La festa triste del Gelato artigianale La crisi preoccupa 74mila lavoratori
A sei mesi dalla Giornata europea del 24 marzo, oggi la festa del gelato rappresenta un momento di riflessione su un comparto che rischia di perdere migliaia di posti di lavoro dopo un'estate difficile
24 settembre 2020 | 10:05
Più che una ricorrenza da festeggiare, quella di oggi, 24 settembre, per il mondo del gelato è un’occasione per fare un primo bilancio su una stagione difficile, dopo i mesi del lockdown. A sei mesi esatti dalla Giornata europea del 24 marzo, caduta in pieno isolamento, quest’oggi il comparto tira le somme su un’estate sottotono e si interroga sul futuro dei 74mila addetti che lavorano nel settore: posti di lavoro garantiti fino a oggi, ma con prospettive più che mai incerte in vista delle stagioni più fredde dell’anno.
A pesare, quest’estate, è stata soprattutto l’assenza dei 16 milioni dei cittadini stranieri per motivi di vacanza durante i mesi di luglio, agosto e settembre (nonostante qualche lieve segnale in controtedenza) che quest’anno sono praticamente azzerati dalle preoccupazioni e dai vincoli resi necessari per affrontate l’emergenza covid.
La crisi del turismo ha colpito un comparto che schiera ben 39mila gelaterie sparso lungo tutta la Penisola con un fatturato annuale di 2,8 miliardi di euro con l’Italia che ha perso anche il primato UE della produzione di gelato collocandosi al secondo posto dietro alla Germania che è in testa con 635 milioni di litri pari al 21% del totale Ue, mentre la produzione tricolore è di 554 milioni di litri secondo elaborazioni Coldiretti sui dati Istat.
Una situazione di difficoltà che si ripercuote a cascata sull’intera filiera poiché nelle gelaterie italiane vengono utilizzati ben 220 milioni di litri di latte, 64 milioni di chili di zuccheri, 21 milioni di chili di frutta fresca e 29 milioni di chili di altri prodotti durante l’anno con un evidente impatto sulle imprese fornitrici impegnate a garantire ingredienti di qualità.
Il gelato day è dunque un invito a consumare coni e coppette in ogni stagione dell’anno in una situazione in cui con il cambiamento climatico si sta verificando una sempre più marcata tendenza alla destagionalizzazione degli acquisti che è in atto da diversi anni, nonostante l’estate resti la stagione privilegiata.
Il settore resiste grazie ai consumi interni con gli italiani che hanno superato i 6 chili a testa all’anno, secondo stime della Coldiretti, preferendo di gran lunga il gelato artigianale nei gusti storici anche se cresce la tendenza nelle diverse gelaterie ad offrire “specialità della casa” che incontrano le attese dei diversi target di consumatori, tradizionale, esterofilo, naturalista, dietetico o vegano. Il 94% degli italiani mangia abitualmente il gelato artigianale per il gusto e la bontà delle materie prime e la sensazione di refrigerio con quasi 7 consumatori su 10 che preferiscono i coni alle coppette secondo l’ultima indagine Fipe.
E negli ultimi anni si è registrato un vero e proprio boom delle agri-gelaterie artigianali che garantiscono la provenienza della materia prima dalla stalla alla coppetta con gusti che vanno dal latte di asina a quello di capra fino alla bufala. Una spinta che ha favorito la creatività nella scelta di ingredienti che valorizzano i primati di varietà e qualità della produzione agroalimentare nazionale, dal gusto di basilico fino al prosecco. Nelle agri-gelaterie è particolarmente curata la selezione degli ingredienti, dal latte alla frutta, che sono rigorosamente freschi con gusti a “chilometri zero” perché ottenuti da prodotti locali che non devono essere trasportati con mezzi che sprecano energia ed inquinano l’ambiente.
In epoca moderna la storia del gelato risale alla prima metà del XVI secolo nella corte medicea di Firenze con l’introduzione stabile di sorbetti e cremolati nell’ambito di feste e banchetti, anche se fu il successo dell’export’ in Francia a fare da moltiplicatore globale con il debutto ufficiale in terra americana: con l’apertura della prima gelateria a New York nel 1770 grazie all’imprenditore genovese Giovanni Bosio. Da allora la corsa del gelato non si è mai fermata.
In cono o coppetta, il gelato artigianale è preferito a quello industriale
A pesare, quest’estate, è stata soprattutto l’assenza dei 16 milioni dei cittadini stranieri per motivi di vacanza durante i mesi di luglio, agosto e settembre (nonostante qualche lieve segnale in controtedenza) che quest’anno sono praticamente azzerati dalle preoccupazioni e dai vincoli resi necessari per affrontate l’emergenza covid.
La crisi del turismo ha colpito un comparto che schiera ben 39mila gelaterie sparso lungo tutta la Penisola con un fatturato annuale di 2,8 miliardi di euro con l’Italia che ha perso anche il primato UE della produzione di gelato collocandosi al secondo posto dietro alla Germania che è in testa con 635 milioni di litri pari al 21% del totale Ue, mentre la produzione tricolore è di 554 milioni di litri secondo elaborazioni Coldiretti sui dati Istat.
Una situazione di difficoltà che si ripercuote a cascata sull’intera filiera poiché nelle gelaterie italiane vengono utilizzati ben 220 milioni di litri di latte, 64 milioni di chili di zuccheri, 21 milioni di chili di frutta fresca e 29 milioni di chili di altri prodotti durante l’anno con un evidente impatto sulle imprese fornitrici impegnate a garantire ingredienti di qualità.
Il gelato day è dunque un invito a consumare coni e coppette in ogni stagione dell’anno in una situazione in cui con il cambiamento climatico si sta verificando una sempre più marcata tendenza alla destagionalizzazione degli acquisti che è in atto da diversi anni, nonostante l’estate resti la stagione privilegiata.
Il settore resiste grazie ai consumi interni con gli italiani che hanno superato i 6 chili a testa all’anno, secondo stime della Coldiretti, preferendo di gran lunga il gelato artigianale nei gusti storici anche se cresce la tendenza nelle diverse gelaterie ad offrire “specialità della casa” che incontrano le attese dei diversi target di consumatori, tradizionale, esterofilo, naturalista, dietetico o vegano. Il 94% degli italiani mangia abitualmente il gelato artigianale per il gusto e la bontà delle materie prime e la sensazione di refrigerio con quasi 7 consumatori su 10 che preferiscono i coni alle coppette secondo l’ultima indagine Fipe.
E negli ultimi anni si è registrato un vero e proprio boom delle agri-gelaterie artigianali che garantiscono la provenienza della materia prima dalla stalla alla coppetta con gusti che vanno dal latte di asina a quello di capra fino alla bufala. Una spinta che ha favorito la creatività nella scelta di ingredienti che valorizzano i primati di varietà e qualità della produzione agroalimentare nazionale, dal gusto di basilico fino al prosecco. Nelle agri-gelaterie è particolarmente curata la selezione degli ingredienti, dal latte alla frutta, che sono rigorosamente freschi con gusti a “chilometri zero” perché ottenuti da prodotti locali che non devono essere trasportati con mezzi che sprecano energia ed inquinano l’ambiente.
In epoca moderna la storia del gelato risale alla prima metà del XVI secolo nella corte medicea di Firenze con l’introduzione stabile di sorbetti e cremolati nell’ambito di feste e banchetti, anche se fu il successo dell’export’ in Francia a fare da moltiplicatore globale con il debutto ufficiale in terra americana: con l’apertura della prima gelateria a New York nel 1770 grazie all’imprenditore genovese Giovanni Bosio. Da allora la corsa del gelato non si è mai fermata.
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Alberto Lupini
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