Rustico, genuino, naturale, ma anche campagnolo, grezzo o, semplicemente (e tecnicamente), non filtrato. Tutti termini che rimandano a un mondo bucolico, campagnolo se vogliamo, di natura autentica e per certi versi quasi incontaminata, in cui l'intervento dell'uomo è minimo. Tutti termini positivi ma che, in questo caso perlomeno, positivi non sono. Perché se parliamo di olio extravergine di oliva sono diciture che mal si sposano con il prodotto (che, di per sé, è già naturale), anzi rappresentano un campanello d'allarme per il consumatore, se non esperto, quantomeno un minimo consapevole.
Grezzo, rustico, naturale: quanti termini "ingannevoli" per l'olio
Olio extravergine di oliva non filtrato, venduto anche come olio grezzo, genuino, integrale o rustico, solo per fare qualche esempio. Per la maggior parte dei consumatori un prodotto naturale, autentico, da preferire a quello filtrato ("filtraggio", che brutto termine, così industriale, così asettico e sinonimo di intervento meccanico) ma, a ben vedere, un prodotto che può esser sì consumato, ma limitatamente a un periodo molto ristretto. Vale a dire poche settimane dopo la realizzazione dell'olio stesso. Poi, e qui provochiamo ma nemmeno tanto, sarebbe giusto chiamarlo "olio sporco"... ma in questo caso chi mai lo comprerebbe?
Prima di scoprire perché un prodotto del genere non andrebbe acquistato, vediamo in cosa consiste e a che cosa serve il filtraggio. Processo fondamentale per l'ottimale conservazione del nostro extravergine.
Che cosa c'è nell'olio non filtrato? In cosa consiste questo processo?
Il filtraggio è un procedimento fondamentale per la conservazione del prodotto, perché così facendo vengono eliminate le ultime particelle solide (residui di polpa, di osso) post frangitura, assieme all’acqua naturalmente presente nel frutto. Tutti questi elementi sono i nemici principali della conservazione dell’olio, per questo motivo il filtraggio è essenziale per il buon mantenimento di un prodotto che, altrimenti, andrebbe a irrancindire, difettarsi, a rovinarsi insomma. Rovinando, di conseguenza, i cibi sui quali viene utilizzato. Un vero danno per uno degli alimenti cardine della dieta mediterranea.
La filtrazione elimina sia la polpa sia l’acqua, garantisce la conservazione eliminando quindi quei fattori che a lungo andare rovinerebbero l’olio. Negli oli non filtrati l’oliva macinata continua infatti a maturare, fermentare, e con il tempo finisce con il rovinare tutto il prodotto. Il suo termine di consumo, insomma, è piuttosto breve e il lasso di tempo per consumarlo ancora al meglio delle sue qualità si aggira (orientativamente) entro un mese dal momento della frangitura e imbottigliamento. Dopodiché l'olio non filtrato non avrebbe più motivo di essere acquistato. Detto ciò, figuriamoci che olio può essere quello non filtrato e venduto anche in estate, per di più in bottiglie di vetro trasparente che fanno passare pure la luce, altro nemico del nostro (ormai supposto) olio evo. Anche qui, però, si tratta di puro marketing (le grandi aziende, dopotutto, non sono ignare di tutto ciò: ben ponderano le loro scelte e fanno leva sulla poca consapevolezza del cliente).
Per natura col tempo le particelle in sospensione (quelle che andrebbero filtrate cioè) sono destinate a depositarsi sul fondo, creando la cosiddetta morchia, praticamente il sedimento. Per questo motivo l’olio, se davvero naturale come si vuole far credere, si dovrebbe schiarire, arrivando ad assumere tonalità tendenti al giallo più o meno paglierino. Come è possibile, quindi, che a distanza di mesi dalla campagna olearia, dalla frangitura e imbottigliamento, l'olio che in tanti casi ritroviamo al supermercato abbia ancora un colore verde, come se fosse stato appena spremuto e imbottigliato? Spesso per mantenere quella determinata tonalità, e quell'aspetto torbido, "naturale" direbbe qualcuno, viene aggiunta della clorofilla e vengono utilizzati emulsionanti che tengono in sospensione quelle particelle destinate per natura, invece, a depositarsi sul fondo. Ed è proprio per mostrare quel colore torbido che le grandi aziende adoperano bottiglie di vetro trasparente.
Olio extravergine non filtrato? Favorisce fermentazioni che rovinano il prodotto
Negli ultimi tempi abbiamo dedicato ampio spazio al mondo dell'olio extravergine di oliva: dalla questione aumento dei prezzi (che non necessariamente deve essere considerata qualcosa di negativo), sino ai nuovo metodi di conservazione, passando dai consigli su come notare un prodotto difettato. Oggi scopriamo perché, in fase di acquisto, sarebbe preferibile (nella stragrande maggioranza dei casi) diffidare dall'olio presentato come rustico, o semplicemente non filtrato. Andiamo a scoprire, con l'aiuto di un esperto, i motivi per cui nella maggior parte dei casi sarebbe meglio tenersi alla larga da un alimento del genere. E cosa ci mangiamo quando consumiamo un prodotto del genere.
Olio evo non filtrato? Piero Palanti (Guida Extravoglio): «Diffidare da prodotti del genere»
«L’olio appena fatto e non filtrato contiene ancora dei residui della spremitura come l’acqua e la polpa. Risulta più denso e presenta delle sospensioni che variano comunque dal metodo di lavoro, dal tipo di cultivar, dalla durezza della polpa, il momento della raccolta e altri fattori», ci dice Piero Palanti, esperto di olio, consulente di ristoranti e fondatore della guida ExtraVoglio. «Questo “succo di frutta”, come lo è l’olio extravergine - continua - contiene quindi acqua e polpa che creano l’ambiente più idoneo per la proliferazione di fermentazioni anaerobiche e altri tipi di reazioni che vanno a rovinare il prodotto. Quindi se questi elementi non vengono eliminati attraverso il filtraggio l’olio, che ricordiamo è un prodotto vivo, andrà a cominciare molto presto la sua parabola discendente attraverso un deperimento accelerato che consiste in una perdita di sostanze e caratteristiche benefiche. E risulterà, in tutto ciò, anche cattivo al naso e al palato. Non avrebbe quindi più motivo per essere consumato».
Eppure gli scaffali del supermercato sono pieni, in tutti i mesi dell'anno praticamente, di olio non filtrato. «La gdo lo fa per puro marketing, puntando sulla non consapevolezza del consumatore: fa passare la presenza di polpa e residui di oliva come delle qualità, giocando sulla bottiglia trasparente capace di accelerare ulteriormente il deperimento dell’olio, che in questo modo diventa ben presto un prodotto non idoneo, cattivo da utilizzare, non più benefico per la nostra salute come lo sarebbe invece un evo adeguato». Ma l'olio evo non filtrato va sempre "condannato" o comunque evitato? Non proprio. Quando ancora fresco di spremitura, nell'immediata post lavorazione, può anche essere assaggiato. «Comunque sia parliamo di un prodotto che, magari per un puro vezzo o curiosità, nel primo mese come chicca potrebbe essere anche consumato, ma poi è sempre preferibile acquistare un olio evo filtrato, possibilmente in bottiglia scura, capace di mantenere più a lungo le qualità organolettiche, il sapore e i benefici di ciò che contiene».
Ma come si rovina l’olio con le fermentazioni? «Le fermentazioni danno vita innanzitutto a delle puzze, quindi già l’aspetto olfattivo viene pregiudicato. Le ossidazioni passano quindi nell’olio: aumenta il decadimento delle proprietà più evidenti, benefiche. Avviene insomma un danneggiamento prima di tutto del profumo, in secondo luogo del sapore: l’olio prende di rancido ma si crea una serie di difetti generali che impoveriscono lui e la sua carica fenolica. Dico sempre una cosa: ricordiamoci che l’olio evo è un succo di frutta e va trattato come tale, cioè con cura, attenzione e delicatezza. Anche l’olio va curato, tenuto in un certo modo, perché altrimenti è inutile utilizzarlo. Bisogna quindi assumere dei comportamenti idonei, prima di tutto in fase di acquisto per scegliere un prodotto valido, adeguato, ben fatto che possa non solo essere buono, ma anche alleato della salute attraverso le sue proprietà».
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Alberto Lupini
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