Ecco il punto sui Ristori: quanto hanno perso i ristoranti?

I contributi a fondo perduto concessi ai ristoratori, agli esercenti, agli artigiani e ai piccoli commercianti hanno coperto il 25% circa delle perdite di fatturato subite. A rischio 350mila piccole e micro aziende

05 dicembre 2020 | 12:17
Che lo sforzo economico messo in campo dal governo Conte con i quattro decreti Ristori non abbia precedenti è un dato di fatto. Ma, nonostante tutti gli sforzi, analizzando anche “a chi” questi aiuti di Stato sono andati in soccorso e "come" sono stati recuperati, si capisce subito che per la gran parte dei destinatari sono del tutto insufficienti.

Nel dettaglio, i contributi a fondo perduto concessi ai ristoratori, agli esercenti, agli artigiani e ai piccoli commercianti colpiti dal Covid hanno coperto mediamente il 25% circa delle perdite di fatturato subite quest’anno.

È quanto emerge da stime della Cgia. In una nota il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo spiega che «a seguito delle difficoltà di questi mesi, non è pertanto da escludere che almeno 350mila piccole e micro aziende di questi settori chiuderanno definitivamente la saracinesca entro la fine di questo mese, lasciando senza lavoro almeno 1 milione di addetti».


Almeno 350mila piccole e micro aziende chiuderanno a gennaio

Bisogna passare dalla logica dei ristori ai rimborsi
«Pertanto, per sostenere quelle imprese che invece continueranno a tenere aperto è necessario un cambio di marcia; passare dalla logica dei ristori a quella dei rimborsi. In primo luogo - prosegue Zabeo - indennizzando fino al 70% i mancati incassi e in secondo luogo abbattendo anche i costi fissi, così come ha stabilito nelle settimane scorse la Commissione Europea».

Verso un peggioramento con il nuovo dcpm
Dall’inizio della crisi pandemica fino a oggi le risorse direttamente a sostegno delle imprese italiane ammontano a circa 35 miliardi di euro. «Nonostante ciò, questi aiuti sono stati, per la gran parte dei destinatari, del tutto insufficienti. E dopo l’approvazione dell’ultimo Dpcm, la situazione in questo periodo natalizio è destinata a peggiorare ulteriormente».

Limitatamente alle figure artigiane e commerciali, inoltre, «sarebbe necessaria una deroga all'attuale normativa in materia contributiva Inps, eliminando il versamento riferito al minimale prestabilito, consentendo così agli interessati al solo versamento dei contributi calcolati sull’effettivo reddito prodotto negli esercizi 2020 e 2021».

La Cgia ricorda che per l’anno in corso il reddito minimale considerato per i commercianti e gli artigiani al fine della contribuzione previdenziale sfiora i 16mila euro. Di conseguenza, poiché i commercianti e gli artigiani hanno un’aliquota del 24% circa, il contributo minimale che dovrebbe essere eliminato consentirebbe un risparmio pro capite di circa 3.850 euro. Misura che potrebbe essere applicata solo per le attività ubicate nelle città d’arte, precisa la Cgia.

A gennaio a rischio tante piccole imprese
«Con tante tasse, una burocrazia intollerabile e un crollo verticale degli investimenti pubblici e privati che non ha eguali negli ultimi decenni - afferma il segretario Renato Mason - c’è una grossa novità che dal prossimo mese di gennaio rischia di mettere in seria difficoltà tante aziende, soprattutto di piccola dimensione. Ci riferiamo alla nuova definizione introdotta dall’Unione Europea in materia di default».

«Dopo aver abbassato la soglia di sconfinamento per cittadini e imprese, per evitare gli effetti negativi dei crediti deteriorati Bruxelles ha imposto alle banche l’azzeramento in 3 anni dei crediti a rischio non garantiti e in 7-9 anni per quelli con garanzia reali. È evidente - prosegue Mason - che l’applicazione di questa misura, indurrà moltissimi istituti di credito ad adottare un atteggiamento di estremo rigore nell’erogare i prestiti, per evitare di dover sostenere delle perdite nel giro di pochi anni. Una soluzione, quella decisa dall’Ue, che sebbene abbia una sua validità in tempi normali, appare del tutto inopportuna in un momento così drammatico come quello che stiamo vivendo e, purtroppo, vivremo almeno per un altro anno».

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Alberto Lupini


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