Dove c'è meno contagio regole meno rigide per i ristoranti

Paolo Bianchini, presidente del Movimento Imprese Ospitalità (M.I.O.) chiede che si allentino le restrizioni nelle regioni dove il covid-19 è meno diffuso. Strappo con la finta unità fra Regioni e aziende sulle regole

15 giugno 2020 | 21:31
Il M.I.O., Movimento Imprese Opsitalità scende in campo per rompere l'apparente unità fra le regioni e le imprese sulle modalità "comune" di gestire bar e  ristoranti in zone  a diverso livello di contagio da coronavirus. Sin da quando si è iniziato a parlare di riaperture nel mondo dei pubblici esercizi una delle prime questioni delicate è stata proprio quella di una misura omogenea oppure no. Le Regioni meno colpite dal covid-19 chiedevano maggiori deroghe, quelle più vessate invece spingevano per una riapertura ad una velocità unica. A oggi, poco è stato deciso. O meglio, si è deciso di lasciare alle Regioni l’onere e quindi - di fatto - di non decidere. Ora il M.I.O col presidente Paolo Bianchini rompe una finta unanimità e chiede che si possano allentare le regole dove non c'è più il contagio.


L'ospitalità chiede misure regionali più coraggiose

I governatori, già piuttosto presi di mira sin dall’inizio della pandemia a parole spingono per una ripartenza veloce e da “liberi tutti”, ma nei fatti tendono ad una maggior cautela. Morale: tutti scontenti. A rilevare questo stato di incertezza e attesa prolungata è il presidente del M.I.O. Paolo Bianchini: «Dopo la Conferenza Stato Regioni con il Dl Riaperture - dice - il Governo ha abdicato le scelte alle Regioni che in relazione all’andamento della situazione epidemiologica sul territorio possono introdurre, semplicemente informando il Ministro della Salute, misure derogatorie anche ampliative rispetto a quelle adottate a livello Statale. Un’assunzione di responsabilità che, fino ad ora, le Regioni non hanno avuto con la conseguenza che territori con un diverso andamento epidemico vengono, in maniera ormai incomprensibile, equiparati. Questo continua a comportare grandi ripercussioni economiche, ovviamente in negativo, sulle nostre aziende, vessate da linee guida sul distanziamento sociale stringenti, che ad oggi sembra valgano soltanto per il settore dell’ospitalità».

Arcinota la situazione dell’ospitalità con pochi alberghi aperti e pochissime prenotazioni all’attivo mentre bar e ristoranti hanno fatturato la metà del solito nelle prime 3 settimane di apertura e ancora attendono aiuti dagli ammortizzatori promessi. Dipendenti in cassa integrazione fino a non si sa quando e sorti del settore realmente in bilico. «Abbiamo capito - prosegue Bianchini - che il Governo ha preferito lanciare la palla nella metà campo delle Regioni e ha scelto di non scegliere, oggi occorre che i vari Governatori si assumano l’onere di fare alcune scelte per evitare il fallimento del settore Horeca e il collasso dell’economia. Questo si può e si deve fare e lo dimostra quanto deciso con ordinanza dal presidente Fugatti nel territorio della Provincia di Trento: da oggi l’obbligo del distanziamento di un metro non sussiste più tra persone non conviventi tra le quali vi è una “frequentazione abituale».

«Una scelta - chiude - che permette a chi gestisce bar e ristoranti di far sedere allo stesso tavolo anche gruppi di persone non conviventi, ma con rapporti di frequentazione abituale, una riduzione del distanziamento che comporta una rimodulazione degli spazi che è una notevole boccata d’ossigeno per le nostre attività ed è per questo, che chiediamo a tutti i presidenti di Regione, dove c’è un costante decremento dell’andamento epidemico, sempre con un occhio vigile alla salute, di interpretare la normativa in modo più ampio, come fatto dalla Provincia autonoma di Trento, per permettere anche al settore dell’ospitalità di tornare alla normalità e di sopravvivere a questa crisi economica che non ha precedenti».

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Alberto Lupini


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