In Italia il 36% delle Dop europee Ma il fatturato tiene con le prime 10
I prodotti nostrani tutelati sono 299 (esclusi i vini) sugli 822 presenti in tutta l’Unione europea. I dieci principali fatturano addirittura l'80% del totale . In testa Grana Padano, Parmigiano Reggiano e Prosciutto di Parma. Oggi l’export vale 3,5 miliardi, ma nell’ultimo decennio è più che triplicato
25 novembre 2019 | 09:48
di Vincenzo D’Antonio
Sono circa 300 i prodotti Dop e Igp italiani
In tutta la Ue i prodotti tutelati sono 822. I prodotti tutelati in Italia sono 299 (attenzione: sono esclusi i vini; qui trattiamo solo il food), ovvero il 36% sul totale UE (e alcune di queste ora sono tutelate anche in Cina). La popolazione UE è pari a 513 milioni e noi in Italia siamo 60 milioni, ovvero pesiamo per il 12% sul totale della popolazione UE. La nostra incidenza per prodotti tutelati è il triplo del nostro peso in abitanti: 12% in termini di popolazione e 36% in termini di prodotti tutelati.
Il valore all’origine del totale dei 299 prodotti Dop e IGP vale all’incirca 7 miliardi di euro (qui, invece, i numeri sui formaggi). Al consumo il valore pressoché raddoppia giungendo al ragguardevole importo di 14, 621 miliardi. Di questi quasi 15 miliardi, circa il 24% (3,5 miliardi) è costituito dall’export.
Sono belle notizie, soprattutto se compariamo questi dati con quelli di 10 anni fa. In 10 anni il fatturato alla produzione ha avuto un incremento del +46%; il fatturato al consumo +63%, ed è triplicato (+300%) il giro di affari all’estero. Note non proprio liete, bensì quasi “dolenti” sopraggiungono quando esaminiamo nel dettaglio i singoli prodotti.
I formaggi Dop in Italia sono 50
Stilando la classifica ordinata per valore al consumo, quattro (l’uno a matrioska nell’altro) sono i dati che si pongono in evidenza. I primi tre prodotti, che sono il Grana Padano Dop (2.913 milioni), il Parmigiano Reggiano Dop (2.338 milioni) ed il Prosciutto di Parma Dop (2.227 milioni) costituiscono da soli circa la metà del valore al consumo: 7.478 milioni su un totale di 14.621 milioni. Quando al “podio”, aggiungiamo i successivi 3 prodotti in classifica, ovvero il quarto (Aceto Balsamico di Modena Igp - 975 milioni), il quinto (Prosciutto San Daniele Dop - 787 milioni) ed il sesto (Mozzarella di Bufala Campana Dop - 730 milioni) agevolmente arriviamo ad un peso di quasi il 70%!
E se vogliamo arrivare ai primi 10, e quindi analizziamo anche la settima posizione (Gorgonzola Dop - 568 milioni), l’ottava (Bresaola della Valtellina Igp - 453 milioni), la nona (Mortadella Bologna Igp - 433 milioni) e la decima (Pecorino Romano Dop - 347 milioni), constatiamo che con queste prime 10 posizioni su un totale di ben 299, quindi con appena il 3% dei prodotti tutelati, si sviluppa l’80% del valore al consumo!
Capiamo che qui il grigio del dato ha il sopravvento sul rosa apparente dei grandi importi del giro d’affari considerato nella sua totalità. Un ulteriore dato peggiorativo, ancora uno sforzo di lettura analitica. Arriviamo a 15, suvvia. Undicesima posizione (Speck dell’Alto Adige IGP - 259 milioni); dodicesima posizione (Mela Val di Non Dop - 250 milioni); tredicesima posizione (Mela Alto Adige IGP - 238milioni); quattordicesima posizione (Pasta di Gragnano Igp - 179 milioni); quindicesima posizione (Asiago Dop - 170milioni).
Siamo all’88% del fatturato al consumo ed al 95% dell’export. Ciò significa, in lettura a sfondo grigio: quanto può essere significativa la vita degli altri 284 prodotti Dop / Igp? Quale la loro ragion d’essere, quali le loro potenzialità di sviluppo? Supponiamo, ma solo di supposizione trattasi, che tutti gli altri 284 prodotti Dop / Igp contribuiscano pressoché pariteticamente al valore a consumo complessivo che è pari a circa 1.754 milioni (agli estremi il caso virtuoso della Burrata di Andria Igp, con significativi numeri crescenti, ed i casi poco edificanti di oli extravergine di oliva Dop praticamente inesistenti). Per ogni Dop / Igp stiamo parlando di poco più di 6 milioni! Numeri che, va detto, posizionano questi prodotti in nicchie talmente anguste che è difficile, sebbene non impossibile, uscirne con percorso di sviluppo sul mercato.
Quali azioni, non soltanto in termini di un solidarismo che comunque di per sé sarebbe commendevole, potrebbero porre in essere i 10 “giganti” che da soli costituiscono l’80% del fatturato al consumo, affinché i prodotti “nani” possano essere supportati per incrementare il loro giro d’affari? Ce ne sarebbero soprattutto inerenti alle presenze fieristiche ed a proposte originali da suggerire significativamente alla ristorazione di qualità. Un caso emblematico, di concerto con la ristorazione che si accinge ai Cheese Corner è la compresenza di formaggi Dop “giganti” (ben 6 tra le prime 15 posizioni) accanto a formaggi Dop con piccoli numeri di fatturato.
Ai ristoratori virtuosi che sanno guardare ai benefici che nel medio termine conseguono anch’essi quando aiutano potenziali fornitori, gli si prospetta l’opportunità di farsi parte diligente nell’innescare un volano che genererebbe vero business in tante e tante realtà dove le Dop e le Igp sono sovente mere etichette che a poco o nulla servono.
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Alberto Lupini