Lockdown e smart working costano ai consumi 116 miliardi
Di tanto calerà nel 2020 la spesa degli italiani secondo Confcommercio, con picchi al Nord Italia. Il comparto alimentare perderà il 10%, pari a circa 24 miliardi, a causa della chiusura prolungata dei locali
31 agosto 2020 | 12:42
La crescita dei consumi alimentari domestici nelle settimane del lockdown ha rallentato, senza tuttavia riuscire ad arrestare, il calo della spesa degli italiani, azzoppata dalla lunga chiusura di bar e ristoranti e da una ripresa che ancora fatica a riportare i fatturati ai livelli del pre Covid. E c’è chi ora stima che a fine anno la discesa sarà del 10% solo nel comparto alimentare.
Il taglio complessivo della spesa a tavola sarà, secondo un’analisi di Coldiretti, di 24 miliardi di euro, a fronte di un calo complessivo dei consumi di 116 miliardi. Una riduzione significativa che riporterà il settore sui livelli del 2010. A pesare, lo dicevamo, è stata la chiusura durante il lockdown della ristorazione per la quale rimane una situazione di sofferenza per le difficoltà economiche, lo smart working, la diffidenza dei consumatori e le difficoltà del turismo, soprattutto straniero, che rappresenta una fetta importante della clientela secondo Confcommercio.
Con la fine delle limitazioni agli spostamenti l’effetto “scorta” legato ai timori ingiustificati sugli approvvigionamenti per la spesa domestica si è invece progressivamente affievolita per tornare su valori leggermente superiori alla media in una situazione in cui sono in calo tutti i settori del commercio al dettaglio.
Una situazione che – continua la Coldiretti – sta rivoluzionando anche gli equilibri all’interno delle filiere produttive che – sottolinea la Coldiretti – pesa sulla vendita di molti prodotti agroalimentari, dal vino alla birra, dalla carne al pesce, dalla frutta alla verdura ma anche su salumi e formaggi di alta qualità che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco.
Le stime sulla spesa alimentare arrivano nel giorno in cui Confcommercio ha reso noto un’indagine secondo cui l'epidemia da Covid 19 brucerà 116 miliardi di consumi con una media di 1.900 euro a testa. «Nessuna area del Paese - avverte il presidente Carlo Sangalli - è stata risparmiata dalle conseguenze del Covid. Nell'anno in corso perderemo oltre 116 miliardi di consumi e circa 9,5 punti di Pil. Per tornare a crescere, grazie anche ai fondi europei. Servono provvedimenti più incisivi e rapidi nella loro applicazione. Il tempo non gioca a nostro favore e i nodi fiscali e burocratici che rallentano la crescita devono ancora essere risolti».
Il Nord è l'area più penalizzata (-11,7%), con quasi il 60% del calo complessivo concentrato nelle sue 8 regioni e con la Lombardia che registra la maggiore perdita in valore assoluto (-22,6 miliardi di consumi), mentre nel Mezzogiorno la riduzione della spesa è più contenuta (-8,5%). «Il quadro complessivo - afferma l'Associazione - appare sconfortante e in tutti i territori, per differenti ragioni, dovrebbero trascorrere almeno cinque anni per tornare ai livelli di spesa pro capite del 2019».
Da quando è iniziata la pandemia in Italia il 57% delle 730mila aziende agricole nazionali ha registrato una diminuzione dell’attività ma l’allarme globale provocato dal Coronavirus ha fatto emergere una maggior consapevolezza sul valore strategico della filiera del cibo con la necessità di interventi di sostegno per difendere la sovranità alimentare e non dipendere dall’estero per l’approvvigionamento alimentare in un momento di grandi tensioni internazionali sugli scambi commerciali.
Carrello della spesa più leggera
Il taglio complessivo della spesa a tavola sarà, secondo un’analisi di Coldiretti, di 24 miliardi di euro, a fronte di un calo complessivo dei consumi di 116 miliardi. Una riduzione significativa che riporterà il settore sui livelli del 2010. A pesare, lo dicevamo, è stata la chiusura durante il lockdown della ristorazione per la quale rimane una situazione di sofferenza per le difficoltà economiche, lo smart working, la diffidenza dei consumatori e le difficoltà del turismo, soprattutto straniero, che rappresenta una fetta importante della clientela secondo Confcommercio.
Con la fine delle limitazioni agli spostamenti l’effetto “scorta” legato ai timori ingiustificati sugli approvvigionamenti per la spesa domestica si è invece progressivamente affievolita per tornare su valori leggermente superiori alla media in una situazione in cui sono in calo tutti i settori del commercio al dettaglio.
Una situazione che – continua la Coldiretti – sta rivoluzionando anche gli equilibri all’interno delle filiere produttive che – sottolinea la Coldiretti – pesa sulla vendita di molti prodotti agroalimentari, dal vino alla birra, dalla carne al pesce, dalla frutta alla verdura ma anche su salumi e formaggi di alta qualità che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco.
Le stime sulla spesa alimentare arrivano nel giorno in cui Confcommercio ha reso noto un’indagine secondo cui l'epidemia da Covid 19 brucerà 116 miliardi di consumi con una media di 1.900 euro a testa. «Nessuna area del Paese - avverte il presidente Carlo Sangalli - è stata risparmiata dalle conseguenze del Covid. Nell'anno in corso perderemo oltre 116 miliardi di consumi e circa 9,5 punti di Pil. Per tornare a crescere, grazie anche ai fondi europei. Servono provvedimenti più incisivi e rapidi nella loro applicazione. Il tempo non gioca a nostro favore e i nodi fiscali e burocratici che rallentano la crescita devono ancora essere risolti».
Il Nord è l'area più penalizzata (-11,7%), con quasi il 60% del calo complessivo concentrato nelle sue 8 regioni e con la Lombardia che registra la maggiore perdita in valore assoluto (-22,6 miliardi di consumi), mentre nel Mezzogiorno la riduzione della spesa è più contenuta (-8,5%). «Il quadro complessivo - afferma l'Associazione - appare sconfortante e in tutti i territori, per differenti ragioni, dovrebbero trascorrere almeno cinque anni per tornare ai livelli di spesa pro capite del 2019».
Da quando è iniziata la pandemia in Italia il 57% delle 730mila aziende agricole nazionali ha registrato una diminuzione dell’attività ma l’allarme globale provocato dal Coronavirus ha fatto emergere una maggior consapevolezza sul valore strategico della filiera del cibo con la necessità di interventi di sostegno per difendere la sovranità alimentare e non dipendere dall’estero per l’approvvigionamento alimentare in un momento di grandi tensioni internazionali sugli scambi commerciali.
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Alberto Lupini
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