Fipe: chiusure e aiuti sono una beffa. Offendono 300mila pubblici esercizi

il nuovo blocco inciderà per la Fipe sui già disastrati fatturati: persi 33 miliardi su 86 e i ristori, in media 3mila euro ad azienda, sono inadeguati. Dimenticati alberghi, discoteche e aziende con fatturati alti . Bar e ristoranti vogliono lavorare per garantire il futuro del Paese. Assurda la distinzione tra attività economiche essenziali e non.

19 dicembre 2020 | 16:51
Il contentino dei nuovi ristori alle attività di ristorazione (nei quali però sono stati dimenticati gli alberghi, le aziende di intrattenimento, in particolare le discoteche, chiuse da febbraio ed escluse da qualsiasi ristoro, anche parziale, e le attività con fatturati superiori a 5 milioni, molti dei quali sono catering) è la ciliegina sulla torta, andata a male, delle festività più tristi della storia moderna.

A rimarcare il danno enorme a bar, ristoranti, pizzerie, pub, discoteche e catering, chiamati a raccogliere i cocci di un anno disastroso e abbandonati al loro destino da un governo insensibile agli appelli e alle richieste della categoria, è ancora una volta la Fipe-Confcommercio.


Gli annunciati ristori, in media 3mila euro a azienda, risultano inadeguati e insufficienti

Persi oltre 33 miliardi di fatturato su 86 complessivi
Perché non solo i numeri del contagio fanno paura. Le nuove limitazioni, infatti, incideranno pesantemente sui già disastrati fatturati: persi oltre 33 miliardi su 86 complessivi (-38,38%) e gli annunciati ristori, in media 3mila euro a azienda, risultano inadeguati e insufficienti a compensare singolarmente i danni. Col risultato di disperdere imprese, posti di lavoro e professionalità, fondamentali per due filiere strategiche per il Paese: agroalimentare e turismo.

Provvedimenti che offendono 300mila pubblici esercizi
Questi provvedimenti offendono i 300mila pubblici esercizi italiani, chiusi da una politica che ha perso credibilità e capacità di funzionamento, perché evidentemente considerati attività insicure e irresponsabili, nonostante su 6,5milioni di controlli effettuati sulle attività commerciali, ristorazione compresa, solo lo 0,18% ha subito una sanzione, secondo i dati del ministero degli Interni.

Se il riferimento deve essere il "modello tedesco" più volte invocato per giustificare le misure restrittive, i ristori allora a esso dovrebbero essere ispirati: indennizzo al 75% dei fatturati calcolato sui mesi di novembre e dicembre, riduzione dell'Iva al 5% e tutela degli sfratti, ad esempio.

Salvare i pubblici esercizi per salvare il Paese
I pubblici esercizi italiani vogliono poter continuare a lavorare non per mettere a rischio i cittadini, ma per mettere in sicurezza un patrimonio imprenditoriale e sociale che contribuisce al futuro del Paese e non accettano la fastidiosa distinzione tra attività economiche essenziali e non essenziali, che finisce per oscurare la realtà.

Tutte le imprese sono essenziali quando producono reddito, occupazione e servizi e tutte le attività sono sicure se garantiscono le giuste regole e attuano i protocolli sanitari loro assegnati.

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Alberto Lupini


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