Francesco Cerea, la mia vita ''Fuori dal ristorante''

Uscito lo scorso 30 novembre, è il libro scritto dal responsabile della ristorazione esterna del celebre “Da Vittorio”, tre stelle Michelin a Brusaporto: «Un bilancio personale fatto in un momento buio della mia vita»

03 dicembre 2021 | 12:59
di Luca Bassi

Quello di Francesco Cerea, responsabile della ristorazione esterna del celebre ristorante Da Vittorio, tre stelle Michelin di Brusaporto (Bg), non è il solito libro di cucina (uscito il 30 novembre nelle librerie di tutta Italia). Non ci sono ricette, spiegazioni del mestiere, riferimenti alle tradizioni o cose simili. È senza dubbio una raccolta di riflessioni e aneddoti sul mondo della ristorazione esterna, ma “Fuori dal Ristorante” – questo il titolo del libro scritto con la giornalista Martina Maltagliati ed edito Mondadori - è soprattutto un diario intimo, dove Francesco Cerea, 55 anni, riannoda i ricordi personali e traccia un bilancio di quanto costruito e raccolto in questi anni di lavoro insieme ai genitori e ai fratelli.


La vita fuori dal ristorante

«Ho voluto parlare della mia vita fuori dalle cucine e fuori dal ristorante - spiega Cerea - Il libro racconta del mio lavoro di ristorazione esterna. Lo stimolo per scriverlo è arrivato dalla pandemia: quei tempi di chiusure e di distanziamento sono stati un periodo buio della mia vita, ma paradossalmente mi hanno aiutato a far uscire alcune parti di me che non riuscivo a tirare fuori. Il Covid ha rappresentato per me un’occasione di riflessione su quello che avevo fatto fino a quel momento della mia vita, una sorta di bilancio personale. E vi posso assicurare che ho scritto tutto quello che avevo in testa».

 


Un omaggio alla famiglia

“Fuori dal ristorante” è anche un omaggio a quel nucleo familiare che rappresenta una delle dinastie gastronomiche più importanti del nostro Paese: mamma Bruna che, dopo la morte del patriarca Vittorio, ha saputo sostenere la seconda generazione Cerea, permettendole di raggiungere i traguardi oggi celebrati a livello mondiale; i fratelli Chicco e Bobo, gli executive chef che hanno portato il ristorante alla conquista della terza stella nel 2009 e che aggiungono nuova visione a ogni progetto che si sviluppa; le sorelle Barbara e Rossella, capaci di gestire il gruppo Da Vittorio e le sue diverse emanazioni con pugno di ferro in guanto di velluto; ma anche la variegata costellazione di figli, nipoti, mogli, mariti, dipendenti e collaboratori, che ogni giorno contribuiscono a renderlo possibile. A loro Francesco, attraverso le pagine di questa pubblicazione, dedica pensieri pieni di affetto, tenerezza, ammirazione, sottolineando quanto davvero solo l’unione faccia la forza, perché ogni componente della famiglia Cerea, senza gli altri, non può dare il meglio.


Dedicato a mamma Bruna

«La spinta decisiva me l’ha data mamma Bruna, è stata lei a dirmi che dovevo scrivere questo libro – continua Cerea - Sono sicuro che stimolerà chiunque deciderà di leggerlo: dentro, oltre a tante mie riflessioni, ci ho voluto mettere anche diversi episodi che sono realmente accaduti in questi anni di carriera, partendo da quando ho avuto l’onore di servire un certo Barack Obama e una certa Regina Elisabetta. Io ogni volta che prendo in mano questo libro e rileggo qualche passaggio di quel che ho scritto sento una profonda soddisfazione».


A me non piace vincere facile…

«Dentro il ristorante ti senti un leone. Giochi in casa, dove nulla può andare storto. Ma a me vincere facile non è mai piaciuto, e nella ristorazione esterna se vinci è solo dopo aver calcolato e affrontato innumerevoli difficoltà»: Francesco Cerea sintetizza così, tra le pagine del libro, cosa voglia dire creare, gestire e lavorare a uno dei memorabili eventi firmati Da Vittorio “fuori dal ristorante”.


Noi facciamo un lavoro esterno spesso difficilissimo per le tante vicissitudini che incontriamo: location impossibili, maltempo, spostamenti. Chi ci guarda da cliente – spiega Cerea - pensa che sia tutto bello e facile. Ma io dico sempre che il nostro lavoro è come un film, con la differenza che chi registra un film ha la possibilità di rifare la scena decine e decine di volte finché non è pienamente soddisfatto. Noi non abbiamo questa fortuna: dev’essere sempre buona la prima. C’è un problema? Lo dobbiamo risolvere in pochi secondi. Per questo, per me, è sempre una vittoria quando portiamo a compimento un lavoro di banchettistica».

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Alberto Lupini


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