Effetto covid: è cresciuto il Bio Ma sul futuro pesa la burocrazia
Molto seguito il 25 giugno il webinar di B/Open - la nuova rassegna del Bio foods & Natural self-care in programma a Verona il 23 e 24 novembre 2020. Sostenere i giovani e le imprese per il ricambio generazionale
28 giugno 2020 | 16:40
Dall’incontro sono emersi dati tranquillizzanti relativi ai primi cinque mesi dell’anno. Crescono in Italia i consumi di bio anche durante il lockdown (+11%), con una forte accelerazione nel periodo compreso fra il 9 di marzo e Pasqua (+20%) a conferma di un appeal molto forte sul consumatore. Anche il numero di operatori aumenta, seppure manifestando una sostanziale stabilità su base tendenziale (+0,15%), probabilmente per le difficoltà legate al Covid-19.
Per quanto riguarda le superfici bio, si evidenzia una sostanziale tenuta della Sau (Superficie agricola utilizzata) con circa 10.000 ettari certificati in più (+0,57%), che potrebbero essere confermati anche nelle proiezioni di fine anno.
Dall’indagine emerge anche l’identikit delle imprese agricole bio, confermate nei primi mesi del 2020: il 45% ha una superficie inferiore ai 15 ettari, il 25% si estende tra 15 e 50 ettari e il 30% occupa una Sau superiore ai 50 ettari. Calabria, Sicilia e Puglia si confermano anche nei primi mesi del 2020 le regioni dove è presente il maggior numero di operatori biologici.
Il settore, secondo Francesco Giardina, responsabile dell’Associazione produttori biologici di Coldiretti, «deve rimettere al centro l’impresa agricola, monitorando le produzioni per evitare bolle pericolose, che potrebbero travolgere un comparto. I dati delle non conformità legati alle importazioni di biologico, sono allarmanti, e proprio per questo bisogna sostenere il Made in Italy per rispondere alle esigenze di trasparenza e alla domanda crescente dei consumi».
Luigi Tozzi, responsabile ufficio Qualità e sicurezza alimentare di Confagricoltura, ha posto l’accento sul tema della burocrazia eccessiva. «Serve un cambio di mentalità, perché non basta aumentare le superfici bio, se poi manca il prodotto e se l’iter burocratico è troppo complesso, tanto che gli ettari in conversione diminuiscono – ha specificato -. Inoltre, dobbiamo ottenere la reciprocità fra le regole di produzione e certificazione bio comunitarie ed extra Ue».
Accanto alla burocrazia resta da risolvere il nodo della redditività. Lo ha ricordato Andrea Bertoldi, vicepresidente di Federbio, che ha lanciato l’iniziativa per il giusto prezzo dei prodotti biologici. «Dobbiamo sostenere i giovani e le imprese agricole a fare redditività, altrimenti non si verificherà il ricambio generazionale che è necessario per il settore», ha ammonito.
Per informazioni: www.b-opentrade.com
Appuntamento con la prima edizione di B/Open in novembre a Verona
Per quanto riguarda le superfici bio, si evidenzia una sostanziale tenuta della Sau (Superficie agricola utilizzata) con circa 10.000 ettari certificati in più (+0,57%), che potrebbero essere confermati anche nelle proiezioni di fine anno.
Dall’indagine emerge anche l’identikit delle imprese agricole bio, confermate nei primi mesi del 2020: il 45% ha una superficie inferiore ai 15 ettari, il 25% si estende tra 15 e 50 ettari e il 30% occupa una Sau superiore ai 50 ettari. Calabria, Sicilia e Puglia si confermano anche nei primi mesi del 2020 le regioni dove è presente il maggior numero di operatori biologici.
Il settore, secondo Francesco Giardina, responsabile dell’Associazione produttori biologici di Coldiretti, «deve rimettere al centro l’impresa agricola, monitorando le produzioni per evitare bolle pericolose, che potrebbero travolgere un comparto. I dati delle non conformità legati alle importazioni di biologico, sono allarmanti, e proprio per questo bisogna sostenere il Made in Italy per rispondere alle esigenze di trasparenza e alla domanda crescente dei consumi».
Luigi Tozzi, responsabile ufficio Qualità e sicurezza alimentare di Confagricoltura, ha posto l’accento sul tema della burocrazia eccessiva. «Serve un cambio di mentalità, perché non basta aumentare le superfici bio, se poi manca il prodotto e se l’iter burocratico è troppo complesso, tanto che gli ettari in conversione diminuiscono – ha specificato -. Inoltre, dobbiamo ottenere la reciprocità fra le regole di produzione e certificazione bio comunitarie ed extra Ue».
Accanto alla burocrazia resta da risolvere il nodo della redditività. Lo ha ricordato Andrea Bertoldi, vicepresidente di Federbio, che ha lanciato l’iniziativa per il giusto prezzo dei prodotti biologici. «Dobbiamo sostenere i giovani e le imprese agricole a fare redditività, altrimenti non si verificherà il ricambio generazionale che è necessario per il settore», ha ammonito.
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