La Russia ha invaso l'Ucraina, rendendo realtà la guerra alle porte dell'Europa. L'effetto del conflitto, di cui è impossibile prevedere sviluppi e durata, potrebbe estendersi presto anche al Vecchio Continente. Non soltanto dal punto di vista militare, con gli eserciti pronti a schierarsi accanto al Paese del presidente Volodymyr Zelensky, ma anche dal punto di vista economico. La Russia rappresenta infatti per molti Stati dell'Ue un partner commerciale importante. Per il gas, certo, ma pure per altri settori. L'Italia non sfugge suo malgrado a queste dinamiche e il conflitto ucraino-russo rischia di abbattersi come una scure su un'economia già messa a dura prova dalla pandemia. A tremare è soprattutto l'agroalimentare: a rischio ci sono un miliardo di euro di esportazioni verso la Russia e l'Ucraina. Il comparto più scoperto, in questo senso, è quello del vino. Da solo vale 350 milioni di euro.
L'impatto sull'agroalimentare della guerra tra Russia e Ucraina
Il conflitto sta mettendo a rischio le esportazioni agroalimentari italiane verso Russia e Ucraina. Seconde le stime di Coldiretti, si parla di un giro d'affari che nell'anno appena conclusosi ha superato il miliardo di euro. A fare da padrone è la Russia, dove le vendite nel 2021 sono arrivate a quota 670 milioni, con un aumento del 14% rispetto al 2020. Una fetta importante di profitto la garantisce anche l'Ucraina, con 350 milioni di euro. Per il made in Italy si tratta di numeri importanti, che potrebbero però essere duramente colpiti dalla guerra, che va ad aggiungersi a un quadro già di per sé non facile.
L'embargo russo del 2014
Nel 2014 infatti, il presidente russo Vladimir Putin, con un decreto in risposta alle sanzioni decise dall'Unione europea e dagli Stati Uniti, bloccò le esportazioni agroalimentari verso la Russia di alcuni prodotti, con un effetto catastrofico per l'Italia. Si stima infatti una perdita complessiva, in sette anni e mezzo, di 1,5 miliardi. L'embargo è tutt'ora attivo, nonostante i numerosi tentativi di mediazione, e vieta l'ingresso di frutta e verdura, formaggi, carne e salumi, ma anche pesce, provenienti da Ue, Usa, Canada, Norvegia ed Australia. Nella lista nera ci sono prodotti di altissima qualità, simbolo del made in Italy, dal Parmigiano Reggiano al Grana Padano, dal prosciutto di Parma a quello San Daniele, ma anche frutta e verdura.
Il vino è il settore più a rischio
In un quadro critico, il vino appare il prodotto più a rischio. I numeri dell'export dall'Italia alla Russia sono infatti da capogiro. Nel 2021 i russi hanno acquistato vini italiani per 375 milioni di dollari. L'Italia rappresenta il primo Paese fornitore con una quota di mercato di circa il 30%, davanti a Francia e Spagna. Il 2021 è stato un anno di crescita per il settore (+11% rispetto al 2020) e ha visto un boom per gli spumanti (+25%) e un incremento per i fermi imbottigliati (+2%). Le denominazioni più richieste sono il Prosecco, il Lambrusco e l'Asti Docg. Anche l'Ucraina, nel settore dei vini, rappresenta un mercato importante. L'Italia è, come in Russia, leader del mercato e ha registrato nel 2021 una crescita incredibile, trainata ancora una volta dalle bollicine (+78%).
Le preoccupazioni dell'Unione italiana vini
I temi a mettere a rischio l'immediato futuro del vino italiano in Russia sono due: le difficoltà nella spedizione (già in queste ore si registrano lunghe code di camion alla frontiera lettone-russa, oltre a merci non ritirate in dogana) e quelle nei pagamenti. Per effetto delle sanzioni alle banche russe si prevede infatti la sospensione dei pagamenti da Mosca, in uno scenario di stato di guerra che farà perdere le tutele assicurative sui pagamenti delle merci.
«Ci troviamo costretti a dover rinunciare a una piazza strategica per l’Italia, che è il primo Paese fornitore di vino in Russia, proprio in una fase di forte risalita degli ordini - ha sottolineato il segretario generale di Unione italiana vini, Paolo Castelletti - In attesa fare luce sulle ipotesi di fermo delle esportazioni, consigliamo alle imprese italiane di vino di effettuare consegne verso la Russia solo dopo aver conseguito adeguate garanzie sui pagamenti».
Il caso della florivivaistica
Non c'è però soltanto il vino tra i settori a rischio. Un altro comparto in cui la Russia rappresenta un mercato importante è quello dei fiori. L'allarme è già stato lanciato da Coldiretti Pistoia. La città toscana è infatti il leader italiano nell'esportazione di piante vive e parla di un danno causato dalla guerra di almeno 13 milioni di euro. La florivivaistica aveva infatti fatto registrare aumenti dell'export verso la Russia superiori al 70% nel 2021. Il conflitto ora cambia tutto lo scenario. In aggiunta poi, gran parte dei camionisti che lavorano nel settore sono proprio di origine ucraina e si rischia di perdere anche una fetta importante di forza lavoro.
L'allarme lanciato da Pistoia vale anche per i vivai di Sicilia e Liguaria, che potrebbero trovarsi a breve ad affrontare le medesime criticità.
L'effetto della guerra sulla pasta
Ultimo, ma non per importanza, c'è poi il settore della pasta. Qui le criticità vanno in entrambe le direzioni. Da un lato c'è infatti il problema legato alla fornitura di mais e grano. L'Ucraina ha infatti un ruolo importante anche sul fronte agricolo, con la produzione di circa 36 milioni di tonnellate di mais per l'alimentazione animale (5° posto nel mondo) e 25 milioni di tonnellate di grano tenero per la produzione del pane (7° posto al mondo), mentre la Russia è il principale Paese esportatore di grano a livello mondiale. La guerra ha già portato a un'impennata dei costi delle materie prime e potrebbe portare a breve aumenti sui costi di pane e pasta sugli scaffali dei supermercati italiani.
Viceversa, l'Italia ha nella Russia un mercato centrale nell'ambito dell'esportazione della pasta. Anche perché nel Paese di Putin i consumi di pasta aumentano a ritmi vertiginosi di anno in anno. In questa tendenza di mercato si sono inseriti numerosi marchi italiani della pasta che oltre al prodotti in sé, ma anche numerosi sughi pronti.
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Alberto Lupini
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