Il termine migliore per definire la situazione è "cortocircuito". Da una parte infatti c'è il mondo dell'Horeca che si trova a fare i conti con una carenza di personale senza precedenti, dall'altra invece sembra esserci un'importante fetta di forza lavoro che nella ristorazione e nell'accoglienza vorrebbe lavorarci, ma sceglie poi altre strade.
Il risultato? Al settore mancano 250mila lavoratori, con tutte le relative criticità.
Manca il personale, è un dato di fatto
Procediamo con ordine. Della crisi del personale abbiamo raccontato per settimane su Italia a Tavola, portando avanti un viaggio che ha provato a coinvolgere chi ogni giorno lavora nella ristorazione e nell'accoglienza, con l'obiettivo di portare a galla problemi e mettere sul tavolo possibili soluzioni.
I temi toccati si sono spesso ripetuti, indipendentemente dall'interlocutore. I lavoratori mancano, questo è un dato di fatto, con la pandemia che non ha fatto altro che accelerare un trend che ai più già sembrava evidente. Il Covid, con le chiusure obbligate, ha spinto infatti molte figure che operavano nel settore a cercare spazio altrove e, una volta ripartita la "macchina" del turismo, queste professionalità nella gran parte dei casi non hanno più fatto ritorno.
A questo si somma l'assenza di un ricambio generazionale, dettata in parte proprio dalla pandemia, che ha cambiato in un certo senso il modo di vivere le cose, ma anche da un generale clima differente, che porta a vedere quelle della ristorazione e dell'accoglienza accoglienza come ultima spiaggia e non come professioni di valore.
A questo si sommano i grandi temi politici, che vanno dal reddito di cittadinanza al peso delle tasse, e la frittata è fatta. Con la stagione estiva alle porte, da ogni parte arrivano richieste di aiuto: non si trovano camerieri, cuochi, bagnini, baristi e chi più ne ha più ne metta.
Eppure...
Insomma, la situazione è parecchio critica. Eppure... alcuni numeri dicono altro. Per esempio, dicono altro i dati forniti da Jobtech, agenzia per il lavoro, la prima completamente digitale in Italia, secondo la quale il 21,8% degli italiani che cercano lavoro, lo cercano proprio nell'Horeca. Un dato in notevole crescita, se si pensa che lo scorso anno le ricerche di questo genere si fermavano a poco più del 12% (dato comunque condizionato dalla pandemia, che nel 2021 era ancora ampiamente presente).
In sostanza, quasi un italiano su quattro vorrebbe lavorare nell'accoglienza e nella ristorazione. Si tratta in larga parte di lavoratori storici del settore, che dopo due anni di stop vorrebbero tornarci, ma anche di forza lavoro "fresca", che vorrebbe specializzarsi e cerca un luogo in cui poterlo fare.
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Domanda e offerta non si incontrano
Insomma, un numero che fa riflettere e presta il fianco a diversi ragionamenti. In primis, il più evidente: domanda e offerta nell'Horeca non sembrano riuscire ad incontrarsi. Anche per questo Fipe ha creato i centri per l'impiego, ma evidentemente non è sufficiente. Serve, ed anche questo è uno dei temi emersi nella nostra inchiesta, maggiore collaborazione con le scuole, in modo da riuscire a indirizzare subito, evitando la dispersione, chi si avvicina per la prima volta al mondo del lavoro.
Questa dispersione porta in dote un altro tema, punto debole assoluto del settore: la comunicazione. Se i numeri raccontati non mentono, come mai non si traducono in lavoratori? Ristorazione e accoglienza non sanno raccontarsi al meglio e sono ormai vittime di una narrazione, a tratti reale e a tratti sproporzionata, che li dipinge come luoghi di fatica senza gratifica alcuna. Ma è mai possibile ridurre a questo un intero settore? Serve un'inversione di tendenza per evitare che, giunti al momento della scelta, i lavoratori preferiscano altre strade.
I cinque consigli
Jobtech, oltre a raccontare questa incongruenza, porta cinque punti su cui lavorare, per trovare una soluzione alla carenza di personale.
- Gli stipendi: spesso non vengono reputati all'altezza delle ore e del carico di lavoro e portano, nonostante l'interesse per il settore, a scegliere altre strade.
- La carriera: non è sempre una questione di soldi, ma anche di prospettive. Il datore di lavoro deve garantire a chi si avvicina al settore una possibilità di crescita e contratti più stabili.
- I ruoli e le mansioni: devono essere chiari fin da subito.
- Gli orari "spezzati": sempre meno gente è disposta ad accettarli, anche perché garantiscono poco spazio libero per la propria vita. Serve pensare a un'alternativa.
- La comunicazione: il passaparola non basta più per trovare personale. È necessario imparare a muoversi in Rete.
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Alberto Lupini
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