Dolomiti Superski guarda avanti. Niente sci, si pensa all'estate

Il principale comprensorio italiano, come tutti gli altri, deve scordarsi la stagione invernale a causa delle ultime disposizioni governative anti-Covid. Una perdita certamente pesante ma che può essere solo accettata, trovando spunti per rimediare. La stagione estiva 2021, ad esempio, potrebbe dare soddisfazioni

05 marzo 2021 | 08:30
di Leonardo Felician
Negli anni normali, marzo era il periodo migliore per lo sci. Giornate più lunghe e piene di sole, meno freddo in quota, minore affollamento sulle piste e prezzi più bassi con offerte speciali mirate soprattutto alla clientela delle famiglie con bambini. E nei comprensori leader, come Dolomiti Superski con i suoi 450 impianti e 1200 chilometri di discese, l’innevamento programmato e la manutenzione perfetta delle piste da decenni offre garanzia di sciare fino a Pasqua, tanto più con l’eccezionale quantità di neve caduta quest’inverno. 

In questa stagione sfortunata ormai per sette volte è stato rimandato il via libera della stagione sciistica in Italia, generando costi notevoli, mentre i paesi confinanti dell’arco alpino hanno aperto gli impianti cercando di approfittare degli appassionati italiani in maniera poco corretta, per esprimersi in maniera elegante. Tutto era pronto, ma la stagione corrente è completamente saltata e si lavora ormai per il prossimo periodo estivo e per l’inverno 2021-2022.


Alla montagna non resta che l'estate

2.500 operatori rimasti senza lavoro
Thomas Mussner, ladino dell’Alto Adige, attento e competente direttore generale del Consorzio Dolomiti Superski con una vasta esperienza alle spalle, racconta luci e ombre dei mesi trascorsi. Nel suo bilancio c’è certamente rammarico per i 2500 operatori del settore rimasti appiedati nei 12 comprensori che compongono del Consorzio, un forte senso di responsabilità e di rispetto per le scelte del Governo, ma anche qualche nota positiva e di speranza, una luce in fondo al tunnel che illumina il futuro non solo delle Dolomiti, ma di tutto l’arco della montagna italiana dal Piemonte al Friuli Venezia Giulia. E mai come in questo momento di bilanci di una stagione mai cominciata un segno di ottimismo è importante e di aiuto.

A Castelrotto, località di villeggiatura estiva e invernale sull’Alpe di Siusi amatisima dalle famiglie con bambini, nella sede della direzione del Consorzio i mesi trascorsi sono stati molto intensi di attività: la continua speranza di aprire la stagione, sempre rimandata, ha imposto di organizzare comunque tutto per essere operativi, con l’eccezionale livello di qualità per cui Dolomiti Superski è conosciuto, cui quest’anno si è aggiunto anche un eccezionale livello di sicurezza grazie a rigorosi protocolli di distanziamento. E’ stata predisposta tutta la tecnologia per veicolare informazioni ai clienti, compresi gli affollamenti nelle biglietterie e alle partenze delle risalite, con chiaro effetto di prevenzione.

100 milioni di rinnovamenti... inutili
Si è lavorato a fianco delle istituzioni per la definizione dei più accurati protocolli di sicurezza. A inizio stagione nelle notti fredde è stato preparato un sufficiente quantitativo di neve artificiale a base di acqua e aria, con consistente impiego di energia elettrica, sono state fatte simulazioni di apertura, reclutato il personale, risposto ai numerosi clienti che continuamente si rivolgevano per telefono, email o chat da ogni parte d’Italia per informarsi, battute le piste e tenute pronte giorno per giorno. Nel comprensorio sono stati investiti quest’anno oltre 100 milioni di euro in rinnovamenti e miglioramenti di impianti e nuove piste, senza avere la soddisfazione di poterle mostrare agli appassionati. Si tratta di programmazioni lunghe, magari partite da anni tra concessioni, studi ambientali e paesaggistici, progettazione ingegneristica, ordini di macchinari, realizzazione e montaggio: la programmazione del territorio non si è certo arrestata con il Covid. Ma le piste non sono state mai aperte.


Niente da fare per gli amanti dello sci

Nella vicina Austria si è adottata una formula diversa che ha permesso l’apertura degli impianti vietando però l’apertura dei rifugi in quota, il vero luogo di assembramento in montagna. Thomas Mussner è impeccabile e non ha nemmeno una parola di critica verso le decisioni prese: l’organizzazione tutta ha dimostrato però grande senso di responsabilità, la sicurezza viene prima di tutto, si va in montagna a sciare per divertirsi, non per preoccuparsi Però una punta di rammarico viene dal fatto di non aver potuto provare nell’operatività le procedure e i protocolli a lungo studiati e messi a punto: se almeno nel periodo natalizio si fosse permesso ai soli residenti delle zone alpine di provare a utilizzare gli impianti e collaudare i protocolli, si sarebbe probabilmente dimostrata l’assenza di pericolo.

Si poteva fare qualcosa di più?
In fondo il distanziamento sulle piste c’è eccome: chi scia è intabarrato e paludato con scafandri quasi da astronauta, non è lì il pericolo del contagio, se vengono ben disciplinate le code e l’accesso ai mezzi di risalita, la cui portata ormai è straordinaria, per cui lavorando anche a metà o a un terzo della capienza e distanziando al massimo si sarebbe soddisfatta la domanda. E soprattutto si sarebbe fatta un’esperienza pilota, imparando qualcosa in sicurezza e con numeri piccoli, ma così non è potuto essere. Un’ulteriore difficoltà è stata la diversa colorazione delle regioni Veneto e Trentino-Alto Adige e addirittura delle due province autonome, con cambiamenti di colore repentini, un vero guaio per Dolomiti Superski i cui impianti sono a cavallo delle tre province di Bolzano, Trento e Belluno.  E nel cuore ladino delle Dolomiti, patrimonio naturale dell’Umanità dell’Unesco, il circuito del Sella Ronda, l’ineguagliabile tour sciistico che non c’è appassionato di sci che non conosca, le tocca appunto tutte e tre.

La situazione ormai si va aggravando dal punto di vista economico: non c’è stata ancora evidenza dei fondi per i ristori, gli addetti stagionali hanno finito anche la cassa integrazione e sono ormai senza stipendio, ma il problema è ben presente sui tavoli di Roma e c’è fiducia nell’opera del nuovo Governo Draghi. «Non è facile - commenta Thomas Mussner - rinunciare a un fatturato invernale che si attesta intorno ai 360 milioni di euro senza mettere in ginocchio l’intera economia delle province alpine, giacché gli impianti di risalita sono il volano che tira una cordata di fatturato 7-8 volte maggiore tra alberghi, affittacamere, ristoranti, bar, rifugi, servizi di trasporto, maestri di sci e noleggio di attrezzature». Un cambiamento epocale che ha trasformato terre povere, marginali e di emigrazione in località ricche, ambite e leader del turismo in Italia, merito dell’imprenditoria visionaria e dell’indefesso lavoro di decenni di grandi pionieri degli impianti di risalita come Gianni Lazzari, consigliere e fino a pochi mesi fa presidente del Consorzio, Gianni Marzola e il Cavaliere del Lavoro Erich Kostner, purtroppo entrambi scomparsi da tempo.

L'estate ha limitato i danni
Ma non ci sono solo ombre nell’anno orribile del 2020. L’estate sulle Dolomiti è andata molto bene, partita con qualche settimana di ritardo forse, ma poi ha galoppato e in tutta sicurezza con tanti italiani, molti più del solito, che hanno compensato il calo degli stranieri, ampiamente previsto viste le chiusure dei confini e la diffidenza verso il nostro Paese creata dalle notizie tendenziose diffuse sull’Italia prima che tutt’Europa piombasse nello stesso incubo. Molti hanno scelto quest’anno la montagna anche a causa anche dei dubbi ingenerati dalle diverse ordinanze regionali su spiagge, ombrelloni e piscine che hanno lasciato fin oltre metà giugno nella più completa incertezza le località di villeggiatura di mare, a riprova dell’imparzialità di un Governo abile nel danneggiare gli uni e gli altri. Si sono viste nelle località alpine tante famiglie italiane con bambini e tantissime mountain bike.

L’aspetto positivo e la scommessa è che chi ha scoperto la montagna estiva nel 2020 o la scoprirà nel 2021 ci ritornerà ancora più avanti, ribilanciando un po’ l’estate, un tempo stagione di villeggiatura montana per eccellenza, poi da decenni messa in ombra dallo strapotere della stagione invernale.


Gli impianti non sono mai partiti

Concorda sull’importanza della stagione estiva anche Andy Varallo, nipote di Erich Kostner e attuale presidente del Consorzio Dolomiti Superski e sottolinea il ruolo degli impianti nel caratterizzare l’offerta estiva della montagna, che da un’offerta indifferenziata sta evolvendo verso target specifici: gli sportivi della mountain bike, le famiglie con bambini piccoli, gli appassionati di geologia, etc.

Il presidente aggiunge anche la necessità di agire subito di concerto con le istituzioni nel ricostruire un’immagine di sicurezza della montagna, danneggiata da informazioni non sempre esatte e tempestive. Nonostante le numerose presenze di turisti, l’estate nelle vallate dolomitiche non ha generato contagi ed è stata gestita con attenzione e in maniera diametralmente opposta alle sciagurate aperture di alcune località di villeggiatura all’estero, ad esempio le isole e le spiagge della Croazia. E nella seconda ondata autunnale della pandemia, che ha interessato purtroppo più di un milione di italiani, gli impianti di risalita erano totalmente chiusi, da settembre 2020 a tutt’oggi.

Chi lavora nel comprensorio Dolomiti Superski da sempre è abituato a guardare avanti e programmare. Nella prossima estate 6 nuove aperture di impianti sono già confermate in aggiunta al centinaio tradizionalmente in funzione per ammirare in quota le Dolomiti in abito estivo o per scendere in mountain bike tra scenari di emozionante bellezza.

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Alberto Lupini


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