L'
accoglienza non trova personale. Proprio sul più bello, quando dopo mesi difficili la ripresa sembra a portata di mano, bar, ristoranti, hotel, stabilimenti balneari e attività ricettive si ritrovano impigliate in un nuovo problema:
mancano camerieri, cuochi, bagnini, animatori dei villaggi, stagionali e via discorrendo. A dare
una misura del fenomeno, nei giorni scorsi, è stata
la Fipe – Federazione italiana pubblici esercizi: 150mila posizioni scoperte nel solo settore della ristorazione. Tra questi, 120mila professionisti a tempo indeterminato, in particolare cuochi e bartender di esperienza che hanno cambiato lavoro cercando certezze in altri settori, e 20mila lavoratori a tempo determinato.
Estate 2021, il turismo riparte con 77mila operatori in meno
In generale,
gli ultimi dati di Unioncamere e Anpal parlano di circa
560mila opportunità di lavoro offerte dalle imprese a giugno che salgono a quasi 1,3 milioni avendo come orizzonte previsionale l’intero trimestre giugno-agosto. Per quanto riguarda
la filiera turistica, a giugno si attende l’ingresso nel mondo del lavoro di circa 99mila addetti (+48,2% sul mese precedente), grazie anche ai contratti stagionali da attivare per il periodo estivo. Numeri che, tuttavia,
non bastano a invertire la rotta per un ammanco di 26mila operatori a giugno e 77mila nel trimestre giugno-agosto.
Per 3 aziende su 10 difficoltà a reperire personale qualificato
Insomma, la voglia di ripartire c’è ma il
mismatch fra domanda e offerta sembra un problema insormontabile. Non sorprende, quindi, che
la difficoltà di reperimento, in particolare di figure professionali qualificate,
continui a incidere sulle capacità attrattive di circa il 31% delle aziende italiane. Detto diversamente, e presi in esame i soli settori relativi al mondo dell’accoglienza, la d
ifficoltà a reperire addetti nelle attività di ristorazione si attesta al 29% (con circa 75.910 lavoratori in entrata a giugno e 149mila circa nel trimestre giugno-agosto)
mentre quella per impiegati addetti all’accoglienza e all’informazione della clientela tocca il 26% (con 14.810 entrate a giugno e 29mila circa nel trimestre giugno-agosto).
Il caso dei bagnini: senza patentino, bloccato il turnover stagionale
In questo senso,
l’esempio delle ultime ore è quello dei bagnini. La
Sib - Sindacato italiano balneari ha lanciato l’allarme. Lavoratori stagionali per antonomasia, dopo le difficoltà dello scorso anno molti bagnini hanno preferito dedicarsi ad altro lasciando di fatto un buco difficilmente colmabile.
Per diventare bagnino, infatti, è necessario essere abilitati da un corso ad hoc che rilascia il patentino di idoneità. Ovviamente, con
lo stop forzato delle attività di formazione (che si svolgeva per lo più in palestre e piscine, a loro volta chiuse) attualmente
risulta difficile "rifornire" quel normale turnover che garantiva la presenza di nuovi addetti ogni anno. Questo non significa che le spiagge italiane siano insicure ma che, anche in questo caso, ci si trova di fronte a un mismatch fra domanda e offerta causato da una situazione esogena (la pandemia) che ha esposto la fragilità di alcune professioni.
Paghe basse e concorrenza dei sussidi le principali difficoltà
Ma
da cosa dipende tutto ciò? Due le principali difficoltà: i bassi salari e la concorrenza dei sussidi. Secondo l’Eurostat, il nostro Paese ha perso nel 2020 oltre 39,2 miliardi di salari e stipendi con un calo del 7,47% sul 2019. Distanze siderali rispetto al -1,92% calcolato nell’Eurozona.
Il tutto a fronte di un costo del lavoro che è pari al 46% dello stipendio lordo. Non sorprende, quindi, che soprattutto per le professioni meno qualificate i sussidi garantiti dallo Stato (come il reddito di cittadinanza) offrano una soluzione concorrenziale. Dal momento che
il 40% dei lavoratori italiani guadagnano in media meno di 10mila euro all’anno netti, i 9mila euro offerti dal reddito di cittadinanza diventano una tentazione. In particolare per quelle attività lavorative di cui hotel, ristoranti e intrattenimento avrebbero bisogno e che in media vengono remunerate circa 9.820 euro all’anno per un totale di 177 giornate lavorative di media.
Sempre su questo fronte, a partire dal 23 marzo e fino al 31 dicembre 2021, c’è da tenere conto anche delle
modifiche alla Naspi (sussidio di disoccupazione) il cui accesso è consentito anche a chi non ha lavorato per almeno 30 giornate nell’anno precedente (requisito precedentemente indispensabile) e dal quarto mese in poi la diminuzione del 3% dell’importo è sospesa.
La proposta di Fipe: maggiore programmazione delle aperture e minor peso fiscale
Come uscire da questa impasse? La ricetta suggerita dalla Fipe punta a
superare la liberalizzazione del settore e agire fiscalmente sul costo del lavoro. Detto diversamente, da un lato si cerca di rimettere in piedi una pianificazione delle aperture e del mix merceologico che punteggia le città italiane così da concentrare il grado di qualità dell'offerta; dall’altro, si punta a forme di contratto più snelle dal punto di vista fiscale così da rendere più appetibile per il lavoratore l’entrata nel mondo della ristorazione.