Lombardia, gli aiuti agli agriturismi svantaggiano i ristoranti già in crisi

Confesercenti parla di "ristoratori lombardi beffati". Infatti il Consiglio regionale lombardo avrebbe soppresso la soglia massima dei pasti giornalieri somministrabili negli agriturismi da venerdì a domenica . La conseguenza è che i ristoranti, già in crisi post-lockdown, rischiano di perdere clienti potenziali per potersi rimettere in piedi

01 agosto 2020 | 18:46
Mentre 1 ristorante su 3 registra un calo di oltre la metà del fatturato e oltre 1 su 5 teme direttamente la chiusura per la crisi derivante dall’emergenza coronavirus, il Consiglio regionale della Lombardia decide di sopprimere la soglia massima dei pasti giornalieri somministrabili negli agriturismo per le giornate di venerdì, sabato e domenica, con il supporto dell’assessore all’agricoltura Fabio Rolfi, che annuncia per settembre una nuova misura a favore di queste strutture: un contributo a fondo perduto per ristorare le perdite subite durante il lockdown. Questa scelta, non concordata con le associazioni di categoria della ristorazione, dà una mano all'agriturismo, ma penalizza la ristorazione in un momento molto delicato. Sopprimendo la soglia massima dei pasti giornalieri per il weekend, i potenziali clienti dei ristoranti potrebbero scegliere di rivolgersi altrove, all'agriturismo più vicino, facendo quindi perdere entrate ad una ristorazione lombarda che, post-lockdown, può dirsi in difficoltà.


I ristoranti lombardi rischiano una crisi ancora più nera

La novità normativa, approvata con un emendamento riproposto all’ultimo nell’ambito di un provvedimento che esulava totalmente dalla materia - l’Assestamento di Bilancio regionale - e senza alcun preventivo confronto con le associazioni delle imprese della ristorazione, è in verità solo l’ultima di una serie di disposizioni con cui la Regione ha progressivamente ampliato i margini di operatività di circa 1.600 agriturismo lombardi, senza troppo curarsi delle conseguenze per oltre 22mila ristoranti attivi nella regione, che purtroppo non possono avvalersi dei numerosi e sostanziosi vantaggi di cui godono i loro “cugini di campagna” (tra cui contratti di lavoro meno onerosi, tenuta contabile semplificata, nonché tassa rifiuti e Iva ribassate).



Raddoppiati i posti letto ed estesa la recuperabilità dei pasti giornalmente non somministrati su base annuale anziché settimanale nel giugno 2019 - nonostante la forte contrarietà di Confesercenti - nel novembre successivo la Regione ha deciso - senza più alcun confronto preventivo con la categoria - dapprima di sopprimere il limite giornaliero di pasti somministrabili per 20 giorni all’anno (nei fatti l’unico criterio minimamente idoneo a evitare un abuso del sistema del recupero pasti su base annuale) e dunque - col deflagrare dell’emergenza coronavirus - di autorizzare la vendita per asporto e la consegna a domicilio, arrivando infine a estendere la soppressione del limite giornaliero di pasti somministrabili per oltre 150 giorni all’anno.

«Siamo semplicemente esterrefatti dai costanti favoritismi della Regione nei confronti delle strutture agrituristiche, tanto più in un momento di profonda crisi per il comparto della ristorazione - dichiara Gianni Rebecchi, presidente di Confesercenti regionale Lombardia - Ricordiamo all’Assessore all’Agricoltura Rolfi che l’attività di somministrazione costituisce l’unica fonte di reddito per la ristorazione, a differenza di quanto dovrebbe avvenire per quelle aziende agricole che dovrebbero proporla solo rispettando un rigoroso “rapporto di connessione” con la loro diversa attività caratteristica. Chiediamo con forza all’assessore allo Sviluppo economico, Alessandro Mattinzoli, di far valere il suo ruolo di garante nei confronti delle imprese della ristorazione lombarda, convocando un tavolo di confronto urgente per rimediare quanto prima a questa deriva».

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Alberto Lupini


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