La Lombardia si sveglia arancio ma i commercianti sono neri di rabbia

Senza l'errore grossolano della Regione sul Rt con migliaia di guariti conteggiati come ancora positivi i negozi avrebbero potuto rimanere aperti. Chi pagherà i danni ora degli scivoloni di Fontana?

23 gennaio 2021 | 11:12
Si dice che sbagliare sia umano. Ma se l’errore è così grossolano e la risposta al chiarimento sul perché è stato fatto tale sbaglio lo è ancora di più, qualche dubbio sulla serietà di chi gestisce la trasmissione di dati cruciali per la vita dei cittadini (a più di un anno dallo scoppio della pandemia) e per il lavoro di migliaia di esercenti viene da chiederselo.

E questo succede in Lombardia. Che da rossa di rabbia quale era per il passaggio nella zona a più alto rischio una settimana fa per dati vecchi” secondo il governatore Fontana, oggi dovrebbe, almeno un po’ essere dello stesso colore ma di vergogna. Perché i dati comunicati dalla Lombardia non erano semplicemente vecchi ma sbagliati: migliaia di guariti sono stati conteggiati come ancora positivi. Più precisamente i dati lombardi erano sovrastimati di 10mila malati. Con un danno economico che solo a Milano si aggira intorno ai 200 milioni di euro (dati Confcommercio Milano).

Il tutto perché in Regione non veniva compilato il campo (non obbligatorio, ma di certo fondamentale) sulla descrizione dello stato clinico e così le persone catalogate con «inizio sintomi» non uscivano più dalle statistiche. E perché il campo non veniva compilato? La risposta «Non ci era stato chiesto».


In Lombardia migliaia di guariti conteggiati come positivi

Errore grossolano della Regione
Sembra una beffa. Una brutta presa in giro. Quasi uno scherzo macabro in una situazione dove appunto c’è in bilico la salute ma anche il lavoro dei negozianti che in zona arancione avrebbero potuto rimanere aperti.

Ma andiamo con ordine. Che qualcosa non quadrava in Lombardia era nell’aria da giorni con Fontana che prima ancora del nuovo dpcm allarmato annunciava l’imminente entrata della Regione in zona rossa e poi subito dopo esserci finiti sbraitava contro Roma preparando il ricorso al Tar. «Una punizione che non ci meritiamo» diceva il governatore insieme all’assessore al Welfare Letizia Moratti. Con l’eco di Matteo Salvini: «Se 10 milioni di cittadini lombardi sono stati rinchiusi in casa per mesi in base a dati e valutazioni sbagliate del governo, saremmo di fronte a danni morali ed economici enormi, un vero e proprio sequestro di massa. Chi ha sbagliato paghi, chieda scusa e ripari al danno causato».

Pd e 5 Stelle: ora si paghino i danni
Peccato che la responsabilità, in verità alla fine sia proprio della Regione amministrata dalla Lega, dove ora si è scatenato il caos con Pd e Movimento 5 Stelle che attaccano il governatore lombardo e la nuova assessora. Quest’ultimo partito come ha detto il pentastellato Massimo De Rosa, capogruppo in Lombardia, valuterà anche se intraprendere un’azione legale nei confronti della Giunta di centrodestra.

Nessuno in Regione si è accorto?
Già guardando i numeri era chiara l’incongruenza con un rt in controtendenza rispetto agli altri indicatori. E in Lombardia, infatti, tutti si domandavano com’è possibile avere un Rt - l’indice che calcola la diffusione del virus - a 1,4, mentre più o meno per lo stesso periodo l’Rt sui ricoveri in ospedale è sotto soglia (0,93), i casi assoluti fermi a 13mila, lo stesso i contagi ogni 100 mila abitanti (a quota 133)?

Migliaia di guariti sono stati conteggiati come ancora positivi
La giustificazione di Fontana che si trattasse di dati vecchi non poteva reggere e ora il dilemma è stato svelato dall’epidemiologo Stefano Merler della Fondazione Bruno Kessler di Trento (che fa i conti per il ministero della Salute e l’Istituto superiore di sanità) e dall’epidemiologo Danilo Cereda dell’assessorato alla Sanità della Lombardia (autore dei report di Regione Lombardia sui contagi): il numero di casi indicati dalla Regione su cui viene calcolato il Rt dall’Istituto superiore è stato sovrastimato.

In partica sono stati contati più infetti di quelli che realmente ci sono tra cui anche centinaia di guariti. E stiamo parlando di tutti coloro che dal 12 ottobre, in base alle nuove norme del ministero, potevano interrompere l’isolamento tra i 10 e i 21 giorni dalla comparsa dei sintomi senza più il doppio tampone negativo.

Ma, ed è qui che oltre al danno si inserisce la beffa, nei report compilati da Cereda compaiono come persone con «inizio sintomi», ma senza la descrizione dello stato clinico (asintomatico, paucisintomatico, sintomi), quindi anche se guariti mai depennati e considerati tali.

Campo non compilato? La Regione: Non ci è stato chiesto
E perché la Regione Lombardia non ha messo la descrizione dei sintomi? La risposta è stata da “arrampicarsi sugli specchi”: «Quel campo non è obbligatorio, è sbagliato forzarlo – hanno spiegato dagli uffici della Prevenzione di Regione Lombardia - L’informazione la forniamo nel momento in cui i medici ce la segnalano». Anche se poi, quando negli ultimi giorni la direzione generale di Regione Lombardia per correre ai ripari del danno fatto si è messa a compilare quel campo cruciale, è caduto il velo con nella giustificazione quasi da bambini: «Nessuno mai prima ci ha detto che altrimenti i guariti non sarebbero stati conteggiati».

E a confermare che mai fino ad ora in Lombardia nessuno si è accorto della questione nell’allegato tecnico che accompagna il ricorso di Regione Lombardia al Tar, integrato nelle ultime ore, l’assessorato alla Sanità scrive: «Finora la sovrastima dell’Rt ( che si trascina dal 12 ottobre, ndr ) è stata mascherata dal fenomeno più rilevante in termini numerici dell’aumento dei casi della seconda ondata (oltre 300 mila) - sottolinea la Lombardia - Pertanto tale fenomeno si è osservato solo adesso evidenziando in tal modo la sovrastima del Rt».

Dall’altra parte la relazione dell’Istituto superiore di sanità sulla questione lombarda era stata netta: «Il 20 gennaio 2021, la Regione Lombardia ha inviato come di consueto l’aggiornamento del suo database - si legge nel documento - Si constata una rettifica dei dati relativi anche alla settimana 4-10 gennaio 2020, che riguarda il numero di casi in cui viene riportata una “data di inizio sintomi” (...) per cui viene data una indicazione di stato clinico laddove prima era assente».

La Lombardia passa a soli 4.918 casi
Insomma, altro che “dati” vecchi qui c’è proprio un bello scivolone che poteva starci a inizio 2020 quando nessuno sapeva muoversi tra tutte questi conti e procedure ma ora, a un anno dalla pandemia, non può di certo passare in sordina. Anche perché con il campo compilato i cambiamenti riducono in modo significativo il numero di casi inclusi nel calcolo dell’Rt: per il periodo 15-30 dicembre la Lombardia passa da 14.180 casi dichiarati a soli 4.918. Risultato: il passaggio in zona arancione.

Gori: Chi ha sbalgiato chieda almeno scusa
Quanto meno, come afferma il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, chi ha sbagliato si scusi: «È sconcertante apprendere che la scorsa settimana la Lombardia sia stata indicata come “zona rossa” per un errore nel calcolo dell’indice Rt. Chi ha sbagliato dovrebbe scusarsi con i cittadini lombardi».

Sulla stessa linea il capodelegazione in commissione Sanità Samuele Astuti che ha commentato «un errore molto grave, che ha avuto ricadute pesanti sulla vita dei lombardi, sugli studenti che non sono andati a scuola, sui ristoratori e sui negozianti che hanno dovuto tenere chiuse le loro attività. Se, dopo giorni di polemiche e di ricorsi, la responsabilità della serrata fosse della Regione, Fontana dovrebbe perlomeno chiedere scusa pubblicamente e con lui tutti gli esponenti del centrodestra regionale che hanno accusato il Governo di aver voluto affossare la Lombardia e la sua economia».

Anche per Massimo De Rosa:«Regione Lombardia risponda di questo imperdonabile errore e paghi i danni a tutte quelle imprese, a tutti quei lavoratori, a tutti quegli studenti che stanno subendo sulla propria pelle gli effetti dell’incapacità di questa Giunta. Non solo hanno dimostrato di non saper gestire l’emergenza, ma ora parrebbe che per un loro errore nel comunicare i dati abbiamo pagato il prezzo, economico e psicologico, di una settimana in zona rossa. Ora paghino i danni».

L’errore è costato solo a Milano 200 milioni di euro
Già i danni. Basti pensare che, secondo Marco Barbieri, segretario generale di Confcommercio Milano «la settimana di zona rossa “superflua” solo a Milano è costata almeno 200 milioni di euro di mancato fatturato, considerando tutti gli esercizi commerciali, dai bar ai negozi. Il nostro ufficio studi – ha spiegato in un'intervista all'Adnkronos - aveva calcolato che la zona rossa fino alla fine di gennaio avrebbe comportato un danno economico di circa 485 milioni a Milano tra abbigliamento e pubblici esercizi. Tenendo conto di bar e ristoranti per una settimana siamo almeno a 200 milioni. Non sappiamo e poco interessa di chi sia la responsabilità dell’errore commesso. Non abbiamo mai avuto in mano i dati e i criteri per cui venivano stabilite le zone. Queste sono valutazioni di natura scientifica, a noi associazioni di rappresentanza spetta sottolineare che le imprese sono in sofferenza e che bisogna ristorarle».

Sulla stessa linea Antonio Terzi, Presidente Confesercenti Bergamo: «Apprendere ora che centinaia di imprenditori sono stati chiusi per un errore di valutazione degli indici relativi al contagio moltiplica rabbia e frustrazione. Questo è solo l’ultimo errore di una lunga catena di inesattezze, da tempo Confesercenti Bergamo aveva richiamato alla necessità di deroghe per Bergamo e provincia, ancor più beffata da una gestione pressapochista anche dei numeri. Bergamo credo meriti un declassamento ulteriore, come hanno richiesto di valutare il Presidente della Provincia Gafforelli e il Sindaco di Bergamo Gori nella lettera di settimana scorsa. Ora pretendiamo ristori e soprattutto chiediamo di conoscere la verità dei fatti: chi ha sbagliato paghi».

 

© Riproduzione riservata


“Italia a Tavola è da sempre in prima linea per garantire un’informazione libera e aggiornamenti puntuali sul mondo dell’enogastronomia e del turismo, promuovendo la conoscenza di tutti i suoi protagonisti attraverso l’utilizzo dei diversi media disponibili”

Alberto Lupini


Edizioni Contatto Surl | via Piatti 51 24030 Mozzo (BG) | P.IVA 02990040160 | Mail & Policy | Reg. Tribunale di Bergamo n. 8 del 25/02/2009 - Roc n. 10548
Italia a Tavola è il principale quotidiano online rivolto al mondo Food Service, Horeca, GDO, F&B Manager, Pizzerie, Pasticcerie, Bar, Ospitalità, Turismo, Benessere e Salute. italiaatavola.net è strettamente integrato
con tutti i mezzi del network: i magazine mensili Italia a Tavola e CHECK-IN, le newsletter quotidiane su Whatsapp e Telegram, le newsletter settimanali rivolte a professionisti ed appassionati, i canali video e la presenza sui principali social (Facebook, X, Youtube, Instagram, Threads, Flipboard, Pinterest, Telegram e Twitch). ©® 2024