L’intento è senza dubbio nobile, ma è il caso di partire con due domande: non sarebbe meglio prestare maggiore attenzione a certe uscite, che rischiano di creare soltanto confusione? E magari anche mettersi nei panni di chi, come ad esempio diversi alberghi e locali, ha investito per essere a norma di legge? Perché, come ha chiesto Alessandro Nucara, direttore generale di Federalberghi: «Le aziende che hanno fatto degli investimenti per permettere ai clienti di fumare, cosa dovrebbero fare?». Stiamo parlando delle dichiarazioni del ministro della Salute Orazio Schillaci, che ha parlato della necessità di «un aggiustamento» alla legge Sirchia, che nel 2003 ha introdotto il divieto di fumo nei locali pubblici, per creare una «generazione libera dal tabacco» e stoppare il proliferare delle sigarette elettroniche. Il ministro , in commissione Affari sociali alla Camera, ha anticipato di voler «estendere il divieto di fumo in altri luoghi all'aperto in presenza di minori e donne in gravidanza; eliminare la possibilità di attrezzare sale fumatori in locali chiusi; estendere il divieto anche alle emissioni dei nuovi prodotti come sigarette elettroniche e prodotti del tabacco riscaldato; estendere il divieto di pubblicità ai nuovi prodotti contenenti nicotina».
Intento nobile, dicevamo, considerato come l’utilizzo di sigarette elettroniche sia in continua crescita soprattutto tra i più giovani, ma proposta parecchio fumosa, tanto per restare in tema. Se, infatti, la linea tracciata appare chiara, meno chiaro è il significato di quell’«aggiustamento» di cui parla Schillaci. Un problema, se si considera che l’aggiustamento interesserebbe un’ampia fetta del mondo del turismo.
Non tanto i ristoranti, come spiega la Fipe-Federazione italiana pubblici esercizi, che anzi, hanno trovato beneficio nella legge antifumo. I ristoranti con area fumatori sono, infatti, oramai mosche bianche. Più colpiti magari potrebbero esser i cocktail bar, le discoteche e gli alberghi con spazio fumoir. Ma il problema vero è capire cosa succederà nei dehors. E sulle spiagge, dove per altro, seguendo esempi europei, diversi comuni hanno già imposto il divieto di fumare.
Dove si può fumare in Italia (sigaretta tradizionale ed elettrica)
Ma quindi dove si può fumare oggi in Italia? E la sigaretta elettronica?
La sigaretta tradizionale, con la legge Sirchia, ad oggi è consentito fumarla liberamente:
- nei luoghi aperti, compresi parchi, stadi e spiagge (non in tutti, come dicevamo)
- in quelli parzialmente aperti (dehors, portici…),
- nelle residenze private
- nelle sale fumatori.
- negli stadi (ma non in tutti)
“Svapare”, ovvero fumare una sigaretta elettronica, non è sempre consentito dalla legge. Però ci sono delle differenze tra il divieto di fumare al chiuso per i prodotti contengono tabacco da combustione e le sigarette elettroniche.
Le sigarette elettroniche non si possono fumare:
- negli ospedali;
- nelle strutture istituzionali;
- nelle scuole e spazi ad esse adiacenti, come giardini, cortili e cancelli;
- nei luoghi pubblici;
- nei centri l’impiego.
Per quanto riguarda ristoranti e bar (ma anche negozi e centri commerciali) al chiuso è il gestore che decide se far fumare la sigaretta elettronica oppure no. Ma ora su questo punto, come dicevamo, vuole intervenire il ministro imponendo il divieto delle sigarette elettroniche anche nei locali.
Obiettivo: generazione senza tabacco
L’obiettivo generale del ministro è chiaro: creare, come prescrive il Piano europeo contro il cancro 2021, una generazione dove meno del 5% della popolazione consumi tabacco entro il 2040. E per farlo bisogna intervenire subito, visto che il numero dei fumatori è cresciuto nel 2022 per la prima volta dal 2006. Concentrandoci, come prosegue Schillaci, anche sulla «costante crescente diffusione nel mercato di nuovi prodotti, come sigarette elettroniche e prodotti del tabacco senza combustione, e delle sempre più numerose evidenze sui loro possibili effetti dannosi per la salute». In attesa che il 23 luglio 2023, gli stati Ue recepiscano nei rispettivi ordinamenti la Direttiva continentale sulle sigarette elettroniche. Fino al 23 ottobre 2023 quando si avrà una vera efficacia delle norme e, con esse, il divieto di circolazione commerciale del tabacco riscaldato aromatizzato. Insomma, un intervento a tutto tondo per contrastare «i molteplici interessi economici legati al tabacco» che coinvolgono i dicasteri economici e che non devono prevalere sulla «tutela della salute».
Ristoranti: «Eventuali “aggiustamenti” non ci colpiscono»
Interessi economici che, come dicevamo, non toccano i ristoranti. Come spiega, infatti, a Italia a Tavola, Luciano Sbraga, vicedirettore di Fipe: «La legge Sirchia ha avvantaggiato i ristoranti e i bar. Oggi i ristoranti con area fumatori sono pochissimi. Delle vere mosche bianche». Si parla, infatti, di 1% dei locali pubblici che ha introdotto una sala fumatori a causa degli elevatissimi costi degli adeguamenti. La legge Sirchia prescrive tutta una serie di norme specifiche per le sale fumatori: devono essere ventilate separatamente, con specifici valori circa il tasso di ricambio dell’aria; la pressione atmosferica in tali sale deve essere costantemente più bassa di quella delle sale adiacenti; devono essere munite di porte a chiusura automatica. Appunto costi ingenti e un “gioco” che non vale la candela e che spesso, come continua Sbraga «crea anche “danni” al ristoratore nella gestione “battibecchi” tra fumatori e non, sul chiudere la porta ecc…».
Da chiarire la questione dehors
Ma, è proprio, il caso di dirlo: dalle aree fumatori ci si sposta all’esterno: «Il vero problema - continua Sbraga - sarà quello di capire cosa succederà nei dehors. Se il divieto di fumo all’esterno sarà solo in presenza donne in gravidanza e bambini, come si deve comportare il cameriere? Spegne la sigaretta?».
Federalberghi attende chiarimenti
«Stiamo parlando di un'idea e non possiamo quindi che essere generici nel commentarla, così com'è generica la proposta - ha sottolineato Nucara a Italia a Tavola - Di certo gestire uno spazio fumatori è complicato, tra odori che ristagnano e materiali che si deteriorano, e sarebbe più facile per un locale pubblico lasciar stare. Non possiamo però pensare soltanto alle nostre comodità, ma anche alle esigenze del cliente. Dopo il 2003, in molti hanno tagliato il problema alla radice, ma tanti altri hanno fatto degli investimenti, nel rispetto della legge, per consentire al cliente di fumare. Per questo qui metterei un punto interrogativo alla proposta: se è una libera scelta del cliente e non condiziona gli altri, perché no?».
Nucara aggiunge poi un'altra osservazione: «Cosa si intende per spazi al chiuso? Le camere d'albergo sono domicilio privato del cliente e non è possibile controllare, se non a posteriori. Mi sembra che, in questo senso, la soluzione ci sia già. Si può infatti scegliere tra camere fumatori e camere non fumatori».
Spiagge sempre più smoke free
Servono dunque chiarimenti più specifici per quanto riguarda la volontà di estendere il divieto di fumo all’esterno. Anche, se come ad esempio, stanno dimostrando le spiagge, la direzione sembra essere quella.
In Italia, come sta già succedendo in Europa (a Barcellona è stato vietato fumare in spiaggia dopo un progetto pilota avviato nel 2022; divieto di recente instituito anche a Tenerife), ci sono diversi comuni che hanno imposto il divieto di fumare in spiaggia: Chioggia in Veneto; Alba Adriatica in Abruzzo; Cesenatico, Ravenna e Rimini in Emilia Romagna; Anzio, Fiumicino, Gaeta, Ladispoli, Ponza, Sperlonga e Torvaianica nel Lazio; Arenzano, Lerici, Sanremo e Savona in Liguria. E anche in Puglia, dove l’estate scorsa sono scattate le prove, dall’estate 2023 dovrebbe scattare, invece, il divieto ufficiale.
Fumo negli occhi per i fumatori dunque, vittoria per tutti gli altri.
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Alberto Lupini
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