Infrastrutture nuove e offerta di qualità: cosa serve al turismo sportivo in Italia

Passano gli anni ma le infrastrutture sportive in Italia restano sempre le stesse. Un difetto che condanna il nostro Paese a non crescere dal punto di vista del turismo sportivo e che fermano a sette miliardi il fatturato del comparto sui 255 complessivi. Oggi più che mai, in vista degli eventi planetari che attendono l'Italia, c'è grande necessità di cambiamenti

28 novembre 2023 | 12:54
di Nicholas Reitano

Sette miliardi di euro. È questo il numero relativo al fatturato generato dal turismo sportivo in Italia nell'ultimo anno. Un numero che potrebbe sembrare alto, ma che se viene paragonato ai 255 miliardi complessivi del comparto e al numero sempre più crescente di atleti e manifestazioni sportive che avvengono ogni anno sottolinea una necessità di cambiamenti, soprattutto per quanto riguarda la questione delle infrastrutture. Perché i numeri devono essere più alti. Passione, opportunità e filosofia sportiva in Italia, infatti, non hanno eguali. E il nostro Paese vanta anche un background artistico e paesaggistico da far invidia ad ogni nazione che abita il pianeta: peculiarità che, quindi, alzano inevitabilmente la qualità dell'offerta.

Ma per far sì che questo accada serve un'unione di intenti. Perché, come ricorda il presidente del Coni (Comitato olimpico nazionale italiano), Giovanni Malagò, dal dopoguerra ad oggi - esclusi i lavori per le manifestazioni planetarie come le Olimpiadi invernali di Cortina del 1956, i Giochi olimpici di Roma del 1960, i Mondiali di calcio del 1990 e le Olimpiadi invernali di Torino del 2006 - non sono mai state effettuate delle costruzioni di opere sportive pubbliche. Un vero e proprio paradosso per un Paese che occupa la seconda posizione per numero di presenze turistiche in Europa (dietro alla Spagna).

Rider Cup e Nitto Atp Finals esempi di come si fa turismo sportivo

Il comparto, dunque, deve necessariamente forzare i governi (oggi e domani) ad intervenire per migliorare uno dei motori trainanti l'economia nazionale. E bisogna ripartire dai numeri impressionanti che hanno caratterizzato le due competizioni sportive più recenti: la Rider Cup (torneo di golf) di Roma, che ha riempito tutti gli hotel della Capitale, e le Nitto Atp Finals di Torino, evento che hanno alimentato la passione tennistica del Piemonte (+300% di iscritti nell'ultimo anno) e dell'intera Italia, reduce per altro dal trionfo nell'importantissima Coppa Davis (che l'Italia non vinceva dal 1976). Una vittoria che nei prossimi mesi potrebbe attrarre molti tennisti in giro per il mondo nello Stivale.

E i prossimi grandi avvenimenti - gli Europei di atletica leggera di Roma nel 2024, le Olimpiadi di Milano-Cortina e i Giochi del Mediterraneo nel 2026 e gli Europei di calcio nel 2032 (in collaborazione con la Turchia) - non potranno essere sottovalutati e, anzi, dovranno essere una vetrina fondamentale per il turismo del nostro Paese. Se poi si aggiunge l'importanza di porre l'attenzione anche sulle categorie minori e dei praticanti - che ogni weekend vedono lo spostamento di milioni di persone - e sulle competizioni professionistiche nazionali, l'Italia, con la sua storia, potrebbe seriamente diventare la nazione numero uno al mondo per visite turistiche.

Turismo sportivo, l'importanza di valorizzare un evento come il Giro d'Italia

Inoltre, i governi dovranno essere, per esempio, capaci di valorizzare l'evento simbolo del nostro Paese: il Giro d'Italia, che ogni anno viene seguito da più di 800 milioni di persone, sempre più invogliate a visitare le nostre bellezze: perché all'estero come dice qualcuno, “c'è fame d'Italia”. Una manifestazione su cui lo Stato, a differenza di quello che accade in Francia con il Tour de France, investe e si interessa relativamente poco e non coglie l'opportunità di aggiungere numeri cruciali al turismo.

Calcio, Formula 1 e motociclismo: le infrastrutture vecchie che non aiutano il turismo sportivo

Ma non è tutto. Perché l'Italia deve anche essere in grado di “abbandonare” la storia e di rimanere al passo con i tempi. Le infrastrutture, come già detto, infatti, non sono all'altezza di quelle straniere. Basti pensare al calcio, che vede solamente quattro stadi all'avanguardia in Serie A: a Torino con quello della Juventus, a Udine con quello dell'Udinese, a Frosinone e a Bergamo con quello dell'Atalanta (in fase di restauro). E Milano e Roma? Come è possibile che nel 2023 le due città più grandi del nostro Paese (e con quattro delle squadre più forti) non abbiano ancora stadi moderni, in grado di offrire a spettatori e turisti tutti i comfort necessari per godersi al meglio una partita di calcio? La risposta sta nei tempi di attesa della giustizia e delle amministrazioni, che finiscono per stufare le proprietà ed arenare tutti i progetti.

La questione, però, non riguarda solo il calcio. Anche l'automobilismo, che genera un business da 868 milioni di euro, con la Formula 1 in testa, infatti, ha bisogno di aggiornamenti: i circuiti di Monza e Imola necessitano di lavori importanti, volti a migliorare anche qui la qualità dell'offerta al visitatore e agli stessi italiani che seguono ogni settimana l'evento sportivo, che, purtroppo, non ha nulla a che fare con ciò che si vede negli Stati Uniti (in particolare a Las Vegas) e nei Paesi del Golfo (Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti e Qatar). Così come il motociclismo.

Insomma, le possibilità ci sono. E lo sport potrà e dovrà essere uno dei motori del turismo. E l'obiettivo prefissato dalla ministra del Turismo, Daniela Santanchè, ossia quello di aumentare la percentuale di contributo del turismo nel Pil e di diventare la prima forza turistica in Europa nei prossimi anni, non è così impossibile. Anzi.

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Alberto Lupini


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