L’apertura ufficiale è arrivata l’11 ottobre, ma per le discoteche la prima vera ripartenza coincide con il weekend di Halloween. Un appuntamento atteso dopo quasi due anni di chiusura e un tira e molla sulle riaperture che è andato avanti dall’allentamento delle restrizioni di aprile 2021 aggravando il passivo di un 2020 complicato in cui nemmeno la pausa estiva era riuscita a rimpinguare le casse dei locali. Ora, l’occasione per far ripartire un settore che conta circa 3.500 attività e circa 100mila occupati per un giro d’affari di circa 400 milioni di euro fra ticketing, bar, ristorazione e servizi.
Ripartenza al 50% di capienza, ma con più tecnologia
La grande novità introdotta con il decreto dell’8 ottobre è stata la questione della capienza. Nelle discoteche al chiuso è posta al 50% del totale. All’aperto si alza al 75%. Oltre a questa indicazione, per riaprire le discoteche devono tener conto del controllo del green pass all’ingresso e la registrazione dei clienti in modo da garantire la tracciabilità dei contatti, mettere a disposizione gel disinfettante per le mani e monitorare i clienti sull’utilizzo della mascherina; no in pista mentre si balla o al bar mentre si consuma un cocktail, sì in tutti gli altri casi. Restrizioni non di poco conto che, in alcuni casi, hanno portato a un rinvio dell’apertura di diversi locali. Anche se, in generale, «Halloween è il via ufficiale della stagione, un banco di prova per i prossimi mesi», afferma Gianni Indino, presidente del Sindacato dei locali da ballo (Silb) dell’Emilia-Romagna, regione che sulle discoteche ha storicamente poggiato la propria offerta turistica, culturale e leisure.
«Devo dire che le previsioni sono buone. C’è grande fermento. Il “popolo della notte” sta rispondendo in modo consistente. Molti acquistano il biglietto in anticipo; un segnale che le persone, soprattutto i giovani, vogliono tornare a vivere con spensieratezza», continua Indino. E proprio la questione della vendita dei biglietti rappresenta una delle novità di maggiore interesse per il mondo delle discoteche. Tradizionalmente associata alla figura del pr o alle lunghe file d’attesa fuori dai locali, la vendita dei biglietti ora avviene online: «Molte aziende si sono dotate di strumenti tecnologici all’avanguardia per operare in sicurezza. Un investimento che può portare benefici anche a lungo termine», aggiunge Indino.
Halloween grande occasione per il Muretto e l'Altro Mondo
Ma che tipo di ripresa stanno organizzando i titolari dei locali? Dipende, la situazione è molto variegata. «Riapro proprio ad Halloween tre sere con l’Altromondo. Certo il 50% di capienza è un problema ma è meglio che niente. L’entusiasmo c’è, i biglietti si vendono, vedremo come andrà», racconta Enrico Galli che gestisce la discoteca di Rimini. Per lui un massimo di 1.350 ingressi consentiti. In attesa che riparta anche l’altro locale di sua proprietà: il Cocoricò di Riccione. Storico indirizzo del clubbing italiano, dopo varie traversie e l’acquisto da parte di Galli è vicino alla riapertura: «La prossima settimana annunceremo l’inaugurazione nella speranza che, nel frattempo, qualcosa cambi anche a livello di regolamentazioni», conclude Galli.
Situazione simile anche al Muretto di Jesolo. D’inverno la destinazione balneare veneziana è meno battuta e la stessa discoteca, con una parte di struttura all’aperto, non riesce a sfruttare al massimo il proprio potenziale ma per Halloween la data c’è. «Facciamo due serate: il 30 con il format tradizionale del Muretto che prevede la presenza di un dj internazionale; il 31, invece, ospitiamo il Mamacita, evento reggaeton. Prossimamente, però, ci concentreremo solo su alcuni appuntamenti come Natale-Capodanno e Carnevale», spiega uno dei titolari, Marco Piu. All’interno del locale saranno ammesse circa 3.000 persone e per entrambi gli spazi, al chiuso e all’aperto, sarà considerata la stessa quota di riempimento pari al 50%.
Sostenibilità economica, una questione di riempimento
Numeri ed entusiasmo che, tuttavia, non bastano a rendere sostenibile l’attività. «Ripartiamo ma è sicuramente una situazione di sacrificio per noi. Per tutti gli adempimenti che abbiamo come aziende c’è bisogno di introiti maggiori che derivano da una maggiore capienza. Siamo fiduciosi di arrivare presto al 100% quindi questo weekend lo prendiamo come un banco di prova generale», spiega Roberto Carbonetti, proprietario di tre locali in apertura (su sei totali) a Piacenza. Si tratta del Caprice, del Comoedia e dei Laghi di Tuna. I tre indirizzi sono già al secondo weekend di apertura e possono accogliere circa 350 clienti per struttura. «Le persone hanno voglia di divertirsi. Il problema è che con lo stato attuale delle regole dobbiamo lasciare fuori molte persone. Con il rischio che si creino problemi e frizioni all’ingresso. Lo scorso weekend una fila di 30 metri si snodava fuori da uno dei locali. Per gran parte del tempo si è trattato di una cosa ordinata, ma poi con il passare delle ore le cose sono un po’ degenerate. La gente voleva entrare comunque anche se avevamo posizionato dei cartelli con su scritto “tutto esaurito”. Piuttosto che andare a casa rimanevano lì e ci speravano. Alla fine abbiamo dovuto chiamare le forze dell’ordine, anche perché essendo in un quartiere residenziale la protesta degli abitanti stava montando», afferma Carbonetti.
Su questo punto vale la pena un approfondimento. Sicurezza, controllo dei clienti e capienza creano un cortocircuito quando entrano in contatto con il fatto che l’Italia è il Paese, in Europa, con il minor coefficiente di riempimento delle sale: 1,2 persone per metro quadro contro le 2,6 persone per metro quadro a livello continentale. Detto diversamente, la già “scarsa” capienza permessa viene ulteriormente ridotta con tutto quello che ne consegue anche in termini economici. «Abbiamo fatte serate in perdita ma siamo comunque ripartiti perché abbiamo necessità di farci riconoscere e farci riapprezzare dalle persone», spiega Oliviero Giovetti del Qubò di Bologna.
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Anche in discoteca manca il personale
A questo si aggiunge anche la difficoltà di recuperare personale. Un tema che affligge tutto il mondo dell’accoglienza: dai ristoranti agli alberghi, dalle terme ai bar e pure le discoteche non ne sono immuni. «La ricerca del personale è molto difficoltosa. Rispetto a due anni fa ho perso circa il 50% delle persone che lavoravano con noi. Molte, e giustamente direi, visto il blocco prolungato dell’attività hanno trovato occupazione in altri settori e ora diventa complicato sostituirle», racconta Giovetti. Il motivo? «Sinceramente non riesco a comprenderlo fino in fondo. Quando ho cominciato io a vent’anni mi facevo 6 sere a settimane come barista. Era un modo per guadagnare qualcosa ma soprattutto per socializzare. Una soluzione ideale per un ragazoz giovane, no? Eppure questa cosa ora funziona meno come attrattore», conclude Giovetti.
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C'è chi non apre: il Coconuts di Rimini
Fatto sta che, tra una difficoltà e l’altra, c’è anche chi ha deciso di non riaprire. È il caso del Coconuts di Rimini. Capienza totale: 1.400 persone. Con le limitazioni: 700. «Troppo poche per rendere sostenibile la riapertura. Stiamo ancora valutando come affrontare la stagione invernale. Sicuramente ci muoveremo su degli appuntamenti mensili piuttosto che settimanali come facevamo prima. D’altronde, per rimettere in moto un locale devi avere alcune certezze che oggi non ci sono. La prima riguarda anche la capienza: riusciremo a riempire il 50% di quella consentita? Al di là di questo, poi, ci sono tutti i costi fissi di gestione. Come le utenze di luce, gas e acqua per cui anche come singoli cittadini ci aspettiamo un aumento, figuriamoci per un locale come una discoteca fra luci, servizi, riscaldamento e quant’altro. Oppure il fatto di aver bisogno di più personale per seguire tutti i protocolli e garantire la sicurezza dei clienti e dei lavoratori», rivela Morena Paesani che gestisce il Coconuts.
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Alberto Lupini
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