La richiesta si rifà a quanto proposto da Fipe e Fiepet e già approvata in linea di massima dal Cts (sia pure con molte limitazioni e tenendo conto delle dimensioni dei locali del distanziamento e dell’andamento dei contagi) , nonostante i parere contrario del Ministro Speranza. Il senso è che se lo si può di giorno, non si capisce perché sia vietato di sera…È peraltro possibile che se di apertura si parlerà, possa essere dall'inizio di aprile e riguarderebbe ristoranti, bar, palestre, cinema e teatri. Ma è improbabile che il governo metta date nero su bianco.
Sul tappeto, però, ci sono altre restrizioni. Altro che riaprire i confini fra le regioni per ridare ossigeno all’economia e allo spirito, anche se nessun politico vuole parlare di lock down è possibile che domani, lunedì 22 febbraio, il Governo approvi un nuovo decreto legge per prorogare fino al 5 marzo il divieto di spostamento tra Regioni che scade giovedì. Ma c’è anche chi vorrebbe tenere questo blocco fino al 31 marzo. Ed è possibiloe che la data finale possa essere il 25 marzo. C’è poi tutta la questione dei vaccini (con la constatazione che i piani predisposti dal commissario Arcuri fanno acqua da tutte le parti) e l’eventuale estensione a tutta Italia della zona arancione per contenere l’aumento dei contagi provocato dall’arrivo delle varianti che non sarebbero monitorate con sicurezza. Di tutto ciò c'è stato un primo confronto domenica sera nella conferenza delle Regioni (molte delle quali chiedono di modificare criteri e parametri di valutazione per le zone), insieme alla ministra Gelmini e al ministro Speranza.L’ipotesi su cui si ritrovano tutti i governatori è di individuare misure omogenee evitando di cambiare colori e quindi regole di settimana in settimana (niente più decreti varati domenica che entrano in vigore lunedì). Non c’è però unanimità su cosa fare. C’è chi vorrebbe agire solo a livello provinciale e comunale, facendo scattare le zone rosse dove ci sono i focolai e nei Comuni limitrofi. E c’è anche chi, come la Lega di Matteo Salvini, non vorrebbe altre chiusure. Anzi, il Capitano ha alzato il tiro contro Arcuri: «Mi attendo un piano vaccinale serio e il licenziamento di Domenico Arcuri perché ha fallito, e un progressivo ritorno alla vita, con la riapertura, nelle prossime settimane, di tante attività, dai ristoranti, la sera, alle palestre, i teatri e le attività sportive». E intanto c'è da segnalare l'accordo coi medici di base per cui in almeno 35mila dovrebbero partecipare alla campagna di vaccinazione che, sembra, non sarà più coordinata da Arcuri.
Fermare i contagi
Le Regioni vogliono in ogni caso una diga ai contagi, ma anche misure che tengano conto dell'oggettiva realtà dei casi sul territorio e delle sofferenze economiche. Per questo, come ha sottolineato il presidente della conferenza della Regioni, Stefano Bonaccini, «è necessario che i provvedimenti restrittivi regionali siano adottati con l'intesa del ministro della Salute». Ma sulla possibilità di una Italia tutta arancione, ovvero di restrizioni omogenee per l'intero territorio nazionale, si registrano dissensi. Bonaccini, presidente della Conferenza delle Regioni, vorrebbe un lockdown sul modello natalizio, ovvero arancione durante la settimana e rosso nel weekend.
Sulla proposta avanzata venerdì dal presidente Stefano Bonaccini concordavano la Toscana, la Campania e la Lombardia, ma il vicepresidente della Conferenza Giovanni Toti, governatore ligure, ha espresso la sua contrarietà. «Il paese si aspetta di ripartire», ha detto, e ha proposto una zona gialla nazionale, con restrizioni limitate ai territorio locali più colpiti.
Le Regioni chiedono una cabina di regia per gli indennizzi
Secondo le Regioni i provvedimenti di chiusura per i singoli territori dovrebbero ii ogni caso attivare contemporaneamente gli indennizzi per le attività che chiudono. Pertanto le Regioni chiedono l’ampliamento della cabina di regia “ai ministri dello Sviluppo economico, dell’Economia e degli Affari regionali”. Nello specifico si tratterebbe di un ministro della Lega (Giorgetti), una di Forza Italia (Gelmini) e un tecnico (Franco).
Alla fine toccherà al Governo decidere e secondo quanto riportano molti osservatori, il premier Mario Draghi sarebbe orientato ad una linea di «rigore assoluto» contro il Covid, ma anche deciso a non penalizzare ulteriormente le attività produttive. Qualunque decisione dovrà essere accompagnata da ristori (per il passato) e da indennizzi da ora in poi. Ciò che serve è certezza per tutte e imprese, a partire da quelle del Turismo e del tempo libero che hanno finora pagato il prezzo più alto e che rischiamo di vedere slittare ancora in là nel tempo i piani di riapertura, sia pure graduale e in sicurezza.
Per evitare il ritardo delle vaccinazioni farle nelle fabbriche?
Ed in questa prospettiva che il piano delle vaccinazioni diventa più che mai centrale. Al di là delle ridotte consegne delle dosi di vaccino (nell’ordine del 10% in meno), preoccupa il ritardo con cui si procede. Archiviata pare per sempre la follia di Arcuri di creare dei padiglioni ad hoc in tutta Italia a forma di Primula, pare che si orienti ormai con decisioni su stazioni, aeroporti, centri commerciali ed edifici pubblici con ampi spazi. Sarebbe anche pronto un accordo con i medici di base che non si capisce perché sia in dirittura di arrivo così tardi. La buona notizia è che anche le fabbriche sarebbero pronte ad aprire i cancelli per le vaccinazioni dei lavoratori e dei loro familiari.
L'annuncio del presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, è stato fatto con un'intervista su la Repubblica, dove parla anche della sua fiducia verso Mario Draghi e spiega che sullo sblocco dei licenziamenti si deve tornare alla normalità, riformando gli ammortizzatori sociali.
«Siamo d'accordo con l'impostazione del presidente Draghi di coinvolgere i privati nel piano vaccinale - osserva Bonomi - i dipendenti delle aziende aderenti a Confindustria sono circa 5,5 milioni, se consideriamo una media di 2,3 componenti per nucleo familiare potremmo vaccinare più di 12 milioni di persone. Siamo disposti a mettere le fabbriche a disposizione delle comunità territoriali nell'ambito del piano nazionale delle vaccinazioni. Abbiamo già inviato una nostra proposta operativa a Palazzo Chigi».
«Sono certo che il presidente Draghi ascolterà le imprese - ha poi osservatore non senza polemica Bonomi, aggiungendo che - devono essere ascoltate insieme con i sindacati per trovare soluzioni rapide ed efficaci. Con Conte non c'è stato poco dialogo. Non c'è proprio stato».
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Alberto Lupini
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