Da qui alla fine del 2021 bar, ristorante e hotel lasceranno sul terreno circa 34 miliardi di euro in termini di mancata spesa rispetto al 2019. A rivelare il dato è stato Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio nel corso dell’assemblea annuale tenutasi a Roma il 29 settembre. Un dato che restituisce lo stato di realtà del settore: «Forse è finita la crisi, ma non sono purtroppo finiti i sacrifici dei nostri imprenditori. Stiamo sì correndo, ma per tornare al punto di partenza, cioè al 2019», ha affermato Sangalli.
Far ripartire il turismo per recuperare terreno
Punto di partenza che, per il solo settore turistico, significa ritornare ai 115 milioni di turisti registrati nel 2019 di cui 77 milioni provenienti dall’estero. Il recupero significherebbe una riattivazione complessiva di tutto il settore dell’ospitalità: dalla cultura allo sport e all’intrattenimento. Settori del terziario che ancora devono completare il processo di riapertura (come dimostra il caso delle discoteche, ancora chiuse): «Nei primi sei mesi di questo 2021 il terziario di mercato contribuisce alla crescita del valore aggiunto di circa il 38%, nonostante molti settori che lo compongono siano stati chiusi almeno fino a febbraio, e altri lo siano tutt’ora. E, se lo stesso calcolo viene fatto per il solo secondo trimestre, il nostro contributo supera il 53%», ha ricordato Sangalli.
Tre incertezze da superare: riassetti economici, consumi e occupazione
Per sostenere l’impatto benefico di questo valore aggiunto sull’economia nazionale (e quindi sul Pil), sono tre le incertezze da superare per Sangalli. La prima riguarda l’assetto dei settori economici: «Tra il 1995 e il 2019 tutta la crescita occupazionale è da attribuire al terziario di mercato, in particolare al commercio e alla filiera turistica. Se saranno questi i comparti ad uscire più affaticati dalla crisi, sarà davvero complicato migliorare il tasso di crescita del Pil e generare nuovi posti di lavoro di buona qualità», ha affermato il presidente di Confcommercio.
La seconda incertezza riguarda una crescita equilibrata di export, consumi interni (che non torneranno ai livelli pre-crisi prima del 2022) e investimenti.
Infine, la transizione demografica e il tema occupazionale: «Non è pensabile avere un numero così ampio di giovani che oggi non studiano, non lavorano e non sono in un percorso di formazione. Sono oltre due milioni», ha ricordato Sangalli. Un tema quest’ultimo che richiama gli sos lanciati dalle riaperture di aprile in poi e che Italia a Tavola ha monitorato costantemente arrivando fin dentro le scuole alberghiere.
No al salario minimo per legge
Situazione, quella occupazionale, che tuttavia secondo Sangalli non può passare attraverso l’istituzione di un salario minimo per legge. Piuttosto servirebbe «un circuito virtuoso intorno al quale fare convergere gli impegni di parte pubblica e delle parti sociali: produttività, crescita e crescita dei redditi da lavoro. Questo il patto che occorre per mettere al centro dell’agenda politica misure e risorse da mobilitare per affrontare le sfide dell’innovazione e della sostenibilità».
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Evitare l'aumento delle tasse
L’altro grande “no” è arrivato sul tema fiscale: «No a nuove tasse perché in questa stagione lo Stato deve dare e non prendere. Abbiamo bisogno di meno imposte e più semplici. Aliquote contenute e ampie basi imponibili determinano anche meno occasioni di evasione ed elusione», ha affermato Sangalli. Da recuperare, infatti, ci sono oltre 100 miliardi di euro di gettito fiscale che oggi non rientra nelle casse dello Stato.
L'incubo dell'inflazione: l'aumento previsto nel 2022 rischia di cancellare il recupero
Una riflessione a parte merita il tema dell’inflazione. A pochi giorni dall’aumento delle bollette energetiche, che avranno una ripercussione sull’intera filiera dei consumi – a partire dall’agroalimentare – gli italiani potrebbero presto trovarsi di fronte a un generale rincaro dei prezzi. Come sottolineato dall’Ufficio Studi di Confcommercio, infatti, entro fine anno potrebbe registrarsi un aumento del +1,9% del tasso di inflazione dopo anni di sostanziale stagnazione. Tanto che nel 2022, per l’esaurirsi del rimbalzo dopo un anno di recessione, con un Pil in “rallentamento” al +4,3% e una spesa delle famiglie guidata da comportamenti più prudenziali intorno al +3,5%, investimenti dinamici ma in riduzione ed export ancora gravato dalle difficoltà logistiche globali, l’inflazione è ipotizzata in aumento al +3,3%. Un valore che non si riscontrava dall’inizio del 2013.
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Alberto Lupini
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