Morta dopo una cena al ristorante: no all'ipotesi di intossicazione da botulino

Il caso in provincia di Avellino: una donna deceduta a seguito di una presunta intossicazione da botulino. Stessi malori per il marito, ricoverato in gravi condizioni. Sospetti su un olio al peperoncino usato da entrambi per condire una pizza, ma dalle analisi viene smentita la prima ipotesi che era circolata negli ultimi giorni

08 novembre 2023 | 15:39

Lei deceduta dopo aver magiato una pizza. Lui gravemente intossicato, ricoverato, con gli stessi sintomi della moglie. La notizia in poco tempo ha fatto il giro di emittenti e mezzi di informazione. Secondo le prime ipotesi una coppia sarebbe stata intossicata da botulino dopo una serata a cena in pizzeria, finita purtroppo in tragedia. A pochi giorni di distanza dal decesso, e a seguito dei controlli sui campioni biologici sul coniuge della donna (anch'egli intossicato e dimesso lunedì dall'ospedale "Cotugno" di Napoli), non sono emerse tracce della tossina in questione. Gerardina Corsano, in attesa dei risultati dell'autopsia, è deceduta per altre cause.

Tragedia ad Avellino: lei muore, lui viene ricoverato. Si era pensato al botulino

Entrambi hanno accusato gli stessi malori qualche ora dopo una cena in pizzeria, con i ricoveri avvenuti a un paio di giorni di distanza dal pasto incriminato. Al centro dei sospetti in un primo momento era finito un olio al peperoncino con il quale sono state condite le pizze di entrambi. Si è parlato infatti di intossicazione per ingestione di alimenti contaminati da botulino. Le analisi sul marito hanno smentito però la questione: tutta la vicenda è al vaglio degli inquirenti e sarà l'autopsia disposta dal pm del Tribunale di Benevento, Marilia Capitanio, a stabilire le cause del decesso. 

Al ristorante l'ordinazione costituisce un contratto tra le parti

Quale è la responsabilità del ristoratore nel caso in cui il cliente, dopo aver mangiato, avverte i sintomi di un’intossicazione alimentare?

«Preliminarmente - ci specificano dalla pagina A Cena con Diritto, specializzata in diritto della ristorazione - va precisato che il ristoratore è tenuto a rispettare una serie di obblighi che la legge gli impone di materia di igiene e somministrazione alimentare, come conservare l’integrità e osservare l’etichettatura, quindi la scadenza, degli alimenti, assicurare un’ambiente pulito, salubre e sicuro, somministrare cibi freschi e conservati secondo le norme di legge ed informare i clienti circa eventuali sostanze allergeniche presenti negli alimenti. La risposta poi non può prescindere da una fondamentale distinzione, ossia quella tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale».

«Sotto il primo profilo è bene precisare che quando ordiniamo concludiamo un contratto con il ristoratore il quale, dietro pagamento del conto, si obbliga a consegnare pietanze che devono risultare conformi non soltanto al menù, ma anche al D.lgs. 206/2005 e s.m. o Codice del Consumo art. 129 del Codice del Consumo. Nel caso in cui il piatto sia difforme, sulla base del medesimo Codice (art. 130), abbiamo diritto, in via alternativa, alla sua sostituzione, ad una riduzione del prezzo ovvero alla risoluzione del contratto. A tal fine, in un eventuale giudizio, è sufficiente dimostrare l’esistenza del contratto e dell’inadempimento del gestore, il quale, per sottrarsi a responsabilità, dovrà dimostrare l’impossibilità della prestazione per causa a lui non imputabile».

Intossicazione alimentare, l'onere della prova spetta al cliente

«Diversamente - si analizza - l’ipotesi dell’intossicazione alimentare integra gli estremi della responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c., per cui sarà nostro onere dimostrare che il cibo ingerito ha causato un danno alla salute, ad esempio per negligenza nell’osservanza degli obblighi che la legge gli impone di materia di igiene e somministrazione alimentare, come conservare l’integrità e osservare l’etichettatura, quindi la scadenza, degli alimenti, assicurare un’ambiente pulito, salubre e sicuro, somministrare cibi freschi e conservati secondo le norme di legge ed informare i clienti circa eventuali sostanze allergeniche presenti negli alimenti».

«Pertanto, nel caso in cui si verifichi un’intossicazione alimentare, sarà quindi il cliente a dover provare che tale patologia è causalmente dovuta al cibo o alla bevanda somministrata dal titolare e ingerita al ristorante. Dal canto suo, nell’ipotesi di contenzioso giudiziale, sarà onere del gestore dell’attività convenuta sostenere che nulla ha a che vedere con l’evento dannoso, dimostrando, ad esempio, che gli ingredienti non erano scaduti o mal conservati ovvero che il cliente non gli aveva comunicato un’allergia o patologia. Concludiamo osservando che in tali casi la responsabilità del titolare dell’attività di somministrazione, ove accertata, può essere civile, di natura contrattuale o extracontrattuale in base al citato art. 2043 c.c., ma anche penale, configurandosi la fattispecie del commercio di sostanze alimentari nocive e pericolose per la salute pubblica ex art. 444 c.p. punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a euro 51».

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Alberto Lupini


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