Le bollette schizzate alle stelle e il caro delle materie prime, su tutti quello del grano, causato anche dalla recente crisi politica tra Russia e Ucraina, stanno mettendo in seria difficoltà tutto il settore alimentare legato alle farine e alla pasta. Con l’inizio di questo nuovo anno, ben forti però gli early warnings (i segnali precoci) già percettibili dallo scorso ottobre 2021, pizzaioli e ristoratori si trovano al cospetto di rincari che arrivano a toccare il 300% sugli importi delle utenze luce e gas. A cosa è dovuto questo rincaro ? A un aumento dei prezzi delle forniture dovuto alla difficile congiuntura economica internazionale. Della serie... è così, dobbiamo crederci per forza, ci piaccia o meno (ed è ovvio che non ci piace !) e sottostare. Questi fortissimi rincari di energia e materie prime (l’un rincaro sospinge gli altri) che stanno emergendo in queste settimane in Italia colpiscono il sistema ristorativo, pizzerie incluse, mettendone ulteriormente in difficoltà i bilanci. Il Governo ha promesso sostegni nel decreto Ristori ter, che però paiono già insufficenti. Il costo di una pizza, persino quello di una semplice margherita, che a Napoli, nella sua culla, prima del Covid era di 4,5 euro, adesso è destinato drasticamente a salire rompendo quindi un simbolico tabù. Ma i pizzaioli resistono; la pizza è un piatto povero e come tale dovrebbe rimanere, altrimenti i clienti inevitabilmente scapperanno.
Il prezzo finale dipende dai costi, lo spiega anche la matematica
Se è vero, ed è vero, che tutto ciò che è reale è esprimibile in numeri (perentoria affermazione pitagorica), allora tutto quanto di preoccupante e quasi tragico relativo ai rincari di tante componenti dell’esercizio commerciale, pizzerie e ristoranti innanzitutto, è riconducibile alla diseguaglianza r/c > 1.
Tutto qui! L’intrapresa ha suo percorso volto al suo vivere (non mero sopravvivere) ed al suo conseguimento di utile onde remunerare la proprietà ed indurla ad investire, quando si verifica costantemente la situazione in cui i ricavi (r), rapportati ai costi (c) danno un numero maggiore di 1. Il numeratore deve esprimere un valore numerico maggiore del valore numerico espresso dal denominatore. Insomma, a dirla proprio semplice: il totale dei ricavi deve essere maggiore del totale dei costi. Occhio alla parola “totale”. Ci torneremo in chiusura!
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Caro materie prime: «Godetevi la ristorazione, a breve ci sarà solo nei ricordi»
Un pizzaiolo famoso, Simone Padoan, parlando della sua pizzeria Ai Tigli di San Bonifacio (Vr), ha stimato per l’anno corrente un rincaro complessivo di oltre 14mila euro l'anno, di sola bolletta dell’elettricità . «Godetevi la ristorazione, perché a breve esisterà solo nei ricordi. I costi rendono proibitivi i prezzi ha scritto sul suo canale social mostrando la bolletta ricevuta. Una vision apocalittica che però non condividiamo.
Sono saliti drasticamente zucchero, oli, e grano
Nello specifico dell’arte bianca, da fonte Aibi, l’Associazione Italiana Bakery Ingredients aderente ad Assitol, nell’ultimo anno il grano ha registrato un incremento del 41%, lo zucchero del 50%, mentre gli oli vegetali sono lievitati del 60%. Lo stesso melasso da zucchero, materia base per il lievito, ha visto triplicare il suo costo. I prezzi dei prodotti lattiero-caseari sono cresciuti del 17% circa e quelli della carne del 13% circa. I prezzi delle materie prime alimentari hanno raggiunto complessivamente a livello mondiale il massimo da dieci anni. Secondo le rilevazioni della Fao nell’ultimo anno i prezzi dei prodotti alimentari hanno subito un incremento del 28% circa.
Tante le colpe del caro prezzi, dal clima ai maggiori consumi della Cina
A influenzare negativamente le quotazioni delle commodities alimentari, il complicato andamento meteorologico dell’ultimo anno, che ha registrato pesanti gelate in Russia, il più importante produttore di grano, il caldo fuori noma e gli incendi in Canada, altro importante fornitore di cereali, e la siccità in India e Brasile, massimi produttori di zucchero. Questo complesso di episodi estremi ha causato il calo delle produzioni ed acuito ancora di più le difficoltà di approvvigionamento, legate alla ripresa tumultuosa dell’economia negli ultimi mesi. La Cina nel corrente primo semestre 2022 sta accaparrandosi il 69% delle riserve mondiali di mais per l’alimentazione del bestiame, il 60% del riso e il 51% di grano alla base dell’alimentazione umana. Il suo “shopping” è world wide. Anche ciò comporta forti aumenti dei prezzi in tutto il pianeta e probabili sciagurate carestie. Sui prodotti da forno, si fanno sentire anche gli aumenti di alluminio e carta, soprattutto ora che il packaging sta virando verso soluzioni più sostenibili.
Sale pure il costo dei vini e del caffè
E siccome quando si va al ristorante, quando si va in pizzeria, non è che ci neghiamo il calice di vino e, a fine pasto, la tazzina di caffè, non è che non concorrono a tinteggiare di fosco lo scenario anche gli aumenti del vino e da caffè. Il boom di rincari, secondo l’analisi di Unione Italiana Vini, influisce nell’ordine del 30% sul prodotto finito. I costi alle stelle riguardano tutto: dal vetro alle etichette, dai cartoni alle chiusure delle bottiglie, dai trasporti (con le tariffe per i container che sono lievitate del 400%) all’energia elettrica. Il tutto mentre sale anche il prezzo medio del vino (fino a +40%) a causa di una vendemmia caratterizzata dai bassi volumi e, quindi, da prezzi al listino più alti. Le quotazioni del caffè arabica sono aumentate dell’80%, quelle del robusta sono salite del 70% lo scorso anno. A questo quadro, si aggiunge, giova ribadirlo, l’aumento dell’energia, una delle variabili più importanti che pesano sul settore. Insomma, è un dato certo: quel dannato quanto delicato denominatore, la “c” di costi, sta pericolosamente incrementando il suo valore.
C’è anche l’energia che ci ha messo lo zampino
L’inflazione e il carovita, i cui correlati effetti diverranno evidenti in prossimità della Pasqua, costringeranno le famiglie, a prescindere dai nuovi prezzi che la ristorazione si vedrà costretta a praticare, a diminuire la frequentazione di ristoranti e pizzerie. Pensiamoci bene, è la cosiddetta tempesta perfetta. Io consumatore dirado le mie visite al ristorante e in pizzeria. Io ristoratore nell’aumentare i listini mi aspetto di per sé un minor numero complessivo di clienti e questi clienti (il cerchio si chiude) avrebbero comunque già diradato le loro presenza, a prescindere dagli aumenti che devo praticare. Ciò mi costringe a tenere a casa parte del personale. Costoro, nel vedersi ridotto il loro potere di acquisto, tenderanno a consumare di meno. E' la tempesta perfetta.
La parola ai pizzaioli
Ne sortisce un quadro sconfortante, generalizzato in tutto il Paese. Sentiamo Anita Acciaio, patronne della pizzeria “Capperi che Pizza !” di Milano: “In questo mese di gennaio, Milano è bloccata. Si muove ben poco. I clienti non escono per paura del Covid e in alcuni casi preferiscono la delivery oppure l’asporto – ha spiegato - Credo che la paura sia legata ad una eventuale quarantena in caso di contatto con soggetto positivo più che alla malattia di per sè. Lo scenario attuale non è dei migliori! Lo scorso martedì, per darti un numero, sono entrate in tutta la giornata 30 persone. A gennaio 2020, prima della pandemia, la situazione era ben differente».
Napoli sta cercando di resistere per non aumentare i prezzi
E da Milano a Napoli, precisamente a Mergellina per ascoltare l’opinione di Ciro Salvo, patron di “50 Kalò”: «Per il momento ci tocca mettere in conto una riduzione dei margini a causa dell’aumento dei costi; pertanto, per il 2022 avremo un utile minore. Ovviamente chi fa grossi fatturati corre meno rischi, le piccole aziende rischiano tanto – ha spiegato - Aumentare i prezzi potrebbe non essere la soluzione giusta, in una situazione di aumenti generali che comunque stanno colpendo anche le famiglie, potrebbe poi non corrispondere con un aumento degli incassi, e rivelarsi un boomerang. Io ho scelto di non ritoccare il listino, anche perché la pizza deve restare un prodotto popolare accessibile a tutti».
«La pizza nasce come piatto popolare»
E da Napoli ci si sposta nel Basso Lazio, a Gaeta. Ascoltiamo l’opinione di Giorgio Moffa, patron della pizzeria “Antica Pizzeria Ciro dal 1923”: «La pizza nasce come piatto del popolo e spesso veniva mangiato a pranzo perché doveva bastare tutta una giornata – ha premesso - Poi questa splendida pietanza, alimento principe del popolo, negli anni pian piano è diventata altra cosa. I pizzaioli hanno capito che questa nobile arte che nasce a Napoli è che oggi è Patrimonio Unesco ha portato la pizza in tutti i continenti e in tanti hanno virato su prodotti di eccellenza fatti dai piccoli artigiani che fanno prodotti unici, quali oli, pomodori, formaggi, salumi e altro ancora. E questi prodotti costano tanto. Inoltre, i pizzaioli oggi sono imprenditori. Hanno puntato sulla formazione del personale e anche questo costa. Inoltre le semplici pizzerie con il tavolo di marmo e basta sono scomparse, oggi le pizzerie sono degli autentici locali di lusso ben arredati con vini importanti e alcuni anche bollicine importanti; inoltre oggi in pizzeria puoi mangiare tutto dal pesce e carni pregiate come anche dolci fatti in casa, cosa che alcuni decenni fa era impensabile. Ne consegue che i costi chiaramente sono diversi. Oggi una cucina di una pizzeria è dotata di tutti gli accessori utili e necessari come abbattitori di temperatura, forni elettrici, impianti di cottura all'avanguardia e tutto ciò, con i rincari di luce e gas faranno sì che ne risentiremo tutti nessuno escluso. Già prima le bollette erano salatissime, figuriamoci oggi con il rincaro di fine anno. Gli aumenti purtroppo ci saranno e sono purtroppo prevedibili e quindi pur non condividendo questo scellerato aumento che metterà tanti di noi in ginocchio, dovremmo per forza di cosa riguardare i prezzi delle pizze e dei piatti. Duole dirlo, ma sarà inevitabile».
Il parere del maestro Gino Sorbillo
Il napoletano Gino Sorbillo uno dei maestri pizzaioli più famosi al mondo, mette in guardia dalla speculazione che può sortire da questa onda anche mediatica che si sviluppa intorno ai rincari. Teme che possano esserci produttori che se ne approfittano per aumentare i loro listini in maniera inopportuna, scorretta e tutto sommato anche poco lungimirante. Difatti, fa notare argutamente Sorbillo, questo agire dei produttori e questa situazione in generale, dovrà spronare i ristoratori ed i pizzaioli a porsi alla ricerca di nuovi fornitori e di nuovi canali di approvvigionamento.
Quanto afferma Gino Sorbillo è specchio della situazione che tratteggia Giuseppe Acciaio, titolare della Gma Specialità, selezionatore e distributore di materie prime, specializzato per forniture alle pizzerie gourmet: «Già parte del 2021 ha creato non pochi problemi all’economia delle pizzerie per via degli aumenti incontrollati che non si verificavano da decenni – ha spiegato - Problema principale il balzo del prezzo delle farine, che partito nel 2021, continua a crescere ancora nel 2022, attestandosi ad oggi a un +25%. Da ottobre 2021, i pomodori di qualità vedono aumenti del 20% circa a causa dell’incremento del costo delle latte. Gli oli e i latticini freschi aumentano del 10%. Salumi e prodotti ittici patiscono aumenti tra il 10% e il 15%. Raddoppio per elettricità, gas , imballaggi e trasporti. Tutto ciò ha fatto sì che il costo della pizza sia raddoppiato».
Grido di allarme da Caserta
Proviene da Caserta il grido di allarme di Giuseppe Russo, patron della pizzeria “Sunrise” e Presidente di Fipe Confcommercio Caserta: «Stiamo assistendo ad una ecatombe per i pubblici esercizi, stretti ormai tra il lockdown di fatto che c’è oggi, l’immobilismo del governo che ha dato molliche in quest’ultimo decreto ristori e gli aumenti assurdi dell’energia elettrica e delle materie prime come farina, latticini e per giunta anche la semola da utilizzare per stendere la pizza – ha spiegato - Continuando così i rincari sono quasi un obbligo partendo dalla semplice Margherita che aumenterà tra i 50 centesimi e un euro. Ma con le famiglie che hanno sempre lo stesso stipendio e devono sostenere aumenti di benzina, utenze, e spesa al supermercato, la direzione è una sola, la stasi dell’economia e la morte di forse il 70% delle attività del commercio attuali. Ci vogliono aiuti veri e concreti che tocchino le necessità di famiglie e imprese per evitare che tutto ciò accada».
I pizzaioli si ingegnano a contenere i costi
Si resta in Campania, a Macerata Campania (Ce) per ascoltare l’opinione di Luca Doro, patron della pizzeria “Doro Gourmet”: «Negli ultimi mesi è aumentato davvero tutto per noi pizzaioli, dalla energia elettrica alla farina, dai prodotti comuni a quelli più di nicchia. Ho dovuto ritoccare al rialzo alcune pizze più innovative ed elaborate, facendo uno sforzo importante per contenere i costi di quelle più popolari e tradizionali. Il tutto però senza abbassare il livello qualitativo e puntando ancora di più sulla filiera corta e la rete di produttori locali con cui fare squadra, non solo rapporti di fornitura».
Dall'Alto Adige: «Solo chi resterà in piedi resisterà»
E il pensiero forte di “rincaro porta rincaro”, sorta di cruento circolo vizioso è in dote anche di Marzia Buzzanca patronne dell’Hofstätter Garten di Termeno (Bz) «Orami i rincari sono diventati un domino, uno porta dietro l’altro. Il finale sarà che resterà in piedi chi resisterà. Se non si prendono provvedimenti la ristorazione ed altre piccole imprese moriranno».
«Aumentare i prezzi non porta benefici»
Concludiamo questa survey a Napoli, città emblematica delle pizzerie, con Massimo Di Porzio, patron del ristorante-pizzeria “Umberto” nonché Presidente Regionale Fipe Confcommercio Campania: «Una situazione difficilissima, perché alla mancanza di clienti dovuti alla ripresa della pandemia e alla crisi economica, si è aggiunto un incremento considerevole dei costi di gestione, dalle utenze alle materie prime – ha spiegato - Quello che incide maggiormente comunque è il costo dell'energia e del gas, che già normalmente hanno un impatto considerevole sui costi di un pubblico esercizio L’aumento si aggira intorno al 100/120 percento. Ciò vuol dire che un’utenza che pagava 1.800 euro di energia al mese, adesso arriva anche a 4.000 euro. Chiaramente insostenibile, in questo momento. Soprattutto se si aggiungono gli incrementi dei prezzi delle materie prime, dalla farina, alla mozzarella, alla carne, al pesce. Certamente ci sarà un adeguamento dei prezzi, ma io ricordo sempre che il ricavo è dato dal prodotto tra prezzo e quantità... Quindi aumentare i prezzi, diminuendo i clienti, non porta benefici».
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La situazione è più che seria, è grave
La situazione è grave. E non ce la sentiamo proprio di citare Flaiano con il suo impietoso aforisma: «la situazione è grave ma non seria». No, nella circostanza, la situazione è grave e seria. Ma, attenzione, essa non è senza via di uscita. Non è apocalittica. La ristorazione, pizzerie incluse, non è, complessivamente intesa, in stato preagonico. Analizziamo alcuni elementi, facendo tesoro delle autorevoli opinioni degli attori intervistati. Nessuno ha intravisto come antidoto all’aumento dei prezzi dei prodotti concorrenti alla manifattura della pizza, il ricorso a prodotti di minor prezzo e di qualità mediocre. Insomma, il concetto di standing qualitativo dal quale non retrocedere è fortemente introitato e diviene il comune sentire dei pizzaioli.
Evidentemente, se essi tengono fermo questo punto è perché sanno che solo così l’offerta si mantiene adeguata alla domanda. Alla domanda di italianità, di made in Italy nel piatto, da parte dei consumatori.
Servono filiere virtuose per resistere
Ergo, qui non si tratta tanto di chiedere aiuti che poi si risolvono in elemosine, quei ristori divenuti melanconicamente famosi in epoca di lockdown. Qui si tratta di saper chiedere ai governanti, di sapere e volere investire sull’agroalimentare nazionale. Solo se il nostro agroalimentare saprà continuare ad offrire produzioni di qualità, realizzando rapporti di filiera virtuosi, sapremo tollerare, dopo avere smascherato i “furbetti dei rincari” un trasferimento parziale dell’incremento dei costi sui listini dei prezzi. Ancora di più, mai come in questa fase, si tratta di essere tutti insieme, offerta e domanda, fautori della permanenza e della valorizzazione ulteriore del made in Italy. Lo strumento c’è.
Lo strumento di salvezza è il Piano nazionale di ripresa e resilienza?
È il Pnrr, che purtroppo rimane ancora l’oggetto misterioso. Eppure, i fondi ci sono e impattano sulla ricerca delle nuove tecnologie in agricoltura, sul miglioramento della catena logistica, sulle energie rinnovabili. Ma sapremo utilizzare e mettere a frutto quanto il Pnrr può rendere disponibile? Si tratta di saper rispondere con approccio sistematico e con visione strategica al problema dei rincari. Chiedendo l’aiutino, il pannicello caldo, ci si garantisce la grama sopravvivenza nel termine breve, non il benessere economico e sociale nel termine medio.
Torniamo a questa “C” del denominatore.
Siccome il suo valore numerico si sta elevando, e questa cosa è nociva se non letale, allora si tratta di sventare questo aumento e laddove possibile, addirittura decrementarlo. Si tratta di agire su quelle leve che in genere non si adoperano quando la situazione è sufficientemente tranquilla per non dire florida. Facciamo scouting a sufficienza sui costi di acquisto e di approvvigionamento? In questo caso non solo del food ma anche, per non dire soprattutto, del non food. Per decenni abbiamo parlato di km zero (!), ma ci si rende conto che la questione vera è l’anello zero? Ove per anello vuole intendersi quello che dannosamente lasciamo si inserisca tra noi compratori e i produttori. Ancora intermediari? Con la rete che avvicina e mette in conoscenza reciproca chi produce e chi consuma quei prodotti, perché consentire ancora la presenza non più essenziale dei gangli di intermediazione?
Comprare costa. Saper comprare abbassa questo costo
Abbiamo provato a fare “coopetition” di vicinato? Cosa significa?!? Significa che, finalmente, il ristoratore a me vicino non è un competitor, bensì un collega. E se con costui condividessi alcuni approvvigionamenti? Ce ne avvantaggeremmo entrambi ed entrambi constateremmo un decremento, magari lieve ma comunque significativo, di alcuni costi. Anche pagare, costa. Saper pagare abbassa questo costo. Abbiamo la migliore relazione con le banche?
Ed eccoci ad un paradosso. Possiamo ancora consentirci il lusso di erogare salari bassi e approssimativi al nostro personale? Davvero possiamo consentirci questo spreco? Lo spreco del basso salario. Ovvero tenere costantemente demotivati i collaboratori, di fatto spronandoli a lavorare poco e male e a cercare sempre la via di fuga? E se nella doverosa attenzione ai costi, cominciassimo a riflettere di quanto possa concorrere ad abbassare il costo del lavoro, la formazione del personale e l’adeguamento retributivo, con una parte fissa ed una componente variabile in funzione di prestazione e di conseguimento di obiettivi noti e condivisi?
Il costo della comunicazione. Subdolo per quanto poco si presta all’analisi del beneficio che ne consegue. Ancor prima di chiederci se sappiamo comunicare, ci vogliamo chiedere cosa vogliamo comunicare? Sapremo, finalmente comunicare il “chi siamo”, piuttosto che il “cosa faccio finta di essere” ?
Come gestiamo la nostra “costosa” presenza in rete, sui social !?
Occhio al numeratore, adesso, la “r” che a fronte dell’attuale situazione critica (pandemia inclusa) siamo terrorizzati all’idea che decresca.
Trovare soluzioni alternative al caro materie prime per salvarsi
Siamo certi che stiamo facendo di tutto per incrementare i ricavi? Continuiamo ad erogare “soltanto” i servizi di pranzo e cena ? E magari solo in sala e non, se non svogliatamente, anche delivery e take-away? Vendiamo prodotti a scaffale? Facciamo edutainment? Stiamo aperti rigorosamente solo agli orari del passato: 12:30 – 15:00 e 19:30 – 23:00? Però poi il sabato sera... Ecco, siamo ancora dell’idea che la folla del sabato, ammesso che ancora di folla possiamo parlare, sia di per sé sufficiente a portarci all’utile? Ci ostiniamo ad effettuare ricarichi sul vino dell’ordine di moltiplicato due, ma perché no, anche moltiplicato tre il costo del rigo di fattura? Bene, continueremo a vendere i vini di fascia bassa (e comunque a prezzi esosi), terremo il cash flow negativo e diremo sempre “forse dovrei alzare i prezzi”!!! Continueremo a rifiutarci di accettare l’idea che il cliente, posta l’assenza nella mia wine list, porti da casa il suo vino ? Gli applico solo un costo di servizio (gli stappo la bottiglia, gli fornisco gli appropriati calici e mi assoggetto al rischio di rottura di uno di essi) e, hai visto mai, imparo io qualcosa su quel vino particolare!?
Urgono accorgimenti intelligenti
Arriviamo in fondo. Ma proprio in fondo in fondo, che non significa però sul fondo. Significa, invece, aver riflettuto, esserci posti il “perché no” delle situazioni e aver capito che tutto evolve e che indietro non si torna.
Il costo globale può aumentare a causa dell’incremento di alcune commodities e di alcuni ingredienti. Può aumentare anche perché c’è un aumento del costo delle utilities. Però, se ci si prodiga in accorgimenti resi possibili da acquisito know-how, alcuni costi possono agevolmente decrementarsi.
Uniamo a ciò la potenzialità degli incrementi dei ricavi. Si può ? Certo che si può !!! Sarà facile ? Assolutamente no ! Ci si attrezza e quindi ci si cimenta ? Eh, diremmo proprio di sì. Abbiamo uno stagno poco invitante da perdere, pieno di insidie e di grame soddisfazioni ed abbiamo uno scorrevole ed invitante corso d’acqua da voler navigare ! Sempre, da una minaccia, nascono opportunità.
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Alberto Lupini
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