Il
contentino dei nuovi
ristori alle attività di
ristorazione (nei quali però sono stati
dimenticati gli
alberghi, le aziende di
intrattenimento, in particolare le
discoteche, chiuse da febbraio ed escluse da qualsiasi ristoro, anche parziale, e le attività con
fatturati superiori a
5 milioni, molti dei quali sono catering) è la ciliegina sulla torta, andata a male, delle
festività più tristi della storia moderna.
A rimarcare il
danno enorme a
bar,
ristoranti,
pizzerie,
pub, discoteche e
catering, chiamati a raccogliere i cocci di un anno disastroso e
abbandonati al loro destino da un
governo insensibile agli appelli e alle richieste della categoria, è ancora una volta la
Fipe-
Confcommercio.
Gli annunciati ristori, in media 3mila euro a azienda, risultano inadeguati e insufficienti
Persi oltre 33 miliardi di fatturato su 86 complessiviPerché non solo i
numeri del
contagio fanno
paura. Le nuove limitazioni, infatti, incideranno pesantemente sui già disastrati
fatturati: persi oltre 33 miliardi su 86 complessivi (-38,38%) e gli annunciati
ristori, in media 3mila euro a azienda, risultano
inadeguati e
insufficienti a compensare singolarmente i danni. Col risultato di disperdere imprese, posti di lavoro e professionalità, fondamentali per due filiere strategiche per il Paese:
agroalimentare e
turismo.
Provvedimenti che offendono 300mila pubblici eserciziQuesti
provvedimenti offendono i 300mila pubblici esercizi italiani,
chiusi da una politica che ha perso credibilità e capacità di funzionamento, perché evidentemente considerati
attività insicure e
irresponsabili, nonostante su 6,5milioni di
controlli effettuati sulle attività commerciali, ristorazione compresa, solo lo 0,18% ha subito una sanzione, secondo i dati del ministero degli Interni.
Se il riferimento deve essere il "
modello tedesco" più volte invocato per giustificare le misure restrittive, i ristori allora a esso dovrebbero essere ispirati:
indennizzo al 75% dei fatturati calcolato sui mesi di novembre e dicembre, riduzione dell'Iva al 5% e tutela degli sfratti, ad esempio.
Salvare i pubblici esercizi per salvare il PaeseI pubblici esercizi italiani vogliono poter continuare a lavorare non per mettere a
rischio i
cittadini, ma per mettere in sicurezza un patrimonio imprenditoriale e sociale che contribuisce al futuro del Paese e non accettano la fastidiosa distinzione tra attività economiche essenziali e non essenziali, che finisce per oscurare la realtà.
Tutte le imprese sono essenziali quando producono
reddito,
occupazione e
servizi e tutte le attività sono sicure se garantiscono le giuste regole e attuano i protocolli sanitari loro assegnati.