I formaggi valgono 16 miliardi Il mercato tiene grazie alle Dop

I dati diffusi dall'Istituto di servizi per il mercato agroalimentare (Ismea) rivelano una contrazione del consumo dei prodotti caseari dell’1,9% nel 2018 rispetto all’anno precedente . A soffrire sono soprattutto i formaggi spalmabili, la mozzarella vaccina e il latte a lunga conservazione

24 settembre 2019 | 18:05
di Vincenzo D’Antonio
Un chiaroscuro, quello risultante dall’indagine Ismea sui formaggi, di cui cogliamo gli aspetti positivi del “chiaro”, di gran lunga superiori a uno “scuro” che poi, lo diciamo in seguito, così “scuro” non è. I dati indicano un fatturato 2018 di poco superiore ai 16 miliardi di euro, con un peso del 12% sul complessivo del sistema agroalimentare. Una sorta di “azionista di riferimento”, il settore lattiero caseario, nell’ambito di una “spa” virtuale costituita dal sistema agroalimentare nel suo complesso.

I formaggi Dop italiani sono 50

I dati, altresì, indicano una flessione ravvisabile, nell’ultimo lustro, della spesa sostenuta dalle famiglie italiane per i consumi domestici di latte e derivati (-4% tra il 2014 e il 2018), con un esplicito e significativo -1,3% nel 2018 rispetto al 2017. In particolare, continua ad essere penalizzante per la filiera la contrazione dei consumi di formaggi (-1,9% in volume e -1,2% in valore tra il 2017 e il 2018). Ma attenzione alla survey quando si entra in livello successivo di analisi. Siamo, giusto per ritornare al chiaroscuro, a quello “scuro” che “scuro” non è!

Infatti, la contrazione forte si palesa prevalentemente sui cosiddetti prodotti indifferenziati, quali formaggi spalmabili, mozzarella vaccina e latte UHT, ovvero su quei prodotti che, va detto, proprio il massimo della qualità non sono. Segnali positivi (il “chiaro”) emergono dal segmento costituito da prodotti che incontrano il favore di clientela attenta agli aspetti salutistici, alla trasparenza ed alla tracciabilità, al legame forte e chiaro con il territorio e ad una graditissima pregevolezza organolettica. Stiamo parlando dei formaggi Dop che ad oggi, vogliamo ricordarlo, sono 50. Formaggi Dop che nel fuori casa hanno tra le più apprezzate ed emergenti occasioni di consumo consapevole il loro sapersi disporre in ben fatti taglieri.

Approntare un tagliere di formaggi non deve e non può essere raffazzonare alcuni formaggi in funzione di quanto occasionalmente presente in dispensa.La ristorazione di qualità, nell’accingersi mediante Cheese Corner ad erogare anche un’adeguata offerta di formaggi Dop, deve imparare a comporre i taglieri.

Un metodo valevole ed emergente nasce e trova sua precisa attuazione da quella già citata “carta d’identità” dei formaggi Dop con le tre caratteristiche essenziali risalenti ad un “quando”, ad un “dove” e ad un “da chi”.

Il criterio di base potremmo definirlo così: “né tutti uguali, né tutti diversi”. Molto semplicemente la composizione del tagliere, per un minimo di tre e per un massimo di quattro formaggi (non eccederemmo né in basso né in alto come numerica), ha driver nell’applicazione ragionata del suddetto criterio. Ne sortiscono ben 22 proposte di taglieri. Aggiungiamo a ciò, già immaginando il soddisfacente funzionamento del Cheese Corner, gli scaturenti “problemi” che tanta convivialità farebbero soavemente insorgere al tavolo: quale la successione di assaggio? Quale o quali abbinamenti? Con un solo vino o con più vini? E quali vini? E se si andasse con le birre? E se, azzardo, “qui” ci andasse bene forse una grappa?!

Insomma, quel piacevole e ghiotto degustare, che tanto crescente gradimento riscontrano nelle fasce emergenti della clientela gourmet.

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Alberto Lupini


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