La filiera “cresce” in etichetta Ma c’è solo sullo 0,8% dei prodotti
Dall’analisi di 72.100 alimenti di largo consumo monitorati dall’Osservatorio Immagino è emerso che sono 613 i prodotti presenti sugli scaffali dei supermercati accompagnati da un claim riferito alla provenienza
26 settembre 2019 | 12:45
La filiera è diventata uno dei valori trainanti dell’universo alimentare italiano anche quando si fa la spesa al supermercato. E così, in quanto fenomeno emergente, è finita sotto la lente dell’Osservatorio Immagino Nielsen GS1 Italy, che ne ha misurato l’incidenza sull’assortimento e sulle vendite della grande distribuzione.
Il trend è buono: rispetto al 2017, il tasso di crescita regitrato nel 2018 è stato pari a +14,1%. Tuttavia, dall’analisi di 72.100 alimenti di largo consumo monitorati è emerso che quelli accompagnati da un claim riferito alla provenienza erano appena 613.
In termini di sell-out, questo paniere ha generato nel 2018 oltre 259 milioni di euro di vendite (0,9%). A trainare il mercato dei prodotti di “filiera” è soprattutto la componente dell’offerta. Nel 2018 sono state 55 le aziende di produzione e 10 i retailer che l’hanno evidenziata sulle confezioni dei loro prodotti, a conferma di come l’impegno per la sicurezza alimentare stia diventando un importante tema di comunicazione, e che, come tale, stia entrando sempre più spesso anche sulle etichette dei prodotti in commercio.
L’Osservatorio Immagino ha rilevato sulle confezioni degli alimentari confezionati ben quattro claim che parlano del “background” dei prodotti (Figura 1). Il più rilevante e quello più performante è “filiera controllata”, con 345 prodotti e vendite superiori a 125 milioni di euro, in crescita di +12,3% rispetto al 2017. Bilancio positivo anche per il secondo claim per importanza: “filiera certificata”. L’Osservatorio Immagino l’ha trovato su 72 prodotti per un giro d’affari di 48,5 milioni di euro (+5,4% rispetto all’anno precedente). Pesante battuta d’arresto, invece, per il claim “filiera garantita”, presente solo su 22 prodotti e con un calo delle vendite del -11,8% rispetto al 2017.
A completare lo scenario, l’Osservatorio Immagino ha monitorato le indicazioni che fanno riferimento ai claim “filiera corta” e “km 0”: complessivamente sono presenti solo su 16 prodotti, per cui il 2018 è stato piatto a livello di vendite, benché la domanda e l’offerta siano state positive.
La comunicazione dei valori di filiera sulle etichette dei prodotti non riguarda tutto il mondo alimentare, ma si concentra su quattro comparti. Il più rilevante è l’ortofrutta confezionata, che, con i suoi 108 milioni di euro di vendite (+5,3% sul 2017), determina il 41,8% del giro d’affari dei prodotti con un claim di filiera in etichetta. Segue il lattiero-caseario (compresi i gelati realizzati con latte di filiera), con il 29,0% di quota e vendite in crescita annua del +6,4%. È andato decisamente più veloce il comparto dei prodotti a base di grano e altri cereali (+14,8% di vendite) che, grazie dall’aumento delle vendite di pasta, prodotti da forno e cereali, ha raggiunto il 12,2% di quota. Il risultato migliore del 2018 lo ha messo a segno l’aggregato carni e uova, con un bel +69,0% di sell-out (17,0% di quota), trainato dal crescendo delle vendite di salumi, carni avicole e carni bovine.
Il numero dei prodotti con la filiera presente in etichetta è cresciuto in un anno del 14%
Il trend è buono: rispetto al 2017, il tasso di crescita regitrato nel 2018 è stato pari a +14,1%. Tuttavia, dall’analisi di 72.100 alimenti di largo consumo monitorati è emerso che quelli accompagnati da un claim riferito alla provenienza erano appena 613.
In termini di sell-out, questo paniere ha generato nel 2018 oltre 259 milioni di euro di vendite (0,9%). A trainare il mercato dei prodotti di “filiera” è soprattutto la componente dell’offerta. Nel 2018 sono state 55 le aziende di produzione e 10 i retailer che l’hanno evidenziata sulle confezioni dei loro prodotti, a conferma di come l’impegno per la sicurezza alimentare stia diventando un importante tema di comunicazione, e che, come tale, stia entrando sempre più spesso anche sulle etichette dei prodotti in commercio.
L’Osservatorio Immagino ha rilevato sulle confezioni degli alimentari confezionati ben quattro claim che parlano del “background” dei prodotti (Figura 1). Il più rilevante e quello più performante è “filiera controllata”, con 345 prodotti e vendite superiori a 125 milioni di euro, in crescita di +12,3% rispetto al 2017. Bilancio positivo anche per il secondo claim per importanza: “filiera certificata”. L’Osservatorio Immagino l’ha trovato su 72 prodotti per un giro d’affari di 48,5 milioni di euro (+5,4% rispetto all’anno precedente). Pesante battuta d’arresto, invece, per il claim “filiera garantita”, presente solo su 22 prodotti e con un calo delle vendite del -11,8% rispetto al 2017.
A completare lo scenario, l’Osservatorio Immagino ha monitorato le indicazioni che fanno riferimento ai claim “filiera corta” e “km 0”: complessivamente sono presenti solo su 16 prodotti, per cui il 2018 è stato piatto a livello di vendite, benché la domanda e l’offerta siano state positive.
La comunicazione dei valori di filiera sulle etichette dei prodotti non riguarda tutto il mondo alimentare, ma si concentra su quattro comparti. Il più rilevante è l’ortofrutta confezionata, che, con i suoi 108 milioni di euro di vendite (+5,3% sul 2017), determina il 41,8% del giro d’affari dei prodotti con un claim di filiera in etichetta. Segue il lattiero-caseario (compresi i gelati realizzati con latte di filiera), con il 29,0% di quota e vendite in crescita annua del +6,4%. È andato decisamente più veloce il comparto dei prodotti a base di grano e altri cereali (+14,8% di vendite) che, grazie dall’aumento delle vendite di pasta, prodotti da forno e cereali, ha raggiunto il 12,2% di quota. Il risultato migliore del 2018 lo ha messo a segno l’aggregato carni e uova, con un bel +69,0% di sell-out (17,0% di quota), trainato dal crescendo delle vendite di salumi, carni avicole e carni bovine.
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Alberto Lupini
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