L'insostenibile business del ristorante stellato, Ghezzi: «Apro solo una sera»

Senso, all’interno del Mart Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto di Rovereto, dal 12 aprile riaprirà solo una sera a settimana di venerdì. Il motivo? Insostenibile avere due brigate (l'altra è del bistrot)

28 marzo 2024 | 13:25

Se dobbiamo trovare l’inizio di tutto (o almeno delle teorie a riguardo) la crisi (o presunta tale) del fine dining ha una data precisa: l’annuncio della chiusura del miglior ristorante del mondo, il Noma di René Redzepi a Copenaghen che abbassava la saracinesca perché non più sostenibile, tra costi troppo alti e ritmi di lavoro non più accettabili. Il Noma però non ha poi chiuso totalmente, ma è diventato un laboratorio alimentare, in un momento in cui la cucina nordica sta vivendo (di nuovo) il suo exploit. Ma resta il fatto che l’alta cucina, spesso, non dà i frutti desiderati, almeno in fatto di guadagni. E così dalla Danimarca all’Italia, dove un altro ristorante stellato si è trovato a fare i conti con un business insostenibile. Stiamo parlando di Senso, ristorante una stella Michelin di Alfio Ghezzi all’interno del Mart Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto di Rovereto (Tn), che dal 12 aprile riaprirà solo una sera a settimana di venerdì. Il motivo? Insostenibile avere due brigate (l’altra era per il Bistrot Mart Alfio Ghezzi che, invece, continuerà con gli orari di sempre in sintonia con le aperture al pubblico del museo). «Vedremo se è una soluzione temporanea e se le cose cambieranno», ha detto lo chef al Corriere della Sera

Senso aperto solo una sera: le motivazioni di Alfio Ghezzi

«Il cuoco spesso pensa solo a cucinare bene, ma ci sono altri aspetti connessi all’azienda e che vanno assolutamente considerati – aveva continuato Ghezzi – Io sono arrivato e mi sono concentrato soprattutto sull’idea di migliorare la cucina, identificare meglio la mia personalità nei piatti e ho un po’ dato meno importanza ad alcuni aspetti pensando che si potessero aggiustare. Dal 2019 a oggi sono successe talmente tante cose a livello globale che non tutto ha funzionato come immaginavo. Quello che è successo in 4 anni non era successo in 20». E nel dettaglio Ghezzi aveva spiegato che a Rovereto, un contesto quindi, provinciale, «è difficile riuscire ad avere un bacino molto importante che mi permetta di avere due diversi organici, uno per il bistrot e uno per la sera. Per alcuni anni abbiamo provato a gestire le cose con un unico organico, ma mi sono reso conto che chiedevo troppo alle persone. Vedremo se è una soluzione temporanea e se le cose cambieranno».

Il nuovo concetto di menu per l’unica sera a settimana di Senso

Quello che si sa, invece, e che la novità principale, oltre, appunto, all’apertura di un solo giorno a settimana, sarà rappresentata dal lavoro fatto dallo chef sul menu che lui stesso descrive in questo modo: «Abbiamo cercato di raccontare nei piatti oltre al compito che si chiede a un cuoco, al di là della consuetudine del ristorante, qualcosa di più grande: la vocazione! e lo abbiamo fatto partendo da una frase che ci è cara: “Se non posso fare grandi cose posso fare piccole cose in maniera fantastica (Martin Luther King)».

Senso estremo sarà dunque il percorso degustazione che definisce la cucina dello chef Ghezzi, dove estremo non assume i connotati del “rischio” bensì di un punto di arrivo, di un limite oltre cui non si può più andare. Emerge in modo eloquente la visione diretta di ciò che il cuoco vede, tocca e trasforma, un lavoro volto a ripulire le ricette, attraversando gli ingredienti per catturarne la loro essenza e la loro connessione con il mondo.

Estremo è anche nella scelta di proporlo solo una sola volta la settimana e nella sola forma del menu degustazione (sette portate), quasi una mimesi della natura, come se la natura imponendosi sulle scelte del cuoco avesse i suoi effetti anche sull’ospite.

Senso, il menu legato all’arte

Un’ ulteriore novità riguarderà la forma del menu, in quanto ogni ospite riceverà una busta origami con all’interno undici disegni dell’illustratrice Francesca Peruz, interprete speciale dei piatti e del mondo dello chef. Una sorta di mise en abyme in cui il linguaggio del museo viene proiettato sia nel ristorante sia nel menu, ridimensionato ma sempre uguale e sempre all’interno di sé stesso, come un gioco di scatole cinesi, dove il livello più basso (menu) riassume i valori del livello più alto (museo).

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Alberto Lupini


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