Guerra e caro energia: per alberghi e ristoranti un salasso da 30 miliardi
Un'indagine di Confcommercio segnala che l'eventuale interruzione di gas dalla Russia potrebbe triplicare le bollette. Per impedirlo chiede di rivedere la fiscalità energetica e di ridurre gli oneri di sistema
Lo scoppio della guerra in Ucraina ha innescato una forte instabilità al rialzo dei prezzi dell’energia, già in atto, da mesi, con incrementi di circa il 50% delle quotazioni del gas e dell’elettricità sui mercati internazionali. Conseguentemente, l’impatto sulla bolletta energetica di famiglie e imprese diventa sempre più pesante e difficilmente sostenibile. L’evolversi della crisi russo-ucraina è ancora molto incerta ed è quindi solo possibile ipotizzare tre diversi scenari di andamento dei prezzi su cui basare le stime dell’impatto per le imprese del commercio, del turismo e della ristorazione in Italia in termini di maggiore, o minore, spesa nel corso del 2022. Lo scenario peggiore, secondo quando rivela uno studio realizzato da Confcommercio con Nomisma energia, potrebbe portare quasi a triplicare il costo delle bollette. Per questo Confcommercio invita il Governo a trovare misure urgenti per riolvere i nodi del sistema energetico italiano. A cominciare dalla dipendenza delle forniture estere, dalla revisione della fiscalità energetica e dall'abbattimento degli oneri generali di sistema. A confermare che il vero problema per l'Italia sia il caro energia è anche l'Unione pastai italiani. Il settore della pasta, che conta 120 aziende, molte di tradizione centenaria, che danno lavoro a oltre 10.000 persone, sta infatti attraversando una crisi senza precedenti. Per l'associazione sono stati gli aumenti dei costi di energia (con un’inflazione in UE sugli energetici di oltre il 28% da inizio anno), petrolio (ai massimi dal 2014) e materiali da imballaggio, che hanno costretto le aziende a una serie di sforzi per fronteggiare gli inevitabili aumenti in termini di costi di produzione e di prezzo del prodotto a scaffale.
Commercio turismo e ristorazione rischiano di vedersi triplicare le bollette
Il prezzo del gas, quello più esposto alla crisi degli ultimi mesi – prosegue la nota - a inizio febbraio era intorno a 80 euro per megawattora, per salire a 120 euro il giorno dell’inizio del conflitto e toccare, in questi ultimi giorni, punte anche superiori a 170 euro, livelli incomparabili con i 25 euro di un anno fa. Analoghi andamenti si registrano per l’elettricità i cui prezzi continuano ad oscillare sui valori record già toccati brevemente qualche settimana fa. Questi gli scenari ipotizzati nello studio.
Primo scenario: nel caso di stabilizzazione dell’attuale situazione, con un prolungarsi della guerra, ma senza interruzione delle esportazioni di gas, la spesa per queste imprese sarebbe pari a 19,9 miliardi, 8,6 in più rispetto a quanto stimato per il 2021. Questo scenario è basato sulla stabilizzazione dei prezzi e delle tariffe sui valori già raggiunti ad inizio 2022, con i pesanti adeguamenti delle bollette già decisi a fine dicembre 2021.
Secondo scenario: nel caso di interruzioni delle esportazioni di gas dalla Russia, o per danni bellici, o per sanzioni economiche, i prezzi sui mercati internazionali avrebbero aumenti molto più marcati con riflessi sulle tariffe del gas e dell’elettricità che salirebbero almeno del 50%. Ciò farebbe schizzare la bolletta energetica delle imprese a 29,9 miliardi , quasi tre volte il livello del 2021 e 10 miliardi di euro in più rispetto al già alto esborso stimato per il primo scenario.
Terzo scenario: nel caso di auspicabile rientro dello scontro bellico e con un accordo duraturo di cessate il fuoco, i prezzi scenderebbero in maniera significativa, di almeno il 40%, e ciò porterebbe la spesa del settore di nuovo verso valori più normali, non distanti da quelli del 2021, intorno ai 12 miliardi (8 in meno rispetto a quanto stimato per il 2022 in caso rimanessero gli alti prezzi di inizio anno).
Anche per l'Unone pastai il caro energia sta mettendo in ginocchio le aziende
Anche il settore della pasta, che conta 120 aziende, molte di tradizione centenaria, che danno lavoro a oltre 10.000 persone, sta infatti attraversando una crisi senza precedenti, come rivela l'Unione pastai. «Il prezzo del grano duro è stabile da qualche settimana, ma viene da un aumento dell’80% negli ultimi 12 mesi per l’effetto combinato dei cambiamenti climatici, della speculazione internazionale e della corsa all’accumulo di beni essenziali da parte di alcuni Stati - ha commentato l'associazione - Senza contare che al rincaro delle materie prime si sono accompagnati, negli ultimi 6 mesi, aumenti dei costi di energia (con un’inflazione in UE sugli energetici di oltre il 28% da inizio anno), petrolio (ai massimi dal 2014) e materiali da imballaggio, che ha costretto le aziende a una serie di sforzi per fronteggiare gli inevitabili aumenti in termini di costi di produzione e di prezzo del prodotto a scaffale».
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«Le vicende belliche di questi giorni dimostrano l’errore di non aver diversificato le nostre fonti di energia e i nostri fornitori negli ultimi decenni - ha dichiarato Confcommercio - In Italia, la produzione di gas è stata ridotta da 17 miliardi di metri cubi all’anno nel 2000 a circa 3 miliardi di metri cubi nel 2020 a fronte di un consumo nazionale che è rimasto costante tra i 70 e i 90 miliardi circa di metri cubi. Bisogna procedere spediti sul fronte della diversificazione, per superare quanto prima la vulnerabilità del nostro Paese ed evitare il rischio di crisi future».
Servono interventi urgenti
Al di là del conflitto tra Russia ed Ucraina, per Confindustria resta quindi confermata la necessità di interventi in grado di bilanciare adeguatamente l’impatto dei rincari in bolletta e di risolvere strutturalmente i nodi che attanagliano il nostro sistema energetico. «Le misure adottate recentemente dal Governo vanno nella giusta direzione, ma non sono ancora sufficienti - prosegue la nota - Serve un piano d’azione più ampio e strutturale per contenere l’eccessiva dipendenza della provvista energetica del Paese dalle forniture estere, abbattere il peso degli oneri generali di sistema, che hanno un costo stimato di quasi 17 miliardi per il 2022 che ricade su famiglie e imprese, e agire per il riordino della fiscalità energetica: dalla riduzione dal 22% al 10% dell’Iva sui consumi elettrici delle imprese del terziario di mercato - allineandola così a quella attualmente prevista per gli altri settori produttivi e per le famiglie - all’esclusione degli oneri generali di sistema dall’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto ed alla riduzione delle accise».
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Alberto Lupini
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