L'ira di Gianfranco Vissani: Ci vogliono uccidere. E con i ristoranti muore anche l'Italia
Lo chef umbro ha lanciato una class action contro il Governo per protestare contro le continue restrizioni imposte al settore della ristorazione: «È una presa in giro, non siamo dei selvaggi» . Il 2021 sarà un anno di transizione: «Lo strascico della pandemia sarà lunghissimo - dice - serviranno cinque anni per riprendersi»
06 gennaio 2021 | 16:32
di Sergio Cotti
Gianfranco Vissani
Vissani, questo balletto è l’ennesimo schiaffo a un’intera categoria.
È una presa in giro. Presto tante aziende non riapriranno più, perché quando riapriremo le tasse ci correranno dietro e molti ristoratori non riusciranno a pagarle.
Cosa propone per uscire dall’impasse?
In un momento di emergenza come questo, si dovrebbe avere il coraggio di sospendere tutto, a partire dal debito pubblico. L’emergenza non riguarda solo i ristoratori: i loro dipendenti, per esempio, sono in cassa integrazione e chissà quando riceveranno i loro soldi. Ma invece di pensare questo, il Governo cosa fa? Incentiva i monopattini che hanno creato solo problemi a taxi e pedoni, e regala milioni di mascherine alla Cina, prima di pensare a rifornire l’Italia. Servono soldi, perché non li prendiamo dal Mes? Con i tre miliardi che sono stati destinati al turismo non ci facciamo niente.
Lei crede che esista anche un problema di rappresentanza?
Sembra che per lo Stato siamo solo dei selvaggi; purtroppo le nostre associazioni di categoria non sono mai state forti, ognuno continua a pensare solo al proprio orticello. Noi adesso stiamo portando avanti una class action contro il Governo insieme all’avvocato Terracini, perché non più possibile andare avanti così. Il Presidente della Repubblica ha detto che dovrebbe esserci una coesione nazionale; dovremmo essere tutti uniti, tutti uguali, ma non è così. La nostra Costituzione si basa sul diritto al lavoro, ma da mesi questo diritto ci è negato.
Anche lei, in primavera, ha sostenuto la nascita dell’ennesima associazione di ristoratori.
A Ristoritalia si sono affiliati imprenditori umbri, marchigiani, veneti e toscani: da queste persone ricevo tantissime lettere; è gente finita in miseria, ridotta a vivere nei camper. Perché non c’è solo la grande ristorazione, che ha il denaro per sostenere un’attività imprenditoriale. L’Italia è fatta di tanti, tantissimi piccoli imprenditori, che mettono nel loro lavoro cuore e passione. Avere i soldi non basta, come ha detto invece Claudio Amendola (il riferimento è al ristorante aperto di recente dall’attore romano a Valmontone, alle porte della Capitale); lui e altri personaggi come Robert De Niro, Sharon Stone e Arnold Schwarzenegger dovrebbero tornare a fare solo gli attori. Non a caso le attività di questi personaggi sono andate tutte a morire.
Insomma, nonostante il primo vaccino contro il Covid sia ormai arrivato, non s’intravvede ancora una via d’uscita. C’è chi dice che prima di Pasqua i ristoranti non riapriranno la sera.
E forse non hanno torto. Chissà, piuttosto, se riusciremo a vaccinare tutti entro quest’anno. Io non credo. Noi parliamo del nostro settore, però sono tante le categorie che stanno soffrendo: i vignaioli sono in difficoltà, i produttori agroalimentari anche. E intanto spopolano le catene della grande distribuzione, che vendono merce di scarsissima qualità a prezzi stracciati. Noi abbiamo investito tanti soldi, in plexiglass, mascherine, percorsi interni, digitalizzazione. Io ho persino un disinfettante collaudato dalla Nasa che utilizzo per ossigenare tutto il ristorante; l’ho preso a gennaio dell’anno per essere all’avanguardia e invece ci costringono a chiudere. Per non parlare delle mie camere: ognuna ha un kit di maschere, guanti e disinfettanti gratuite per i clienti. È bene che questo Governo sappia quanto teniamo alla tutela dei nostri clienti.
Anche in altri Paesi, però, i ristoranti sono chiusi.
In Francia e in Germania, per esempio, se lo possono permettere, perché lo Stato paga dipendenti e imprese. Anche l’Inghilterra li sta chiudendo e a proposito dell’Inghilterra… Con la Brexit avrebbe dovuto pagare 250 miliardi di euro all’Europa. Dove sono questi soldi? Ma la verità è un’altra: l’Italia non sarebbe dovuta neppure entrare nell’Euro: il nostro è un Paese rurale e ce ne rendiamo conto solo adesso, ma ormai è tardi. È inutile parlare solo di Roma, Milano, Napoli e Firenze: l’Italia è fatta di piccoli borghi. Proprio quelli che adesso stanno morendo.
Il 2021 sarà l’anno della ripartenza o della transizione?
Per me sarà un anno di transizione. Non illudiamoci, per uscire dalla crisi e rimettersi davvero in moto ci vorranno almeno 5 anni. Lo strascico di questa pandemia, ahimè, sarà lunghissimo.
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Alberto Lupini