Feste ed eventi bloccati, catering a terra. E c'è pure da lottare contro l'abusivismo
Il settore è ancora fermo a causa delle norme anticontagio (confermate dalle Faq del Governo). La ripresa di fiere e congressi non basterà, servono le feste (dall'1 agosto). Capurro (Anbc): «Troppa confusione» . E sulla concorrenza sleale: «Il decreto è chiaro, ma c'è già chi approfitta della domanda in aumento»
30 aprile 2021 | 05:00
di Nicola Grolla
L'ultimo stop, in ordine di tempo, è quello scattato il 26 aprile. L'ultimo decreto emanato dal Governo Draghi, in vigore fino al 31 luglio, indica alla fine dello stato d'emergenza la ripresa delle feste. Quindi a inizio agosto, come confermato dalle Faq (frequently asked question, ndr) che confermano il permesso delle celebrazioni religiose ma non dei banchetti. Un tempo d'attesa davvero lungo se si pensa che, nel frattempo, la ristorazione è partita in zona gialla e solo all'aperto. Le stesse condizioni in cui, a ben guardare, da maggio in poi si svolgono la maggior parte degli eventi. Perché quindi lo stop? Lo abbiamo chiesto a Paolo Capurro, presidente di Anbc-Fipe (l'associazione che raggruppa diversi operatori del settore catering e banqueting).
In che condizioni si trova, attualmente, il settore del catering e del banqueting?
C’è grande confusione. Da un lato, alimentata dalle imprecisioni contenute nell’ultimo decreto che, per esempio, non nomina la questione dei matrimoni ma li ricomprende all’interno delle feste seguendo un dpcm precedente. Dall’altro lato, alimentata da comunicazioni di tutti i generi. Soprattutto dopo la Conferenza Stato-Regioni di ieri (28 aprile, ndr) che confermava i protocolli per gli eventi ma che in troppi hanno letto come un via libera che, di fatto, non c’è. Insomma, la confusione è topica in questo momento.
Facciamo un po’ di chiarezza, allora. Partiamo dalle date.
Il decreto fissa la ripresa degli eventi fieristici dal 15 giugno. Per convegni e congressi si dovrà aspettare il primo di luglio. Per le feste, invece, il dpcm a cui ho accennato in precedenza fissa la ripresa alla fine del periodo di emergenza; quindi, dal primo agosto in poi. Detto diversamente, tutte le feste o i ricevimenti a seguito di cerimonie civili o religiose non sono consentite al momento. Divieto valido non solo per le aziende del catering ma anche per hotel, agriturismi, ristoranti, case private, ecc. Insomma, le feste sono vietate a prescindere dalla location.
Eppure, viste le riaperture iniziate il 26 aprile e l’arrivo della bella stagione, qualcosa si sta muovendo.
Il decreto è scritto male per quanto riguarda la nostra categoria. Questo lascia spazio a operatori che, per ignoranza o poca attenzione ai protocolli danno per possibili ricevimenti che non lo sono. Magari proponendo protocolli “fatti in casa” che, però, non sono validati dalle autorità. Ovviamente, c’è da riconoscere, di fondo, la paradossalità della situazione: a noi operatori del banqueting e catering è permesso di essere attivi come tutte le altre aziende che esercitano un’attività di ristorazione, ma sono vietate tutte le occasioni in cui potremmo lavorare.
Risultato?
Un colpo mortale. Di fatto ci viene impedito di poter lavorare. Tanto che, dopo le perdite del -90% di fatturato registrate nel 2020 dobbiamo ora aggiungere, per i primi sette mesi dell’anno in corso, una perdita del -100%. Senza possibilità di far ricavi, l’attesa di agosto si complica. Per questo, se tutta la ristorazione può lavorare, sebbene con tutte le limitazioni del caso, e noi siamo l’unico settore tagliato fuori allora chiediamo che ci vengano almeno corrisposti gli indennizzi parametrati sulla perdita di fatturato e sui costi fissi: dai contributi per i dipendenti alle imposte come la Tari, passando per gli affitti che, nel nostro caso, rappresentano una voce importante di spesa. Spesso, infatti, ci troviamo a operare in contesti storici e artistici di grande pregio che, proprio grazie alla nostra attività riescono a loro volta a manutenere le strutture. Il rischio è che si spezzi questo circolo virtuoso.
Con un mercato fermo da diversi mesi, anche i dipendenti delle aziende sono bloccati. C’è il rischio di perdere qualche competenza?
Il rischio c’è. Per questo, fin dall’inizio della pandemia a marzo 2020, ci siamo spesi come associazione di categoria per assicurare ai nostri dipendenti sussidio e assistenza economica; per le aziende, i collaboratori sono la vera ricchezza. Detto ciò, non siamo miopi e sappiamo bene che le aziende stanno attraversando un profondo processo di revisione del proprio business. Con eventuali tagli e ridimensionamenti. Per questo chiediamo allo Stato che, oltre alla cassa integrazione, possa metterci a disposizione strumenti che agevolino la ripartenza e il lavoro. Uno di questi potrebbe essere la reintroduzione di forme elastiche di assunzione come i vaucher, magari con un’applicazione limitata nel tempo ma in funzione di una piena ripresa del settore.
Settore che, nell’attesa di poter ripartire, rischia di vedersi erodere anche una fetta di mercato da parte di altri attori. Magari anche con operazione poco trasparenti, sfruttando la confusione delle norme.
L’abusivismo, contro cui il nostro impegno è massimo, si incuneerà sicuramente in una domanda che esiste. Il legislatore non è riuscito a riconoscere la ricaduta dei provvedimenti attuati. Mi spiego meglio: se una coppia ha già rimandato il matrimonio lo scorso anno oppure se un bambino farà la comunione in una certa data senza possibilità di rimandare la cerimonia è chiaro che si cercherà in qualche modo di non perdere l’occasione di festeggiare. Mi sembra una cosa comprensibile. Purtroppo, la verità è che per il momento il settore è bloccato e chi offre soluzioni diverse lo fa in malafede. Tanto che c’è da chiedersi quali altre norme non rispetteranno, magari da un punto di vista sanitario.
È possibile, invece, che siano i ristoranti a rubarvi i clienti? Magari ospitando gruppi numerosi all’aperto in tavoli separati secondo le norme?
Se si rispetta il decreto, i ristoranti non possono erodere il nostro mercato. Certo, non mi illudo che certi comportamenti si verificheranno. D’altronde, se voglio festeggiare la cresima di mia figlia portando a cena lei, la moglie e i nonni, nulla mi impedisce di prenotare un tavolo e sedervisi tutti insieme in quanto congiunti. Diverso è se arrivano gli sposi ancora in abiti di festa con tanto di torta al seguito e parenti vari ed eventuali. Anche se metto loro a disposizione 20 tavoli tutti da 4 è evidente che non si rispettano le regole. Bisogna seguire i protocolli, che sono fatti per regolare le attività piuttosto che per vietarle.
A proposito di protocolli, cosa prevede, in termini di servizio, quello dedicato a banqueting e catering?
Innanzitutto, aver effettuato la disinfezione di tutti gli ambienti e di tutte le suppellettili e aver formato il personale, dotandolo degli idonei dispositivi di protezione individuale. Per il posizionamento dei tavoli, all’esterno, vale il metro di distanza. La mascherina va sempre tenuta, se non quando si mangia o beve. Il servizio deve essere per lo più al tavolo con prodotti già impiattati, niente vassoi insomma. Per quanto riguarda il buffet e aperitivo, il protocollo prevede che siano momenti gestiti da un cameriere. Il self service è vietato a meno che non si offrano delle monoporzioni in contenitori chiusi. In questo modo il servizio può essere effettuato anche dal cameriere che gira con il vassoio al braccio.
E il green pass? Potrebbe essere una soluzione per verificare, ancor più a fondo, lo stato di salute dei clienti?
Direi di sì. Potrebbe essere un elemento per arrivare a uno sblocco del settore prima del 31 luglio. D’altronde, le vaccinazioni sono in aumento e sempre più persone, anche per lavoro, si sono abituate a sottoporsi ai test rapidi. Va comunque ricordato che la nostra attività ha sempre a che fare con numeri chiusi. In più, dal matrimonio al congresso, gli ospiti vengono sempre pre-registrati. In questo modo abbiamo la possibilità di tracciare chi partecipa agli eventi.
Alla fine, però, rimane sempre una domanda: perché voi no e i ristoranti sì? C’è una spiegazione scientifica?
Eh la vorrei proprio vedere questa spiegazione. Siamo fermi da 16 mesi e non mi sembra che sull’andamento dei contagi pesi la nostra attività. In generale, quindi, credo che la decisione derivi da una scarsa conoscenza del settore. Le feste vengono interpretate come un evento anarchico, senza regole. Cosa che per tutti gli associati Anbc escludo categoricamente. Non a caso, l’anno scorso abbiamo redatto e applicato un codice interno che era più severo rispetto ai protocolli e abbiamo richiesto noi stessi i controlli; i veri assenti della scorsa estate. E abbiamo visto tutti come è andata a finire.
L'intervento del Codacons
A fianco delle imprese del catering e del banqueting, soprattutto quelle attive nel comparto wedding, è sceso in campo anche il Codacons che è pronto a lanciare un ricorso al Tar del Lazio contro l’ultimo decreto che penalizza la riapertura di queste attività. Per Caparro, «bisogna approfondire il tema». Ma l’obiettivo della mossa dell’associazione dei consumatori è chiaro: mettere fine alla «illegittima discriminazione tra locali» e permettere alle imprese del catering di «operare al pari delle altre categorie di esercizi».© Riproduzione riservata
• Leggi CHECK-IN: Ristoranti, Hotel e Viaggi
• Iscriviti alle newsletter settimanali via mail |
• Abbonati alla rivista cartacea Italia a Tavola |
• Iscriviti alla newsletter su WhatsApp |
• Ricevi le principali news su Telegram |
“Italia a Tavola è da sempre in prima linea per garantire un’informazione libera e aggiornamenti puntuali sul mondo dell’enogastronomia e del turismo, promuovendo la conoscenza di tutti i suoi protagonisti attraverso l’utilizzo dei diversi media disponibili”
Alberto Lupini