Più che rabbia, una grandissima delusione. Soprattutto verso le istituzioni che ieri, a pochi giorni da Capodanno, hanno deciso di chiudere le discoteche per San Silvestro. Il motivo? Evitare assembramenti in luoghi chiusi mentre continuano ad aumentare i contagi sospinti anche dalla variante Omicron che rappresenta quasi il 30% dei nuovi casi. E così saltano tutti i programmi. Con un impatto che rischia di costare fino a 60 milioni di euro di mancati incassi per le circa duemila aziende di spettacolo e intrattenimento presenti in Italia. Le stesse che solo il 16 ottobre erano riuscite, finalmente, ad aprire dopo oltre 20 mesi di chiusura.
Le associazioni di categoria: «Hanno deciso senza coinvolgerci. Il Governo posticipi il decreto»
«Non è possibile che ancora una volta veniamo discriminati come settore e come imprenditori. Abbiamo 90mila dipendenti, 2mila aziende che hanno resistito, un 33% che invece ha già chiuso. Cosa vuole il Governo? Dare in mano a improvvisati il nostro settore? Le istituzioni devono smetterla di comportarsi furtivamente e decidere senza coinvolgerci e togliendo, di fatto, una delle maggiori voci di guadagno dalle mani delle discoteche invernali che proprio ora dovrebbero vivere il proprio picco di presenze; peraltro ridotte al 50% della capienza disponibile», tuona Luciano Zanchi, presidente di AssoIntrattenimento. Al di là di tutto, infatti, la «disperazione» è per il mancato coinvolgimento dei diretti interessati su una decisione di questo tipo: «Abbiamo saputo dai media che avremo dovuto chiudere. E stiamo ancora aspettando la pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale», commenta Zanchi.
Nell’attesa, si valutano già le azioni da intraprendere: «La prima è chiedere al Governo di impegnarsi a posticipare il provvedimento al 2 gennaio. Questo ci permetterebbe di respirare un po’ mantenendo la serata di Capodanno che per il nostro settore significa un 15-20% di fatturato utile a consentirci di attendere tempi migliori. Sappiamo infatti che quando si intraprende un percorso di chiusure come queste il rischio è che venga protratto a lungo», afferma Gianni Indino, presidente del Sindacato italiano locali da ballo dell’Emilia-Romagna, territorio simbolo della nightlife italiana.
Aziende costrette a disdette e cancellazioni a caro prezzo
A sentire le aziende, il colpo suona come un ko. «Noi avevamo già venduto 600 prevendite che dovremmo rimborsare. Capodanno era una serata su cui facevamo affidamento. Dovendo rimborsare tutti, lasciando a casa i lavoratori, disdicendo tutti gli impegni con gli artisti e le maestranze sarà un duro colpo. Anche perché, nel frattempo, abbiamo lavorato solo due mesi al 50% di capienza, non abbiamo fatto tanto», racconta Lorenzo Citterio, proprietario dell’Alcatraz di Milano. Un prezzo salato che risulta difficile pagare: «Dal punto di vista epidemiologico non ci sarà alcun cambiamento con la chiusura delle discoteche. Il provvedimento è stato preso solo per accontentare l’opinione pubblica ma senza basi solide per un effetto benefico su tutta la popolazione», sostiene Citterio.
Una posizione condivisa anche da Giancarlo Borniggia, proprietario del Piper di Roma: «Quello che è successo nelle ultime 24 ore sa di dittatura. Ieri alle 16.30 sulle agenzie di stampa si leggeva delle discoteche aperte con super green pass e tampone. Dopo tre ore, il ministro Speranza dice che le sale da ballo devono rimanere chiuse da Capodanno a fine gennaio. Questa cosa è inammissibile, intollerabile. Le informazioni per scrivere le regole del gioco erano conosciute dal Governo già a ottobre. Che l’epidemia potesse aumentare era noto da tempo. Oggi le nostre aziende si trovano ad aver preso impegni che non riusciranno a rispettare per un danno economico enorme quantificabile in circa 60 milioni di euro». Peraltro senza contare tutto l’indotto come food&beverage, servizi, personale a chiamata, maestranze dello spettacolo e via discorrendo.
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Parole che ritornano anche nel commento di Maurizio Casarola, proprietario del locale da ballo Melaluna ad Ancona: «Che ci sia la pandemia ok, ma non si può allertare un settore come il nostro a pochi giorni dall’ultimo dell’anno con tutte le spese che abbiamo fatto e tutti gli investimenti sostenuti. Per il Veglione avevamo organizzato una serata da ballo che ora non possiamo fare. Avevamo addirittura assunto una persona per aiutarci nei controlli. Ora siamo punto a capo. Con un ammanco del 10% di fatturato in più».
Allarme abusivismo: chi controllerà?
Il rischio ora è che questo nuovo stop alle discoteche vada ad alimentare il fenomeno dell’abusivismo, da un lato, e quello degli assembramenti in case private, dall’altro. «Con questa decisione, si abilita il sistema degli abusivi: se qualcuno pensa che i ragazzi la notte di Capodanno non escano o si chiudano in un bar hanno sbagliato tutto. E poi, vengono favorite le feste casalinghe senza alcun controllo, mentre noi avremmo garantito luoghi sicuri», afferma Indino. Per Zanchi «è scontato che bar, ristoranti e alberghi possano utilizzare questa situazione per organizzare cenoni a sfondo musicale senza peraltro averne la licenza. Chi controllerà?».
La ripresa sarà durissima
Situazioni che spingono verso una prospettiva di ripresa difficile. Proiettandosi oltre il 31 dicembre, infatti, il rischio è che sarà ancor più difficile riportare la gente in pista. «In questi ultimi mesi le persone avevano imparato a convivere con il virus. Chi voleva fare una serata, sapeva di poterla fare in sicurezza nei nostri locali. La decisione presa dal Governo smonta questo assunto. La gente troverà delle alternative e ci si abituerà. Quindi sarà più difficile convincere i clienti a tornare da noi», confessa Citterio. Un timore che cresce più si alza l’età media di chi frequenta i locali da ballo. «Nelle Marche quasi l’80% dei locali è multipista e accoglie una clientela che va dai 35 ai 70-80 anni. Se per i più giovani il rischio di contagiarsi è più basso, per una clientela più agée diventa un deterrente pericoloso soprattutto se alimentato da una campagna stampa martellante e allarmista», racconta Casarola.
Infine, insomma, resta una profonda «amarezza», perché «non c’è organizzazione. Questo è il grosso problema del nostro Paese: si vuole legiferare per trovare soluzioni estemporanee a problemi prevedibili e gestibili», conclude Borniggia.
La solidarietà dei pubblici esercizi
«Le imprese e i lavoratori meritano rispetto e il Governo, con la decisione di chiudere le discoteche fino al 31 gennaio, ha dato il colpo di grazia a migliaia di imprese e ai lavoratori di tutto l'indotto», così la Federazione italiana dei pubblici esercizi (Fipe) esprime la propria solidarietà alle discoteche. In una nota, la Federazione ha puntato il dito contro le modalità con cui è arrivata la comunicazione sullo stop al ballo in pista: «Le anticipazioni prevedevano che si potesse continuare a frequentare i locali con doppia vaccinazione e tampone rapido. D’improvviso la retromarcia del Governo, con l'effetto paradossale di mettere in discussione proprio la campagna vaccinale. Una scelta inopportuna, anche perché diretta contro un unico settore, il più bersagliato in questi mesi di pandemia, che contava già perdite superiori ai 4 miliardi».
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Alberto Lupini
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