Un dramma anche per i fornitori Cibo ad alto rischio, si salva il caffè

Per le industrie che forniscono cibo e bevande ai ristoranti la situazione è assai complicata per via delle chiusure a cena e dei pranzi risicati. Qualcuno prova a reinventarsi ma non tutti possono farlo a livello strutturale. Per i "freschi" la situazione è da lockdown, l'espresso tiene grazie alle colazioni

02 novembre 2020 | 08:30
di Federico Biffignandi
Si pensa subito ai ristoranti e ai bar, si intervistano loro, si cerca di sostenere in ogni modo la loro attività, si assiste ai loro sfoghi, alle loro proteste, alle richieste insistenti di aiuto. Ma il ristoratore è solo l’ultimo anello della catena (in ordine solo temporale, non certo di importanza) agroalimentare. Andando a ritroso lungo di essa si arriva quasi al principio, ovvero alle industrie, a quei fornitori che lavorano con l’Horeca e che ora rischiano di ritrovarsi - un’altra volta - prima con i magazzini ingolfati di cibo e bevande che nessun ristoratore ordina perché si lavora decisamente meno e poi con i magazzini completamente vuoti, perché quella stessa merce è stata in qualche modo smaltita (magari con più spese che guadagni) e nessuno ordina più. Va da sé che dalle parti dei fornitori l’umore sia nero e che vada di pari passo con quello dei ristoratori. Caffè, cibo, vino, drink, acqua, nessuno fa eccezione. Al limite c’è chi soffre un po’ meno o chi ha qualche scappatoia per salvarsi in corner, ma si tratta di briciole.


Chiudono i ristoranti e i fornitori soffrono

Il cibo è il comparto più colpito, soprattutto per chi lavora con i “freschi” come Longino&Cardenal. «C'è frustrazione - spiega l’amministratore delegato, Riccardo Uleri - dopo il lockdown avevamo ricominciato con un organico alleggerito, ma avevamo trovato un nuovo equilibrio e velocemente stavamo tornando vicini ai fatturati dello scorso anno. Stavamo dando un senso economico alla nuova situazione insomma, ma adesso ci hanno ributtato nel disastro».


Riccardo Uleri

Tutto, naturalmente, è legato al fatto che i ristoranti non lavorano più. Lo fanno ormai pochissimo a pranzo a causa della drastica riduzione dei lavoratori (in smart working), non lo faranno più a cena fino (minimo) al 24 novembre per via dell’ultimo decreto. Di qui, il disastro e il rischio di dover anche buttare il cibo: «Gli ordini - osserva l’ad - stavano arrivando proprio in questi giorni, ma si tratta di freschi e quindi abbiamo dovuto ritirarli. Ugualmente, abbiamo dovuto annullare gli ordini in programma. Al di là della situazione attuale drammatica, quello che più ci mette in crisi è il continuo cambio di norme e la totale assenza di prospettive che ci impedisce di organizzare il lavoro». E quindi, come si procede? «Implementeremo il b2c che sta funzionando e che crescerà - spiega Uleri - non ci fermeremo completamente, ma quasi perché lavoreremo al 30% del nostro potenziale. Io spero che le proteste vengano ascoltate».


Pietro Pellegrini

Non versa in condizioni molto migliori anche il mondo del vino che se l’è vista molto brutta nel momento in cui era arrivato l’alt alle vendite di ogni alcolico dalle 18 in poi, anche nei supermercati. La disposizione è durata pochi giorni permettendo a tutti gli addetti ai lavori di tirare un piccolo sospiro di sollievo, ma la situazione resta complicata. «Continuiamo a sperare che qualcosa possa cambiare - spiega Pietro Pellegrini, presidente della Pellegrini Spa realtà bergamasca storica per la distribuzione di vino e distillati - o che, quantomeno, la durata delle restrizioni sia realmente quella indicata. Noi non cambiamo il nostro atteggiamento di azienda, continuiamo a servire la ristorazione nonostante sia fortemente penalizzata. La loro è la situazione peggiore, noi ci siamo allineati con un’estate di recupero e ora ci attrezzeremo con qualche offerta modulata per il momento d’eccezione. Invitiamo ad acquistare dosi minori di vino anche perché il vino eccellente merita rispetto. Tra le novità, abbiamo le bottiglie piccole che possono essere aperte e finite al tavolo. Bisogna pensare che possono pranzare insieme solo 4 persone e che dunque una bottiglia intera è difficile da terminare; ma bisogna pensare anche a rendere agevole l’asporto e anche in quest’ottica i nuovi formati possono essere un’ottima soluzione».

Ma il vino non è l’unica bevanda a pagare dazio. Ci sono anche i soft drink (le bibite, ma anche l’acqua) che guardano all’imminente futuro con preoccupazione. Non essendo beni di prima necessità ed essendo consumati principalmente fuori casa, il loro mercato è tra quelli destinati a risentire di più dell’emergenza. «Ci stiamo attrezzando per far fronte a questa situazione nuova e improvvisa - ha spiegato Luca Troso, direttore marketing di Arnone Industria Bevande - guardando, ad esempio, alla grande distribuzione così da incentivare al consumo anche casalingo. Non ci sono molte altre soluzioni, nonostante non sia nel dna delle industrie, l’unica via per salvarci è rivolgerci direttamente al consumatore finale. In quest’ottica anche l’online potrebbe essere uno strumento valido, anche se i continui cambiamenti di cui siamo vittime non ci consentono di programmare. In più il nostro apparato industriale è quello e non abbiamo molti margini di cambiamento proprio a livello di struttura e di catena di produzione».


Andreea Postolache

Soffre un po’ meno invece il caffè. In quanto bevanda che viene consumata principalmente prima di sera, tutta la filiera vive con meno angoscia il coprifuoco delle 18. «Stiamo rivedendo le nostre stime del 2020 - ha detto Andreea Postolache, responsabile marketing di Julius Meinl - avevamo fatto già bilanci, stavamo andando sul -15% rispetto all'anno scorso, ma ora scenderemo un po’ di più verso il -25%. Il caffè per sua natura viene consumato soprattutto a pranzo e colazione e i locali quindi in questo senso riescono a salvarsi; resta però un margine di perdita perché l’abitudine di concedersi un espresso stava diffondendosi anche dopo cena. Cosa faremo adesso? Riproporremo il nostro progetto “Safer Coffee” che spiega ai professionisti come servire il caffè in modo sicuro, perchè se tutti rispettassero le regole il rischio di chiudere si abbasserebbe. Insieme a questo spingiamo per i bicchierini “To Go” per incentivare i consumi di caffè d’asporto. Per il resto siamo sicuri che la cultura del caffè, inteso come emblema della socializzazione italiana non si smarrirà e tornerà dopo che l’emergenza sarà passata».

© Riproduzione riservata


“Italia a Tavola è da sempre in prima linea per garantire un’informazione libera e aggiornamenti puntuali sul mondo dell’enogastronomia e del turismo, promuovendo la conoscenza di tutti i suoi protagonisti attraverso l’utilizzo dei diversi media disponibili”

Alberto Lupini


Edizioni Contatto Surl | via Piatti 51 24030 Mozzo (BG) | P.IVA 02990040160 | Mail & Policy | Reg. Tribunale di Bergamo n. 8 del 25/02/2009 - Roc n. 10548
Italia a Tavola è il principale quotidiano online rivolto al mondo Food Service, Horeca, GDO, F&B Manager, Pizzerie, Pasticcerie, Bar, Ospitalità, Turismo, Benessere e Salute. italiaatavola.net è strettamente integrato
con tutti i mezzi del network: i magazine mensili Italia a Tavola e CHECK-IN, le newsletter quotidiane su Whatsapp e Telegram, le newsletter settimanali rivolte a professionisti ed appassionati, i canali video e la presenza sui principali social (Facebook, X, Youtube, Instagram, Threads, Flipboard, Pinterest, Telegram e Twitch). ©® 2024