È tempo di igiene "partecipata" Così il ristorante rassicura il cliente
La necessità di contenere i contagi da covid 19 ha fatto tornare d'attualità la questione della pulizia nei locali pubblici. In questi mesi, però, tante disposizioni sono "saltate" . In molti i casi i tavoli sono stati riavvicinati, i menu monouso non si trovano e i pagamenti cash sono ancora ben accetti, a discapito del touchless
05 ottobre 2020 | 08:30
di Vincenzo D’Antonio
Le buone pratiche da seguire anche al ristorante
Queste notazioni non sono neanche più marginali; semplicemente sono scomparse nel tempo, a testimonianza di un’igiene divenuta asset by default, ovvero: c’è, semplicemente ci deve stare, ha poco o nessun senso citarla. Daremmo mai la notizia che in sala ci sono i tavoli e ci sono pure le sedie?! Per dirla tutta la si dà per scontato.
Oggi a causa della pandemia, la pulizia e l'igiene tornano però ad essere componente delicata, tanto che l'assenza diventa determinante per andarsene dal locale. C'è una nuova frontiera dell’igiene che vorremo definire “igiene partecipata”. Vari Dpcm, le circolari esplicative, il meritorio lavoro svolto da Fipe (la Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi) nella sua funzione tutoriale di indirizzo, hanno posto raccomandazioni ed obblighi in merito.
La “sicurezza trasparente” e, dunque, per estensione, l’igiene nei locali è la terza delle 5 tendenze individuate nella ricerca di Coqtail Milano e Augusto Contract sull’impatto della pandemia nel settore del fuori casa, che abbiamo già presentato e che conferma alcune delle previsioni che da tempo ha illustrato Italia a Tavola. E non caso da sempre come giornale insistiamo sul lavoro assoluto di pulizia e igiene, in cucina come in sala e nei bagni. Al punto che averne una certezza vale quasi più della qualità del menu...
Questo è un processo però ancora lungo, se è vero che disinvolte sono le interpretazioni e poco comprensibili le disattese sul controllo della temperatura e sulla dichiarazione di anagrafica del cliente, compresi i punti contatto (telefono ed email); la distanza tra i tavoli misurata con metri forse troncati negli ultimi decimetri; menu cartacei che dal monouso invocato sono divenuti pluriuso fino ad usura; i pagamenti cash ancora bene accolti nonostante si dovesse ipotizzare l’andare oltre il Pos e pensare ad un vero touchless (pagamenti by app su smartphone). E ancora: i servizi igienici assolutamente puliti, senza ombra di dubbio, ma con tante ombre e tanti dubbi circa la loro effettiva sanificazione, da effettuare anche più volte al giorno.
Cosa comporta tutto ciò? La prima risposta, agghiacciante quanto si vuole, è drammaticamente semplice: “anche” questa situazione concorre al non debellamento della pandemia. E poi? E poi questa situazione concorre al “non” riaffezionarsi a tornare al ristorante dopo il lockdown e dopo quella sorta di “sanatoria comportamentale” che ci siamo consentiti durante l’euforia di un’estate presunta scacciaguai.
Le regole di igiene vanno rispettate sia dai ristoratori che dai clienti
Adesso è autunno. Le vacanze sono finite, si torna alle attività laboriose, andare al ristorante torna ad essere quel “mangiare bene insieme” che non può essere disgiunto dalla componente prioritaria di scelta: l’osservanza della “nuova igiene”. Tanto più che si triona all'interno e si abbandonano gli spazi aperti...
L’abbiamo denominata “igiene partecipata”. Sì, in quanto frutto di una comunione di intenti e di comportamenti tra ristoratore e cliente. Al dovere del ristoratore di garantire igiene si accompagna il dovere del cliente (e quindi non più solo suo diritto) di contribuire attivamente a mantenere doverosamente e rigorosamente elevato lo standing di igiene, anche con il suo comportamento ed anche, perché no, facendo notare al ristoratore inosservanze e lacune.
Il distanziamento tra tavoli: deve esserci, non è un optional. Può il cliente, con il metro sartoriale in tasca o nella borsetta, effettuare verifica? E perché no? Può il cliente disattendere all’obbligo del controllo della temperatura mediante termoscanner? No, assolutamente non può. E può il ristoratore esimersi dall’effettuare questo controllo? No, non può. Ecco, già così alle prime battute stiamo comprendendo come la nuova igiene sia saldo tra obblighi e diritti di ambo le parti: l’igiene partecipata di cui si diceva.
Pagamenti: evitiamo i portaconti che ben più che portare i conti, possono portare contagio. Evitiamo, anzi aboliamo il pagamento cash: quanti i vantaggi, ma proprio tanti tanti (!) non solo in quell’istante del pagamento, ma a beneficio di tutti gli stakeholders del ristorante e di tutta la community! È diritto e dovere dei soggetti in causa, ristoratore e cliente, attuare questo comportamento. Anche questa è igiene partecipata.
Menu: si era detto mai più cartacei e se cartacei hanno da essere, che siano rigorosamente monouso o con certezza igienizzabili ad ogni uso. È forse la prassi più disattesa. Quanti i vantaggi di un menu paperless? Tanti, probabilmente ben più di quanto si possa ipotizzare in prima battuta. Tuttavia, posto che altri vantaggi non ve ne siano (e ribadiamo che invece ce ne sono!), possibile non sia percepito come grande beneficio quello di evitare passaggi e transiti di oggetti tra persone? Alcuni provvedimenti sono proprio brutti a dirsi, a farsi, a vedersi. Uno proprio tremendo: i bicchieri di carta e le posate monouso. Roba da mensa ospedaliera, per carità, non parliamone proprio e che l’ipotesi neanche la si ventili, per carità! Al contrario sci sono i comportamenti virtuosi dei camerieri che versano l'olio o mettomno lo zucchero nella tazzina, ma non fanno toccare nulla di uso "comune" al cliente.
D’accordo, sarebbe la melanconia assoluta e la volta buona che al ristorante non ci andiamo proprio più. Però, un momento. L’igiene è priorità assoluta. Vero. E come risolviamo? Abbiamo presente il gueridon (il tavolino di servizio)? Oltre ad una nostalgia di un servizio di sala che lo vedeva presente, qui rinverdiamo il gueridon per motivo altro, meno gourmet e molto “igienico”. Su una sorta di gueridon, insomma su un carrello, protetti da quegli arnesi che troviamo dal dentista, ma anche dal barbiere, i calici e le posate. In ambiente sterile ed asettico fino al momento in cui il cameriere, provvisto di guanti e mascherina, appronta il tavolo, con i commensali già presenti ed anch’essi dotati di mascherina. Sì, un nuovo timing nella mise en place.
E stiamo tacendo di sanificazione del tavolo dopo ogni “giro”; cucina da rendere a vista il più possibile; certificazione disponibile sui controlli periodici effettuali al personale di sala e di cucina; accorgimenti igienici anche per delivery e take away. Igiene partecipata: step successivi di diritti e doveri sia per il ristoratore, con costui intendendo ovviamente le persone di cucina e di sala, che per il cliente. Sorta di gentlemen agreement tacito, volto ad accelerare l’approdo a quella nuova normalità alla quale tutti noi aneliamo.
Ricordiamo quali sono le cinque linee di tendenza sulla quale stiamo ragionando sulla base di una recente ricerca di Coqtail Milano e Augusto Contract sull’impatto della pandemia nel settore del fuori casa. Sicurezza e servizio personalizzato sono i must che come abbiamo già presentato riguardano:
- Dal fast food al fast gourmet - Nuove logiche di somministrazione. I servizi e le pratiche un tempo adottate dai format legati al fast food si applicano anche alle realtà di livello, mantenendo alta la qualità del servizio e delle materie prime.
- On the go - All’esterno del locale come a casa. Sfruttare gli spazi esterni per intercettare la clientela di passaggio tramite l’utilizzo di station oppure aprendo le vetrine con punti pick up: ecco le nuove strategie dei ristoratori che si riappropriano del tessuto urbano.
- Sicurezza trasparente – La nuova parola d’ordine. Diventa sempre più importante trasmettere sicurezza ai clienti, incentivando il ritorno nei locali nel rispetto delle normative imposte dal governo. L’architettura, in questo senso, viene loro incontro se in grado di trasmettere un senso di ordine e pulizia ed esplicitare i processi e l’applicazione dei protocolli di sicurezza anche attraverso la segnaletica.
- Touchless Experience - Largo a digitalizzazione e sensori. Si riducono al minimo i punti di contatto tra personale di sala e commensali, così come tra cliente ed elementi dell’architettura, incentivando l’adozione della domotica e implementando la presenza di sensori. Il phygital dining porta sempre più la tecnologia direttamente a tavola.
- Il servizio è il re - Personalizzazione dell’esperienza. Recarsi in un locale deve essere un piacere, non un momento di ansia e preoccupazione, per questo motivo l’attenzione alla personalizzazione e all’accoglienza diventano fatto. Si tratta di tendenze su cui da tempo Italia a tavola insiste e che per la loro centralità cerchiamo ora di approfondire punto per punto.
Gli articoli precedenti
- Arrivano i ristoranti All in One Dopo i fast food ecco i fast gourmet
- I dehors, la nuova vetrina dei bar. E al tavolino ci si sente come a casa
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Alberto Lupini