Spesso diamo per scontato l’incipit del prologo del Vangelo di Giovanni “in principio era il verbo”, ma in virtù dei fatti, l’inno al logos ci conferma che le parole sono importanti perché costituiscono la base del nostro sapere e riflettono il mondo che ci circonda in funzione della nostra identità. Senza entrare negli assunti più complessi delle neuroscienze, secondo i quali ogni parola genera diverse reazioni nel cervello umano, possiamo dire tranquillamente che le parole creano la nostra percezione della realtà che ci circonda. Non voglio soffermarmi neanche sulle recenti polemiche innescate dalla proposta di legge in tutela della lingua italiana che prevede sanzioni salatissime per chi utilizza parole straniere: argomento a lungo discusso, a mio parere abbastanza inutilmente, visto che il problema principale è ben altro.
Nel mondo del cibo, le parole “intruse”, per lo più anglicismi, sono così profondamente radicate a ogni livello, non tanto per la mancanza di analoghi italiani, quanto perché rispecchiano lo stato d’arte della filiera e dell’industria alimentare che mai come oggi è frutto di intrecci e mescolanze internazionali. D’altronde, viviamo in un mondo globalizzato dove le merci e i prodotti viaggiano da un continente all'altro al servizio di mercati e industrie che hanno interessi e problemi diversi da quelli linguistici. Attenzione quindi ai concetti di sovranità alimentare che suonano così bene declinate nel linguaggio politico, ma che calati sul fronte pratico, potrebbero assumere connotazioni complesse perché impraticabili o addirittura rischiose.
Il potere della comunicazione e delle parole per influenzare i consumatori
Il vero e l’unico sovrano che dovrebbe essere al centro dell’attenzione degli operatori del settore alimentare rimane il consumatore che ormai non solo ha cambiato le proprie abitudini e gusti, ma inizia a mostrare in maniera sempre più evidente una certa maturità nelle scelte. Esposto quotidianamente a una enorme quantità di comunicazioni e messaggi, anche di fake news, il consumatore moderno manda decisivi segnali di stanchezza dai vari guru e opinionisti che ciclicamente cambiano opinione su prodotti e ingredienti, che talvolta sono buoni e salubri, talvolta nocivi e pericolosi. Un esempio in questo senso è il fenomeno dei cibi “senza” che come dimostrano i dati dell'Osservatorio Immagino Nielsen 2022, che ha analizzato le vendite e le etichette di oltre 64mila prodotti di largo consumo. Secondo questa fonte, i cibi “senza” rappresentano il 27% delle referenze presenti sugli scaffali dei supermercati, con un giro d'affari di circa 7 miliardi di euro.
Si nota però la tendenza a una maggiore attenzione da parte dei consumatori che diventano sempre più consapevoli che molto spesso i cosiddetti prodotti “free from” sono privi di qualche elemento nocivo o non desiderato, ma in cambio hanno subito trattamenti o processi di produzione che quanto meno sono poco sostenibili. Di conseguenza, anche grazie ai progressi tecnologici e ai vari studi che sfruttano il potere della comunicazione e delle parole per influenzare i consumatori, si stanno facendo strada altri prodotti alimentari: i cosiddetti “rich in” o arricchiti, ma anche quelli con ingredienti benefici o i “super food”. I prodotti che comunicano sulla confezione la presenza in assoluto o in forma maggiore di alcuni componenti nutrizionali nel 2019 sono stati 8.015 (11,2% sull’assortimento) e hanno generano un fatturato superiore ai 3 miliardi di euro, vale a dire l’11,9% del totale rilevato.
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Claim nutrizionali, possono creare un'elevata confusione
È evidente quindi come l’utilizzo di certe parole in ambito alimentare possa rappresentare un elemento fondamentale per la vita e il successo commerciale dei prodotti. I claim nutrizionali sono regolati dal Regolamento CE 1924/2006 relativo alle indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite sui prodotti alimentari, che stabilisce i requisiti e le condizioni per il loro utilizzo. Tuttavia, la confusione che possono creare queste, ma anche altre diciture simili rimane alta. Pensiamo per esempio ai prodotti “senza zuccheri aggiunti” che possono contenere comunque una quantità significativa di zuccheri naturalmente presenti, come nel caso di bevande con succo di frutta o delle composte di frutta. Oppure, un prodotto “a basso contenuto di grassi” può avere un apporto calorico simile o superiore a un prodotto normale, se contiene più zuccheri o altri ingredienti.
Per questo motivo, è importante leggere sempre l'etichetta nutrizionale e confrontare i prodotti tra loro, tenendo conto anche della porzione consigliata e del contesto alimentare in cui si inseriscono, inoltre è bene ricordare che nessun alimento può supportare un benessere salutistico, ma che è l'insieme della dieta alimentare e dello stile di vita a fare la differenza. Dobbiamo però essere anche consapevoli che i buoni consigli e i richiami a fare attenzione e non fidarsi ciecamente alle parole virtuosamente evidenziate sulle confezioni degli alimenti non bastano per stare tranquilli. Le parole che usiamo per parlare di cibo e nutrizione hanno un grande impatto sul nostro modo di pensare e di agire in ambito alimentare.
Limportanza di offrire informazioni corrette e complete sugli alimenti
Il discorso può essere, anzi deve essere, esteso anche a tutti i prodotti creati con lo scopo di sostituire del tutto determinati alimenti. I sostituti vegetali della carne, del latte, dei formaggi sono una realtà in crescita e sono ormai presenti ovunque, per non parlare poi dei “novel food”, tra i quali meritano senz’altro attenzione le carni coltivate, diventate più famose con il nome di “carne sintetica”, influenzando in questo modo l’opinione pubblica che tende ad associare la parola “sintetica” a qualcosa di chimico-sintetico o addirittura diabolico.
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Il linguaggio del cibo è ricco di metafore, simboli e associazioni che riflettono la nostra cultura e in questo senso le parole che utilizziamo non sono solo uno strumento di comunicazione, ma anche un fattore di identità, di appartenenza, di differenziazione. La comunicazione commerciale dei prodotti alimentari è un'opportunità per gli operatori di creare un rapporto di fiducia e di soddisfazione con i consumatori, ma anche una responsabilità che richiede competenza, professionalità ed etica.
Le imprese del settore alimentare devono essere consapevoli dell'impatto che la loro comunicazione commerciale esercita sulle scelte consapevoli da parte dei consumatori, tenendo conto delle loro esigenze, preferenze e aspettative. Essi devono promuovere il consumo responsabile e sostenibile degli alimenti, valorizzando la qualità, la diversità, l'origine e la tradizione dei prodotti, contribuendo alla diffusione di una cultura alimentare basata sul rispetto, chiarezza e trasparenza delle informazioni di qualsiasi natura, incluso l’e-commerce. Rispettare le norme vigenti in materia di igiene, sicurezza, rintracciabilità, etichettatura dei prodotti, fornendo informazioni corrette e complete sulla composizione e sulle proprietà degli alimenti che immettono sul mercato, sono e devono rimanere gli obiettivi primari che garantiscono pratiche leali nel commercio, successo alle imprese e tutela della salute dei consumatori.
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Alberto Lupini
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