La “fuga” da ristorazione e accoglienza: “Una vita di sacrifici per uno stipendio normale”

Abbiamo parlato della carenza di personale nel turismo con Ezio Indiani, general manager dell'Hotel Principe di Savoia di Milano. “Il nostro albergo è una realtà privilegiata: abbiamo la stessa brigata che avevamo prima della pandemia. In che modo? Facendo squadra e valorizzando le professionalità di tutti”

09 maggio 2022 | 05:00
di Gianluca Pirovano

Ezio Indiani, oltre ad aver vinto il Premio Italia a Tavola nella categoria "Sala e Hotel", è general manager dell'Hotel Principe di Savoia di Milano, cinque stelle della Dorchester Collection e uno dei più iconici alberghi italiani. Non solo, Indiani è stato anche fino a marzo presidente dell'Ehma Europa (European Hotel Managers Association), sostituito poi da Panos Almyrantis, già vice presidente Ehma e general manager del Grand Hyatt Hotel di Atene

Insomma, in pochi come lui possono aiutarci a cercare di andare al cuore del problema dell'assenza di personale nel mondo della ristorazione e dell'accoglienza. Gli abbiamo quindi fatto qualche domanda, in quello che è il quindicesimo approfondimento dell'inchiesta che Italia a Tavola sta portando avanti da due settimane. 

Carenza di personale: il punto di vista di Ezio Indiani 

Il problema esiste ed è evidente. Lei come se lo spiega? 
Io penso che principalmente molte persone non vogliano più lavorare la sera, nei weekend, durante le festività e così via. Una vita sregolata per uno stipendio normale. Non c'è qualcosa in più per i sacrifici fatti, così entra nel settore soltanto chi è veramente appassionato. Questo però non basta...

Ma la pandemia ha in qualche modo inciso?
Il trend già esisteva, il Covid non ha fatto altro che accentuarlo. Mentre prima per trovare una figura serviva un mese, ora ne servono tre e a volte nemmeno sono sufficienti. 

 

 

Avete lo stesso problema al Principe di Savoia? 
La nostra in questo senso è una realtà privilegiata, dove ancora non abbiamo grossi problemi. Questo non significa che per le figure più specializzate non si faccia fatica, però non siamo al livello di tanti colleghi che non riescono a trovare nessuno. Certo, dietro c'è un lavoro importante da parte nostra... 

Ce lo racconti...
Durante il periodo della pandemia abbiamo retribuito al 100% tutto il nostro personale, integrando la cassa integrazione. Abbiamo avviato molti programmi di formazione e attività sociali, creando un gruppo di persone fidelizzate. Il risultato? Abbiamo la stessa brigata che avevamo prima del Covid. Non abbiamo perso personale e non siamo quindi andati in difficoltà come accaduto altrove. 

È questa una delle soluzioni? 
Credo di sì: dobbiamo essere più vicini al personale, creare una squadra ed evitare divisioni. È fondamentale il coinvolgimento di tutti i dipendenti e la valorizzazione delle loro professionalità. Uno sviluppo su tutti i livelli fa sì che il personale resti. 

Questa è una soluzione interna, a livello più ampio cosa si può fare? 
Serve da parte di tutti uno sforzo per valorizzare il lavoro nell'accoglienza. Serve impegnarsi per nobilitare la nostra professione, che oggi viene vista molto spesso come l'ultima spiaggia.

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