Bar, ristoranti e supermercati sono pronti a dire addio ai buoni pasto. Le associazioni di categoria vogliono boicottare l’attuale sistema di gestione. I ticket restaurant sono infatti stati considerati delle vere e proprie tasse occulte. In pratica, una volta scalati gli oneri di gestione e quelli finanziari, attualmente si registra un deprezzamento del 30%. Questo significa che ogni 10mila euro di buoni incassati, gli esercizi convenzionati perdono circa 3mila euro. Le associazioni di categoria, fra i quali c’è anche Fipe – Confcommercio, la Federazione italiana pubblici esercenti, hanno firmato un manifesto in chiedono alle istituzioni di riformare il sistema, introducendo regole per la salvaguardia del valore nominale del ticket e la definizione di tempi certi per il pagamento dei rimborsi.
I buoni pasto sono diventati "cattivi": bar, ristoranti e supermercati pronti al boicottaggio
Se non ci sarà una riforma radicale del sistema di erogazione dei buoni pasto, le imprese della distribuzione commerciale e della ristorazione potrebbero smettere di accettare i ticket. Un danno enorme per circa 3 milioni di lavoratori pubblici e privati che utilizzano quotidianamente questo strumento per assicurarsi il pasto.
Basti pensare che nel 2019 sono stati emessi 500 milioni di buoni pasto per un valore complessivo di 3,2 miliardi di euro.
A lanciare l’ultimo grido di allarme prima di avviare azioni più drastiche sono le principali associazioni dei settori interessati – ANCD Conad, ANCC Coop, FIEPeT Confesercenti, Federdistribuzione, FIDA e Fipe Confcommercio – desiderose di accendere un riflettore sulla degenerazione del sistema dei buoni pasto, alla vigilia della pubblicazione della gara BP10, indetta dalla centrale unica di acquisto, Consip.
Le richieste: riduzione dei ribassi sul prezzo e assicurare il rispetto del valore nominale dei ticket
A fare il punto della situazione, sono stati i rappresentanti delle sei organizzazioni, nel corso di una conferenza stampa: Alessandro Beretta, segretario generale ANCD Conad, Marco Pedroni, presidente Coop Italia e ANCC Coop, Giancarlo Banchieri, presidente FIEPeT Confesercenti, Alberto Frausin, presidente Federdistribuzione, Donatella Prampolini, presidente FIDA e Lino Enrico Stoppani, presidente Fipe-Confcommercio.
Due le priorità: la riduzione immediata dei ribassi sul prezzo richiesti in fase di gara alle società emettitrici dei buoni pasto, e la riforma complessiva del sistema, seguendo l’impianto in vigore in altre Paesi, per assicurare il rispetto del valore nominale del ticket ed eliminare le gravose commissioni pagate dagli esercizi presso i quali i buoni pasto vengono utilizzati.
In pratica, per ciascun buono da 8 euro il bar, il negozio alimentare, il bar o il supermercato ne incassa poco più di 6. Una volta scalati gli oneri di gestione e quelli finanziari si registra un deprezzamento del 30%: ogni 10mila euro di buoni incassati, gli esercizi convenzionati perdono circa 3mila euro.
Una battaglia volta a garantire la sostenibilità di un servizio essenziale per oltre 3 milioni di lavoratori, e che «si rende necessaria nel momento in cui lo Stato pretende di finanziare la propria spending review, scaricando i costi sull’ultimo anello della catena – hanno dichiarato le associazioni di categoria - A oggi si rischia che il costo sostenuto dal mondo della ristorazione con il sistema dei buoni pasto sia addirittura superiore in termini di valore, all’ultima tornata di ristori destinati al settore, circa 40 milioni di euro».
La richiesta: «Bisogna intervenire sulla prossima gara Consip»
Una distorsione cui le imprese chiedono di porre rimedio immediatamente, cominciando dalla prossima gara Consip.
La stazione appaltante per il servizio di buoni pasto all'interno della pubblica amministrazione, Consip, effettua le gare solo nominalmente con il sistema dell'offerta economicamente più vantaggiosa mentre, di fatto si traduce, nell’aggiudicazione a chi offre il prezzo più basso. Nel corso delle ultime due gare, 2018 e 2020, gli esercenti si sono trovati a pagare commissioni medie del 19,8% (BP8) e del 17,80% (BP9).
Questo meccanismo finisce per scaricare il risparmio della pubblica amministrazione sui pubblici esercizi e sulla distribuzione commerciale. Per ciascun buono da 8 euro il bar, il negozio alimentare o il supermercato ne incassa poco più di 6. Una volta scalati anche gli oneri di gestione (conteggio, spedizione, pos) e quelli finanziari si registra un deprezzamento del 30%: ogni 10mila euro di buoni incassati, gli esercizi convenzionati perdono circa 3mila euro.
Il manifesto e la lettera al Governo
Al termine della conferenza stampa i presidenti delle sigle riunite presso la sede di Fipe-Confcommercio hanno sottoscritto un manifesto nel quale si chiede la riforma del sistema dei buoni pasto. «Due i punti fondamentali: la salvaguardia del valore nominale dei titoli – un buono da 8 euro deve valere 8 euro anche per l’esercente – e la definizione di tempi certi di rimborso da parte delle società emettitrici», è stato chiesto dalle associazioni di categoria.
I numeri del sistema buoni pasto
Prima dello scoppio della pandemia, circa 10 milioni di lavoratori pranzavano quotidianamente fuori casa. Di questi, circa 3 milioni beneficiavano di buoni pasto e il 64,7% li utilizzava come prima forma di pagamento, ogni volta che usciva dal proprio luogo di lavoro. Complessivamente si stima che nel 2019 siano stati emessi in Italia 500 milioni di buoni pasto, di cui 175 milioni acquistati dalle pubbliche amministrazioni, che li hanno messi a disposizione di 1 milione di lavoratori. In totale, ogni giorno i dipendenti pubblici e privati spendono nei bar, nei ristoranti, nei supermercati i e in tutti gli esercizi convenzionati 13 milioni di buoni pasto.
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Alberto Lupini
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