Prodotti Dop: non si guardi solo ai grandi numeri, ma anche alle piccole realtà

Bisogna consentire loro di emergere e di svolgere un ruolo efficace nel settore. Solo così potrà raggiungere pervasività sul territorio e un impatto sociale ed economico tale da trainare la green economy

15 febbraio 2022 | 16:58
di Vincenzo D’Antonio

La potente efficacia dei numeri: leggere la realtà nella sua veritiera sintesi. La sintesi, appunto, che si rende palese mediante i numeri. Con quell’approssimazione che ci consente di tenere memoria salda dei numeri (numeri = dati), ricorriamo ancora una volta, dal Rapporto Ismea – Qualivita (presentato lunedì 14 febbraio a Roma) attingendo, ai dati sintetici.

I potenti numeri del XIX Rapporto Ismea-Qualivita

  • La Dop economy nel 2020 vale all’incirca 17miliardi di euro
  • In anno pandemico è calata del 2% in valore
  • L’export è stabile a circa 10miliardi di euro
  • Mettendo insieme Cibo e Vino, in Italia i prodotti Dop Igp Stg sono 841 (315 cibo e 526 vino)
  • È del 19% il peso in valore delle Dop Igp sul settore agroalimentare
  • È del 20% il peso export Dop Igp sull’export agroalimentare
  • Sono circa 200mila gli operatori della filiera Dop Igp (agroalimentari e vitivinicoli)
  • Sono 286 i consorzi di tutela riconosciuti dal Mipaaf
  • I formaggi Dop Igp alla produzione valgono circa 4miliardi di euro
  • I salumi circa 2miliardi di euro

In ripartizione geografica il Nord vale circa 12 miliardi di euro, il Centro 2 miliardi circa e Sud e Isole 3 miliardi circa.

I dati del settore alimentare

Ma i dati, si sa, vanno prima attentamente letti e poi vanno argutamente analizzati. Sarà mica un caso che una disciplina emergente ed essenziale ai fini della conduzione dei business sia proprio la big data analysis. Proviamo ad analizzare i dati, partendo dal valore alla produzione (anno 2020) del cibo. I primi due prodotti (due formaggi) Grana Padano Dop e Parmigiano Reggiano Dop da soli valgono il 42% circa dei primi 15 prodotti alimentari. Sul totale di 315, il loro peso scende di poco e arriva al 36%. Il totale dei primi 15 prodotti pesa ben l’86% sull’universo dei 315 prodotti. Ovvero, ben 300 prodotti sono praticamente residuali, arrivando a pesare tutti insieme, appena il 14% del valore alla produzione.

 

 

I formaggi pesano per il 57% della produzione

In termini di categorie, i formaggi da soli, sempre considerando omogeneamente i valori alla produzione dell’anno 2020, pesano il 57% circa. Se ad essi si sommano i prodotti a base di carne (denominiamoli “salumi” sebbene sia termine non proprio esatto), arriviamo all’83% circa. Ovvero, tutte le altre categorie messe insieme pesano appena il 17%. Mentre la categoria formaggi, allorquando ci riferiamo all’export, vale da sola il 53% circa del valore all’export dei cibi. E per restare alla categoria formaggi, il Grana Padano Dop e il Parmigiano Reggiano Dop, valgono il 63% circa del valore alla produzione di tutti i 53 formaggi Dop che abbiamo in Italia. Ergo, ben 51 formaggi Dop pesano solo il 37%. Se poniamo attenzione anche ad altri tre formaggi i cui valori alla produzione sono comunque molto significativi, e parliamo quindi di Mozzarella di Bufala Campana Dop (426 milioni di euro), Gorgonzola Dop (393 milioni di euro) e Pecorino Romano Dop (228 milioni di euro), allora possiamo ben affermare che i restanti 48 formaggi Dop pesano tutti insieme appena il 12% circa.

La situazione dei salumi

Discorso analogo, sebbene con minore accentuazione, lo si vive nella categoria che qui denominiamo salumi. Su 43 prodotti (21 Dop e 22 Igp), i primi 5, che sono Prosciutto di Parma Dop, Prosciutto di San Daniele Dop, Mortadella Bologna Igp, Bresaola della Valtellina Igp, Speck Alto Adige Igp, valgono l’87% del valore alla produzione anno 2020. Quindi, 38 salumi, messi tutti insieme, pesano solo il 13%.

Nei prodotti ortofrutticoli il grosso lo fanno le mele dell’Alto Adige

E cosa dire della categoria ortofrutticoli: ben 118 prodotti Dop (38) e Igp (80), e da sola, la Mela Alto Adige Igp pesa il 31% circa. Tutti gli altri 117 prodotti messi insieme pesano il 69% circa. Se alla Mela Alto Adige Igp aggiungiamo la Mela Val di Non Dop (83 milioni di euro), la Nocciola del Piemonte Igp (40 milioni di euro), il Pomodoro di Pachino Igp (16 milioni di euro) e l’Arancia Rossa di Sicilia Igp (14 milioni di euro), allora lo scenario si capovolge e quel 31% che è il peso della Mela Alto Adige Igp diviene anche il peso dei ben 113 prodotti ortofrutticoli Dop e Igp. 

Pressoché identica la situazione con l’olio extravergine di oliva dove ci sono 49 prodotti (42 Dop e 7 Igp). Da solo il Toscano Igp vale il 32% circa. Quindi i 48 oli messi tutti insieme valgono il 68%. Se aggiungiamo il Terra di Bari Dop (7,1 milioni di euro), Sicilia Igp (5,5 milioni di euro), Val di Mazara Dop (5,5 milioni di euro) e Riviera Ligure Dop (5,3 milioni di euro), allora possiamo affermare che i restanti 44 oli Dop e Igp, tutti insieme pesano appena il 34%.

Insomma, le highlights evidenziano ed enfatizzano le performance dei cibi più importanti, le realtà più significative della Dop economy. È nomale che sia così ed è normale che sia ciò a costituire notizia.

In coda alla classifica ci sono realtà residuali che hanno solo bisogno di emergere

Eppure, ci sia consentito un paragone calcistico, una tantum proviamo a dare sguardo attento alla coda della classifica. Come impattano nella Dop economy quelle numeriche importanti che cubano valori irrisori? Fanno “numero”, giusto per dire che siamo il primo Paese al mondo per numero di Dop e Igp? Sono prodotti che innescano volano virtuoso sui loro territori? Hanno la loro ragione di esistere se poi questi prodotti non li si trova alla Gdo e men che meno nella ristorazione? Quanti consorzi, se ne ha ben donde per affermarlo, de facto non consentono innesco di contatto con la stampa semplicemente perché non rispondono a mail e squilla a vuoto il telefono. Ecco, si tratta di consentire a queste realtà residuali di emergere e di svolgere ruolo vero ed efficace nell’ambito della Dop economy. L’aiuto ha da essere non caritatevole, ma comunque solidale nell’ambito della galassia consortile con il supporto necessario dei preposti organi istituzionali. Solo così la Dop economy, questa brillante realtà che tanto lustro e tanto bene arreca al Paese, può raggiungere quella pervasività sul territorio e conseguentemente a ciò quell’impatto sociale ed economico che la può porre, grazie anche alle misure contenute nel Pnrr, a vettore trainante la nuova economia con le sue connotazioni green.

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Alberto Lupini


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