Un G7 del riso a difesa della filiera «In Europa dobbiamo agire uniti»

21 febbraio 2017 | 16:36
di Andrea Radic
I Paesi europei produttori di riso (Italia, Spagna, Portogallo, Grecia, Francia, Bulgaria e Ungheria) si sono incontrati a Milano per condividere una piattaforma comune che è stata presentata ai ministeri dell’Agricoltura dei rispettivi Paesi (per l’Italia era presente Felice Assenza, direttore generale del ministero delle Politiche agricole). Obiettivo finale è l'apertura di un tavolo con la Commissione europea per la revisione delle norme vigenti sulla importazione di riso dagli Stati extra-comunitari.

La produzione europea di riso ammonta a 1,8 milioni di tonnellate annue per un fatturato annuo di circa 3 miliardi di euro. L’Italia è il maggior produttore di riso con i suoi 234mila ettari coltivati a riso, 4.265 aziende risicole, 100 industrie risiere, per un fatturato annuo totale di 1 miliardo di euro.



La filiera europea del riso protesta contro l'abolizione dei dazi sulla importazione di riso dai Paesi meno avanzati - Pma (come Cambogia, Myanmar ed altri) varata dalla Commissione europea nel 2009. Questa liberalizzazione ha portato ad una invasione di riso asiatico che ha determinato una grave riduzione della produzione europea di riso Indica ed al calo delle quotazioni di mercato. Oggi il consumo Ue di riso è coperto per il 50% da prodotto di importazione che per i 2/3 non paga i dazi di importazione.

Le rappresentanze dei produttori e dei trasformatori di riso chiedono alla Commissione europea:
  • Il riconoscimento effettivo della qualifica di “sensibilità” del comparto riso, che consentirebbe di non applicare concessioni alle importazioni di riso da Paesi extra comunitari;
  • La rimozione degli ostacoli, veri o presunti, che impediscono l’effettiva applicazione della “clausola di salvaguardia” nei confronti delle importazioni dai Paesi meno avanzati;
  • La fissazione di regole reciproche sia tra gli Stati membri dell’Ue e i Paesi terzi, sia in ambito fitosanitario sia in ambito commerciale, per favorire un mercato trasparente nel rispetto dei diritti sociali e dei lavoratori;
  • Il mantenimento della qualifica di “specificità” del settore riso nell’ambito della prossima pianificazione della Politica agricola comune;
  • L’attuazione di campagne promozionali finanziate con fondi comunitari per incrementare il consumo di riso coltivato nell’Unione europea;

Costretti a sopperire alle mancanze politiche del passato e del presente, si è giunti ad un documento congiunto per sollecitare i governi.



«La difesa che ci attendevamo non c'è stata. Il gruppo dei produttori di riso - hanno affermato i rappresentati italiani e spagnoli durante la conferenza stampa - non si è costituito a livello governativo, ci auguriamo che questa azione favorisca la giusta presa di posizione. Va rivista la clausola di salvaguardia per il riso europeo, l'importazione di riso in Europa dalla Cambogia e altri Paesi come la Tailandia, toglie quote di mercato all'esportazione di riso italiano. L'Europa è più organizzata per importare che per difendere la produzione interna e questo è sbagliato».

Presenti a Milano Paolo Carrà, presidente Ente nazionale Risi, e il direttore generale Roberto Magnaghi, Giuseppe Ferrari rappresentante delle organizzazioni sindacali risicole a Bruxelles e Salvador Loring, rappresentante per le analoghe associazioni spagnole.

«Ieri alle stelline si è tenuto il G7 del riso con sette paesi Unione Europea: Bulgaria, Francia, Grecia, Ungheria, Portogallo, Spagna e Italia. Pur essendo italiani e in prima linea per la difesa del nostro riso, notiamo poca collaborazione in Europa», ha affermato il presidente Ente nazionale Risi Paolo Carrà, che ha aggiunto: «Si è vincenti in Europa se c'è unione, quindi consapevolezza dei rappresentati di ciò che accade all'interno del comparto. Il riso va visto come coltivazione sensibile, per lo stretto rapporto con il territorio dovuta all'irrigazione. Nel Delta del Po, il cuneo salino non risale a monte e fa si che i terreni siano fertili per altre coltivazioni. Se non dovesse più essere coltivato il riso, anche le altre coltivazioni ne sarebbero molto danneggiate. Serve quindi analizzare il problema dal punto di vista politico, tecnicamente tutto è stato fatto».


Paolo Carrà

«Sfatiamo il mito - aggiunge Carrà - che nel mondo viga il libero scambio. Dalla Cina agli Stati Uniti esistono regole e barriere di natura tecnica, fitosanitaria, che rallentano l'export dall'Europa e dall'Italia, un Paese che esporta il 70% ma necessita di reciprocità a livello europeo nelle regole del commercio. Chiediamo inoltre delle campagne di promozione istituzionali per il consumo di riso europeo che va considerato come un prodotto diverso e particolare».

Il problema fu già sollevato nel 2014 elencando i problemi che Bruxelles ha sempre sottovalutato. La commissione può revisionare il regolamento 972 presentando una relazione sugli effetti dell'importazione dai Paesi extra europei. Salvador Loring presidente dell'Uniade - Associazione riserie spagnole ha commentato: «Rappresento a Bruxelles le riserie europee e parlo con gli agricoltori. In Europa non c'è un altro Ente Risi come quello italiano e ammiro il lavoro che compie. I Paesi mediterranei in Europa sono sette e devono unirsi per avere più forza. Ogni Paese risolve poi i propri problemi, ma i problemi comuni vanno risolti insieme. L'Europa non ha una strategia alimentare come hanno Stati Uniti e Cina e altre regioni del mondo. Serve una strategia alimentare e mettere limiti sotto i quali non andare per le produzioni europee».

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Alberto Lupini


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