I dehors ridisegnano i centri storici E aggiornano l'offerta dei locali

Dopo il lockdown i Comuni hanno dato a bar e ristoranti la possibilità di occupare gratuitamente il suolo pubblico per creare spazi all'esterno; in tanti ne hanno approfittato . Le città italiane stanno cambiando volto e, laddove formula o posizione sono vincenti, i gestori dei locali hanno incrementato gli affari

24 agosto 2020 | 08:30
di Vincenzo D’Antonio
Nel flusso emergente di parole che entrano nel quotidiano a causa della pandemia (e già “pandemia” è una di queste parole!), compare spesso il termine “dehors”. Parola francese che deriva dal latino “de foris”: fuori. Per dehors ad intendersi, in prima approssimazione, lo spazio esterno, attrezzato con tavolini, di pertinenza del bar e del ristorante. Allo scopo di frenare la caduta del business delle suddette tipologie di esercizi, agevolandone al contempo la ripresa, è stata data facoltà ai Comuni di rendere gratuito a tempo determinato l’utilizzo di suolo pubblico antistante bar e ristoranti, ad essi consentendo di allestire dehors.

Tante terrazze sono comparse nelle ultime settimane nelle città

Per certi versi, premesso un etico buon gusto nell’allestimento e il rispetto dei vincoli sussistenti nelle aree urbane, nei centri storici e nelle zone pedonali, dehors ben fatti, in armonia con il territorio circostante, possono anche dare quel tocco in più alle nostre città, tali da renderle somiglianti, fatta salva la mediterraneità insita, ai graziosi centri dell’Europa continentale. E va proprio bene! Analizziamo quali sono i due mind set principali dei ristoratori al cospetto di questa novità. Come ci si sono posti?



Il primo atteggiamento che si riscontra è quello del tatticismo esasperato, ovvero l’agire secondo patologica miopia. È un’opportunità che mi viene data; in questo momento buio la colgo, investo in tavolini e sedie di poco conto, assolutamente non bado a proporre un’offerta mirata e penso esclusivamente a incrementare a fine giornata la numerica degli scontrini e quindi, a riga di totale, trovarmi qualche euro in più che è sempre, quanto mi cruccia dirlo, qualche euro in meno di prima! Prima a significare cosa? A significare prima del Covid, quando eravamo nella normalità alla quale anelo di tornare il prima possibile.

Ecco, questo atteggiamento tattico, che palesa l’obiettivo melanconico del “tirare a campare”, è naturalmente perdente. Non si coglie appieno l’opportunità e si valuta il dehors come un ampliamento di “recipiente” il cui contenuto non varia. Si anela velleitariamente ad una normalità che non torna più. Essa appartiene al passato, può rivivere nei ricordi ma non torna a connotare il nostro vivere quotidiano.

Con i dehors cambia anche l'offerta dei locali

Il secondo atteggiamento che riscontriamo è il frutto di una meditazione accorta del ristoratore. Costui ravvisa nel provvedimento, non solo e non tanto la chance di ampliare gli spazi fruibili dalla clientela, ma coglie soprattutto la possibilità di darsi una visibilità incrementale ed un rafforzato posizionamento distintivo.

La visibilità incrementale qui è da intendersi anche come ulteriore touchpoint. Il dehors è una vetrina vivente, spazio interattivo dove il cliente dell’istante è anche testimonial/influencer dell’istante. Non siamo letteralmente alla “casa di vetro”, alla trasparenza eccessiva che tra l’altro violerebbe anche la privacy, ma siamo in una realtà adattativa laddove le scelte di consumo dei clienti a venire sono anche il portato degli atteggiamenti e dei comportamenti dei clienti attuali. Insomma, si innesca o un volano o il suo opposto. Mostro qualità mediocre, attraggo clientela men che mediocre: volano vizioso. Paleso buona qualità, attraggo clientela di elevato standing: volano virtuoso.

A questa valenza del dehors vissuto quale spazio di realtà adattativa, si correla il secondo fattore: il posizionamento distintivo. Ciò comporta ideare e realizzare, ponendo a premessa le doti del personale, un’offerta specifica del dehors. Pertanto, ragionando secondo gli slot della giornata e dando finalmente per acclarato l’ampliamento degli orari di servizio, si tratta di pensare ad un modo nuovo di proporre la colazione, e si pensi a come impatta su ciò lo smart working, così come il brunch, il light lunch, l’ora del tè, l’happy hour, il dopocena. Nulla che abbia sentore né di sciatteria di servizio, né di qualità mediocre di cibo e bevande. Il dehors che, per la proprietà e per i collaboratori, diviene il benchmark del locale. Tutto quanto avviene nel dehors deve essere il meglio di quanto sappiamo fare, posta la tensione al miglioramento continuo, altrimenti la pigrizia pervade l’ambiente ed il declino si insinua e poi si palesa. Il dehors che diviene per la clientela lo spazio ambito dove ricevere il miglior servizio, vedersi proporre le novità e sentirsi coccolati.

Il dehors non come ampliamento di “recipiente” ad invarianza di proposte, bensì come la bella vetrina ed il funzionale laboratorio che insieme fungono da propellente per dare vita al nuovo ristorante.

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Alberto Lupini


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