I “piccoli” uffici stampa sono forti grazie a passione e professionalità

La pandemia ha stravolto il modo di comunicare e di informare lettori e professionisti. Abbiamo chiesto a tre realtà come si affronta una crisi del genere e quali sono le strategie per uscirne

04 maggio 2021 | 11:19
di Vincenzo D’Antonio
Il giornalista interfaccia gli uffici stampa conseguendone interviste a persone di interesse per i lettori. Questa volta, invece, il giornalista individua come soggetti intervistati proprio gli uffici stampa. Gli uffici stampa sostanziano la loro funzione svolgendo ruolo delicato: fungere da diaframma tra chi agisce nel mondo facendo cose ed erogando servizi e chi queste attività è nel dovere (ed anche nel diritto) di notiziarle. Ascoltiamo le voci di tre piccole realtà. Piccole, beninteso, laddove comparate con i colossi della comunicazione, sovente multinazionali con loro ufficio in Italia. Grandi, invece, per quanto capaci di esprimere il made in Italy e infondere vision ai loro committenti.


Tre uffici stampa, tutti al femminile

Piccola annotazione: non rispettiamo la par condicio, no. Sono tre realtà al femminile. Conversazione, quindi con Diana Cataldo, socia, con Massimo Iannaccone e Serena Valeriani, della Miriade&Partners, agenzia di comunicazione, pubbliche relazioni e marketing territoriale specializzata nei settori Wine e Food, con sede in Campania. Con Francesca Puliti, socia insieme con Sara Chiarello della Chiarello Puliti&Partners, agenzia di comunicazione, attivi nelle due sedi di Firenze e Milano. Con Laura Ruggieri, responsabile della Lr Comunicazione. LR Comunicazione, con sede in Roma, eroga servizi di image building, ufficio stampa, consulenza strategica per i social, fornitura e gestione di contenuti, ideazione e organizzazione eventi.

Buon pomeriggio a Diana, Francesca, Laura. Voi seguite realtà importanti dell'hospitality, ristorazione inclusa, ed anche importanti realtà vitivinicole, nonché entità che agiscono per la valorizzazione del loro territorio di pertinenza e per la valorizzazione di arti e mestieri. Che percezione avete circa il grado di sensibilità dei Vostri committenti nel capire che la pandemia ha cambiato il quadro di riferimento e che utenti, clienti, stakeholders in genere e quindi in definitiva essi stessi, non potranno comportarsi come nel recente passato ante pandemia?

F: Ciao Vincenzo, la percezione di come il contesto sia cambiato è molto diversa a seconda del segmento di mercato e dell'approccio di queste diverse realtà. Una cosa è certa: tutti hanno capito che il mondo non tornerà più quello che era. Qualcuno è stato più pronto a reinventarsi, qualcuno è più intimorito al cambiamento. Ma in generale è diffusa l'idea che non ne usciremo se non ci rinnoveremo nel profondo.

D: La pandemia e la conseguente emergenza legata al Covid-19 hanno stravolto ogni equilibrio esistente. C'è chi nella difficoltà ha deciso di darsi ancora più da fare, chi ha preferito prendere un momento di pausa. In generale oggi tutti guardano alle nuove opportunità legate agli strumenti che si sono attivati negli ultimi mesi e alle modalità di comunicazione che si sono andate rafforzando. Come sempre il più veloce ad intercettare la novità riesce ad imporsi e a farsi notare, ora più di prima. La "selezione naturale" in termini di professionalità, novità, originalità, competenza, capacità è, in questa fase, ancora più evidente.

L: Riscontro un doppio livello di percezione e valutazione dello scenario futuro, da una parte la consapevolezza che nulla sarà più come prima dall’altra l’esigenza di mantenere viva l’identità aziendale, positiva la reputazione. Noi abbiamo risposto trovando nuovi spunti di comunicazione, alimentando un flusso di informazioni e notizie con la stampa su nuovi focus, individuando modalità alternative per effettuare visite aziendali a distanza, degustazioni, press tour, nuovi formati di eventi.


Il Vostro committente cosa si aspetta, prevalentemente e prioritariamente, dal vostro lavoro? Tende al conseguimento di risultati tangibili nel breve? Ha contezza che invece benefici e vantaggi sono intangibili e comunque riscontrabili nel medio termine e non nel breve?

D: In comunicazione le attività che portano riscontro a breve termine sono certamente utili, ma rappresentano solo un tassello del quadro d'insieme. Soprattutto le pubbliche relazioni necessitano di tempistiche obbligate, così come stabilire rapporti di reciproca fiducia e, ancora di più, entrare in empatia con l'interlocutore. Ci sono attività che hanno una durata limitata nel tempo e che, quindi, portano effetti immediati - come quando si organizza un evento - ma i veri risultati si notano sempre a lungo termine. E mi sento di dire che sono sempre quelli più soddisfacenti, sia per il committente che per chi ha lavorato ad un determinato progetto.

F: Per fortuna si fa strada sempre più la consapevolezza del fatto che la comunicazione non agisce nel qui ed ora, ma costruisce un racconto giorno dopo giorno. I risultati nel breve periodo sono sempre apprezzabili e ricercabili, ma è nel medio e lungo periodo che si dimostra la qualità del lavoro. Molti clienti lo hanno capito, allungando i tempi di vigenza dei contratti. In questo la pandemia probabilmente ci ha aiutati: è stato uno spartiacque che ha permesso alle persone di discernere tra quantità e qualità, tra operazioni di superficie e di profondità.

L: Per gran parte i committenti di LR Comunicazione hanno un rapporto consolidato con lo Studio, pertanto il flusso di risultati è piuttosto continuativo e per quanto sia stato in questo anno soggetto a delle pause forzate, sanno che riprenderà con nuovi focus tematici, input e reciproca soddisfazione. In nessun caso c’è stata una pressione particolarmente severa per un riscontro sui risultati a stretto giro.


Per la seconda estate consecutiva saremo pressoché in assenza di flussi turistici extraeuropei. Di conseguenza, almeno come ponderata relativa, aumenta l'importanza del turismo domestico. Come ciò impatta sul lavoro che svolgete?

F: Meno di quello che si potrebbe pensare. Prima di tutto perché la nostra è una strategia di più ampio respiro, non basata esclusivamente sulla contingenza. In seconda battuta perché siamo abituate a mettere in gioco molta creatività nel nostro lavoro: è vero che le esigenze sono in questo momento diverse, ma in fondo ciò che ci viene chiesto è di reinventare e riadattare il processo a una nuova situazione. Niente di particolarmente diverso rispetto a ciò che facciamo normalmente: inventiamo nuovi modi per comunicare un progetto

D:Si lavora su due fronti: sull'estero si lavora sulla memoria di un luogo e sulla sua "desiderabilità". Su tanti aspetti questo penalizza le attività che riservano all'estero i budget principali. Ma la grande opportunità si intreccia all'altro fronte, quello domestico. L'ampliamento della distanza e dei confini virtuali dovuto al Covid-19 ha anche incredibilmente favorito i legami con i propri luoghi. In questi mesi li abbiamo vissuti palmo a palmo, abbiamo imparato ad amarli, abbiamo riscoperto il piacere di passeggiare in campagna o al parco sotto casa. Questo può creare un circuito economico tutto da scoprire e inventare, che rappresenta a mio avviso una bella opportunità.

L: Spinge ad entrare molto più nel merito di proposte e idee capaci di sollecitare la domanda interna, domestica appunto, fare affiorare tendenze latenti in termini di vacanza di prossimità, e su piccola scala, nuovi servizi, sollecitando stili di vita più “soft” per certi versi, esperienze più partecipate e di relazione.


Un giochino al quale non vi sottraete: dovete consigliare ad un Vostro committente che agisce nell'hospitality, un solo social, ma proprio uno solo, proibito consigliarne più di uno. Quale consigliereste?

F: In questo periodo è fondamentale essere su Instagram: molte persone si innamorano di un'immagine e di un'atmosfera ancor prima di cominciare a pensare un viaggio. Su Instagram ha inizio il viaggio mentale verso la destinazione. E una volta arrivati alla meta, il percorso va avanti attraverso il racconto fotografico in prima persona.  Ma è un treno da cogliere subito, non è escluso che possa subire la stessa parabola di Facebook, nel giro di qualche anno.

L: Instagram, senza esitazione alcuna. E quando dico Instagram, è perché di questo social colgo due nuove funzioni, particolarmente interessanti per i miei committenti. Mi riferisco ai reels, video in formato multi-clip che hanno durata di 15 o 30 secondi, a cui è possibile aggiungere audio, testi ed effetti visivi in realtà aumentata. Mi riferisco anche ad Instagram shopping, sorta di e-commerce di irrisoria facilità di utilizzo.

D: Oggi non esito a dire Instagram, dividendo rigorosamente l'aspetto personale da quello aziendale. Un Social che per i Millennials è già desueto ma che fa registrare numeri decisamente importanti. Scegliere il proprio registro comunicativo, individuare il proprio target, riservate un’attenzione maniacale al feed, ore di lavoro dedicate alle Stories, creazione di una community virtuale ma profondamente reale: sono le chiavi di volta per fare di Instagram un luogo di business e relazioni. Ma le frontiere digitali sono estremamente mobili. Domani magari la risposta a questa domanda potrebbe già essere diversa.


Il lockdown e le varie zone policrome hanno agevolato una confidenza verso l'uso della rete, fino ai casi evidenti e molto significativi di smart working e webinar. Impatta ciò sulla comunicazione?  Sia nei meriti che nei metodi?

F: Certamente sì, sia nelle modalità che - inevitabilmente - nei contenuti che possono essere veicolati. E' evoluzione che in parte arricchisce ma in parte inaridisce la comunicazione. I rapporti umani, in questo mestiere, contano ancora molto.

D: L'impatto è stravolgente. Il tempo, così come le distanze, si è fin troppo dilatato e questo a lungo andare creerà un problema opposto, ovvero la corsa a non perdere nessuna occasione possibile. Ma c'è da dire che sarebbe stato impensabile svolgere in presenza in questi mesi lo stesso numero di incontri, appuntamenti, confronti, momenti di formazione che abbiamo potuto svolgere a distanza. Tanti probabilmente sceglieranno di selezionare maggiormente i propri viaggi e di sfruttare la nuova modalità di degustazione a distanza, per restare in ambito vino. Nell'immediato futuro, quando - si spera - torneremo alla normalità, avremo sempre meno tempo libero ma sempre più occasioni, faremo molti meno chilometri e molte più call. Non dimentichiamo però che nulla può sostituire il piacere di guardarsi negli occhi. Neanche uno schermo.

L: Sì certo, molto. Mai come adesso si è evidenziato che i mezzi tradizionali non bastano più, sono stati superati dai fatti. Tutti i clienti e tutti noi abbiamo continuato ad agire, incontrarci, lavorare, pressoché unicamente sulla rete. Eventi digitali, piattaforme di e-commerce sempre più smart, vetrine virtuali sono gli spazi entro i quali incontrarsi, scambiare informazioni, servizi. A mio avviso impatta più sul metodo che sul merito ma questo forse in prospettiva è destinato a mutare.


Voi mi insegnate che l'albergo vive su due totemici oggetti di colore bianco: il lenzuolo e il tovagliolo. Sino ad oggi, in tutta evidenza, tanto da risultare banale il solo esplicitarlo, il lenzuolo è core business ed il tovagliolo quando va bene è business ancillare e sennò addirittura calice amaro ma necessario. Pensate che tra staycation e continua crescita qualitativa del ristorante annesso all'albergo, si possano quasi quasi ribaltare i ruoli dei due oggetti?

D: Domanda interessante. La ristorazione alberghiera ha fatto grandi passi in avanti negli ultimi anni in termini qualitativi. Abbiamo esempi in Italia di grandissimo valore in questo settore. E penso che, dato l’enorme interesse che ruota intorno al food e alla ristorazione di qualità, a lungo termine questo potrà rappresentare certamente un elemento trainante. Non è un processo breve e richiede coraggio e investimenti, ma può senza dubbio rappresentare una occasione importante per il settore alberghiero. Ci sono esperimenti lodevolissimi da segnalare: anche in emergenza, nel pieno rispetto delle normative vigenti, a Napoli due realtà di altissima qualità come il Grand Hotel Parker’s e il ristorante Veritas si sono unite per dare vita ad un’offerta congiunta. Un esempio assolutamente da seguire.

L: Ormai direi sempre di più e diffusamente, è diventata buona regola per la più gran parte. Nel caso dei miei clienti ti porto un esempio per dirti il peso che ha il ristorante. Nel giugno 2020 alla fine del primo lockdown, la decisone di riaprire e con grande solerzia, l’hotel la prese spinto dalle richieste di prenotazione per il ristorante. La stessa staycation per i romani nei mesi di lockdown è stata trainata dal desiderio di andare in quel ristorante. Lo definirei quindi un hotel gourmet, una residenza gastronomica.

F: Se non ribaltare, senz'altro i ruoli tenderanno a riequilibrarsi. L'hospitality sta subendo una profonda trasformazione e la proposta enogastronomica è sempre più centrale nella scelta delle destinazioni. Il "tovagliolo" pesa di più sul piatto della bilancia.

Su cosa state in questo periodo maggiormente investendo?

F: A livello interno, stiamo investendo molto nella squadra, nel consolidare la struttura e nell'identificare le figure professionali che saranno fondamentali nel prossimo futuro. Figure flessibili, ma dotate di competenze specifiche che ci permettano di fare la differenza. A livello esterno, stiamo ponendo le basi per lavorare in quei settori in cui possiamo esprimerci al meglio e al contempo di divertirci lavorando. Non è poco.

D: Naturalmente su tutto quanto è digitale, ma anche su un rafforzamento delle pubbliche relazioni, che hanno preso tante direzioni diverse. Consolidare metodologie, investire in formazione specifica, riservare tempo ai rapporti umani. In un tempo così virtuale, scegliamo un approccio professionale ma concreto, reale, empatico.

L: In coerenza con la mia idea forte della “tensione al miglioramento continuo” ho deciso di investire ulteriormente sullo sviluppo della creatività, che non andrebbe mai sopita, sull’ottimismo che componga, in uno con l’entusiasmo, quel binomio virtuoso da cui i committenti traggono giovamento. Credo ad una visione della comunicazione che vada anche oltre quella specifica del settore e si ponga efficacemente trasversale a varie discipline. Vincenzo, fai caso all’etimo di comunicare: communis. Communis: mettere in comune.

L'ottimismo di persone capaci e duttili

Una conversazione così, diciamocelo, infonde ottimismo. La constatazione piacevole e rassicurante di realtà che fanno della professionalità e della passione per il loro lavoro, i cardini della loro attività. Evidente, dalle loro risposte, la componente di eclettismo: una naturale duttilità volta ad assecondare i bisogni del committente ed al contempo fargli scorgere la percorribilità dell’orizzonte successivo. Si va ben oltre, come dalle loro risposte agevolmente si desume, l’espletamento di una declaratoria da “ufficio stampa”. Nell’uscire dalla pandemia, o almeno nel voler credere che è questo il punto in cui siamo attualmente, il nostro Paese risulta indebolito. Ed ancora una volta, così come nel corso di storia recente, sapremo salvarci se faremo ciò che sappiamo fare: cose buone e belle che piacciono al mondo, fatte all'ombra dei campanili.

E queste piccole virtuose entità, la cui label di “ufficio stampa” è ingenerosa per quanto parziale, sanno concorrere a comunicarlo ed a valorizzarlo. Anche così diamo voce al made in Italy.

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Alberto Lupini


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