Il fatturato di bar e ristoranti è crollato del 37% nel 2020

Secondo le stime di Bain & Company, rispetto all’anno scorso, per il fuori casa il 2020 si chiude con una perdita di fatturato di 27 miliardi di euro, pari al -37%. Nelle regioni “rosse” il calo raggiunge anche il 70% . La chiusura dei locali nel periodo di Natale e Capodanno porterà a registrare mancati incassi per 700 milioni di euro

30 dicembre 2020 | 12:55
Il 2020 si conferma un vero annus horribilis per bar e ristoranti, che segneranno una perdita di fatturato del 37% su base annua circa rispetto al 2019, equivalenti a circa 27 miliardi di euro. Mentre nel primo semestre dell’anno le perdite si sono attestate attorno ai 16 miliardi di euro,la ripresa (superiore a quanto era stato previsto) dei mesi estivi ha permessodi chiudere il terzo trimestre con una flessione più contenuta rispetto al primo quadrimestre di circa 15-20% rispetto al 2019. La ripresa dei contagi nel quarto trimestre con le conseguenti misure restrittive e le chiusure anticipate di bar e ristoranti hanno portato ad un nuovo, brusco calo del fatturato nell’Horeca, circa del 45% rispetto al quarto trimestre 2019.



A rivelarlo è Bain & Company, che ha analizzato i dati a chiusura dell’anno nel settore dei pubblici esercizi, utilizzando dati di pedonalità supportati da oltre 2mila interviste in tutta Italia per comprendere come si chiuderà il fatturato 2020.

Effetti importanti anche nel 2021
«Purtroppo l’estate con risultati superiori alle attese - commenta Duilio Matrullo, partner di Bain & Company - è stata pagata con gli interessi dalla tanto temuta seconda ondata. Il calo del 37% non ha pari nella storia, almeno in tempo di pace, se si pensa che nel 2009 il settore bar e ristoranti era calato “solo” del 5%. Purtroppo non è finita qui, gli effetti saranno importanti anche sul 2021». Si parla già di rischio chiusura definitiva per molte attività.

Le grandi città hanno sofferto maggiormente rispetto alle zone provinciali, con cali più accentuati del 30-40%, a causa della contrazione significativa del turismo e dal fenomeno dello smart working che ha letteralmente “chiuso” intere aree di attività che servivano principalmente la fascia del pranzo di lavoro.

Conseguenze dello smart working
«Gli italiani hanno sfruttato la flessibilità dello smart working per evitare il pendolarismo nelle grandi città - sottolinea Aaron Gennara Zatelli, associate partner di Bain & Company - o addirittura trasferirsi temporaneamente in provincia. Questo si riflette chiaramente su occasioni di consumo come il pranzo di lavoro oppure il caffè sotto l’ufficio, che invece hanno premiato la provincia».

Ma in un contesto in cui la pandemia, nonostante le speranze legate al vaccino, è lungi dall’essere superata, guardando al futuro c’è un dato che aggiunge ulteriore preoccupazione. Per ogni mese in zona rossa o arancione la contrazione del settore si stima in circa il 70% rispetto al 2019, mentre la zona gialla porta perdite del 40% circa. Quindi nonostante la creatività e anche la rapidità di risposta per esempio nel ricorrere al delivery o take away, la prospettiva di ancora tanti mesi tra il -40% (zona gialla) e il -70% (zona rossa o arancione) può rappresentare il colpo di grazia per tanti che fino ad oggi avevano resistito.



Differenze tra regioni rosse e gialle
Dai dati forniti da Bain & Company si può stimare che:
  • Per ogni mese da regioni “rosse” (ad esempio Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta) il decremento di fatturato è stato di un caso in media del 70%, mentre le regioni “gialle” (come Veneto, Lazio, Sardegna) hanno subito un calo del 40% (comparabile con i numeri di fine maggio / inizio giugno).
  • Considerando poi il dato sulla differenza tra grandi città e provincia, non è difficile capire come alcuni esercizi abbiano visto praticamente azzerato il loro giro d’affari per lunghi periodi (pensiamo a un ristorante o bar in Lombardia, zona rossa, a Milano, grande città, soprattutto se in zone legate al traffico degli uffici).
  • Solo la chiusura dei ristoranti a Natale e Capodanno si stima infine che comporterà una diminuzione di fatturato di 700 milioni di euro, pari a circa l’1% del totale annuo del settore Horeca.

«Ricordiamo che l’Horeca - spiega Sergio Iardella, partner di Bain & Company - contribuisce per oltre 4 punti di Pil e dava lavoro nel 2019 a 1,2 milioni di persone. In un settore con grande incidenza dei costi fissi, un calo di fatturato di circa 27 miliardi solo nel 2020 ed una situazione nel 2021 lontana dalla risoluzione, l’impatto dal punto di vista di chiusura di punti vendita sarà tale da mettere in ginocchio migliaia di piccoli imprenditori e i loro dipendenti. Purtroppo i ristori erogati nel 2020 e già approvati per il 2021 rischiano di non essere sufficienti.L’impatto sarà poi drammatico non solo per i singoli punti vendita ma anche per tutta la filiera a monte, dai distributori alle aziende dell’agroalimentare, storico fiore all’occhiello della nostra economia. Mai come nei prossimi anni sarà necessaria una risposta di sistema ed anche un impulso coordinato a progetti di consolidamento, efficientamento e digitalizzazione della filiera, magari facendo ricorso anche ai fondi del Recovery Fund».

«Registriamo una forte volontà da parte di tutti (associazioni di settore, fornitori, distributori, società di servizi...) di dare un contributo attivo alla ripartenza. La digitalizzazione della filiera, la sostenibilità e lo sviluppo di nuove tipologie di offerte al consumatore - conclude Duilio Matrullo - devono essere i pilastri intorno ai quali rilanciare il canale fuori casa».

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Alberto Lupini


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