Manovra e tassa di soggiorno, gli hotel contestano il rincaro

Sarà più semplice alzare l'imposta di soggiorno a 10 euro nei capoluoghi che abbiano avuto presenze turistiche venti volte superiori a quelle dei residenti. Federalberghi, Assoturismo e Confindustria Alberghi contrari

22 dicembre 2022 | 12:06

Novità nella manovra per il turismo: grazie a un emendamento approvato in commissione Bilancio diventerà più semplice alzare l'imposta di soggiorno a 10 euro nei Comuni capoluogo di provincia che, in base alle ultime rilevazioni, abbiano avuto presenze turistiche venti volte superiori a quelle dei residenti. Non sarà più un decreto ministeriale a individuare tali Comuni, ma verrà fatto direttamente riferimento ai dati pubblicati dall'Istat riguardanti le presenze turistiche medie registrate nel triennio precedente all'anno in cui viene deliberato l'aumento dell'imposta. Per il triennio 2023-2025 si considera la media delle presenze turistiche del 2017-2019. Per Federalberghi: «un panettone amaro per l’economia del turismo». Stessa opinione per Assoturismo Confesercenti: «Tassare i turisti non è una buona strategia. Così l’imposta di soggiorno diventa una stangata». Per l’Associazione italiana Confindustria Alberghi, gli alberghi non possono farsi carico di tutta la tassazione delle città. 


Federalberghi: «Pessimo regalo di Natale per imprese e lavoratori»

«Maggioranza e opposizione si uniscono per sbloccare l’aumento delle tasse sui turisti», ha commentato la Federazione delle associazioni italiani alberghi e turismo. È questo, secondo Federalberghi, il senso di un emendamento alla legge di bilancio, presentato da deputati dell’opposizione e accolto dai relatori di maggioranza, che facilita, a partire dal 1º gennaio 2023, il raddoppio del valore massimo dell’imposta di soggiorno, portandolo da 5 euro a 10 euro a notte per persona. La misura, come detto, interessa i capoluoghi di provincia in cui la media delle presenze turistiche nei tre anni precedenti è di venti volte superiore al numero dei residenti.


«È un pessimo regalo di Natale - dice Federalberghi - per le imprese e i lavoratori del turismo delle destinazioni interessate, che con grande fatica si stanno risollevando dal baratro in cui erano sprofondate durante la pandemia e sono tuttora alle prese con la stangata del caro energia».

Assoturismo Confesercenti: «Tassare i turisti non è una buona strategia»

D’accordo anche Vittorio Messina, presidente nazionale di Assoturismo Confesercenti: «Tassare i turisti non ci sembra una buona strategia, proprio in un momento di ripresa come questo. Si rischia di scoraggiare i visitatori, soprattutto le famiglie, offrendo loro un incentivo per ridurre la durata del soggiorno, e di spingere fuori mercato le città d’arte. L’esatto contrario di quello che dovremmo fare. L’imposta di soggiorno è già una gabella poco gradita, anche perché - in teoria - avrebbe dovuto essere un’imposta di scopo destinata agli investimenti per lo sviluppo del turismo, ma le risorse sono arrivate al comparto con il contagocce, e solo in alcuni territori. Con questo nuovo intervento, poi, l’imposta diventa un vero e proprio esborso, da 280 euro a settimana per una famiglia con due figli».


«Una stangata da evitare assolutamente - conclude Messina - anche in considerazione del fatto che l’imposta di soggiorno già costa agli ospiti delle strutture ricettive italiane più di mezzo miliardo di euro l’anno: tra questa e l’Iva su prodotti e servizi turistici, i visitatori del nostro paese sono tra i turisti più tartassati al mondo».

Confindustria Alberghi: «Basta tirare la corda, sta per rompersi!»

Stessa opinione per l’Associazione italiana Confindustria Alberghi che sottolinea come il settore sia già stretto tra aumenti spaventosi dei costi, primo tra tutti è quello dell’energia, e la crescita astronomica del costo dei mutui accesi per resistere alla crisi Covid. Già a fine 2020 il ricorso all’indebitamento bancario nel settore alberghiero era di +45,6% a fronte del dato medio italiano di +34,5%. Una situazione molto delicata per le imprese del settore: la domanda turistica sta andando bene, ma l’incremento dei costi sta azzerando i margini rendendo sempre più difficile il recupero dei due anni di fermo causati dalla pandemia.


L’aumento della tassa di soggiorno varato nella Legge di Bilancio pesa su un equilibrio ancora difficile. Il paradosso è che il settore dà già moltissimo ai comuni tra Imu, Tari, tassa di soggiorno ordinaria e molte imposte minori. Ma a quanto pare non basta e si pensa di poter spremere ancora le imprese. Le 22mila aziende del settore alberghiero sono strangolate dal carico fiscale e dagli aumenti che in alcuni casi stanno superando ampiamente il dato già impressionante dell’inflazione.

 


Le città che sono le prime destinazioni del provvedimento, in questi mesi hanno vissuto di una domanda estera sostenuta, ma già oggi scontano l’apprezzamento dell’euro e, con la stretta sui tassi che la Bce ha già annunciato per i prossimi mesi, vedono ridurre drasticamente la propria attrattività e competitività rispetto ad altri mercati. Il carico ulteriore di una tassa che arriva a 10 euro al giorno a persona non può non pesare sui costi di viaggio e scoraggerà ulteriormente la domanda.


Ancora una volta una tempesta perfetta sulle imprese del settore che danneggia il turismo e favorisce quelle forme di ospitalità che ancora oggi attendono di essere censite e regolamentate proprio da quei comuni che preferiscono alzare l’imposta sugli alberghi, invece di andare a recuperare le risorse che sfuggono alla tassazione.


Una drammatica miopia che colpisce un settore, quello alberghiero, che contribuisce in modo sostanziale all’economia dei territori, del Paese, e all’occupazione in Italia.

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Alberto Lupini


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