando. Una farsa che non deve più ripetersi. Mi auguro che, dal prossimo bando, Invitalia abbandoni il click day e differenzi le proprie gare tenendo conto, per lo meno, della dimensione delle imprese».
Sì, perché i costi ora sono davvero importanti. In una recente intervista rilasciata a Italia a Tavola, Daniele Minotto, vicedirettore di Federalberghi Venezia, aveva stimato in 300€ la spesa giornaliera per consentire ad un solo dipendente di un albergo di lavorare in sicurezza. «Quest’ultima gara - chiude Musacci - ha infatti premiato in larga parte imprese grandi se non grandissime, molte delle quali hanno programmato acquisti per 150mila euro, pari a 33 dipendenti. Agli altri sono rimaste le briciole, mentre alla maggioranza nemmeno quelle. Confido che l’esperimento, fallito, non si ripeta più. Altrimenti diventerebbe lecito pensare di vivere nel paese del gioco d’azzardo. Della lotteria di Stato».
La protesta di Fipe contro il bando Invitalia
Ed è proprio per una questione di centesimi che non è riuscito ad ottenere un contributo più che mai sacrosanto Matteo Musacci, presidente dei giovani imprenditori di Fipe - Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi, che racconta: «Tra i migliaia di imprenditori italiani che si sono illusi di poter accedere ai fondi messi a disposizione del governo tramite Invitalia per l’acquisto dei dispositivi di protezione individuale da consegnare ai dipendenti, ci sono anche io. Sono stato 5 centesimi di secondo più lento dei 3.150 Usain Bolt che sono riusciti a rientrare tra gli ammessi al contributo. E dunque le mascherine, obbligatorie per poter lavorare e far lavorare i miei 5 dipendenti in sicurezza, dovrò acquistarle da solo».
In un battito di ciglia sono stati distribuiti 50 milioni di euro, senza alcuna scelta meritocratica o di proporzione, semplicemente premiando i più veloci. Un danno, soprattutto per i ristoratori i quali sanno bene quanto le mascherine siano la vera unica arma di difesa. «Nessun dramma - spiega Musacci - ma è assolutamente ridicolo che in un secondo e 4 centesimi si siano bruciati 50 milioni di euro di fondi pubblici, lasciando a bocca asciutta il 98,74% delle attività economiche interessate dal bando. Una farsa che non deve più ripetersi. Mi auguro che, dal prossimo bando, Invitalia abbandoni il click day e differenzi le proprie gare tenendo conto, per lo meno, della dimensione delle imprese».
Matteo Musacci
Sì, perché i costi ora sono davvero importanti. In una recente intervista rilasciata a Italia a Tavola, Daniele Minotto, vicedirettore di Federalberghi Venezia, aveva stimato in 300€ la spesa giornaliera per consentire ad un solo dipendente di un albergo di lavorare in sicurezza. «Quest’ultima gara - chiude Musacci - ha infatti premiato in larga parte imprese grandi se non grandissime, molte delle quali hanno programmato acquisti per 150mila euro, pari a 33 dipendenti. Agli altri sono rimaste le briciole, mentre alla maggioranza nemmeno quelle. Confido che l’esperimento, fallito, non si ripeta più. Altrimenti diventerebbe lecito pensare di vivere nel paese del gioco d’azzardo. Della lotteria di Stato».
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