La dignità professionale dei rider: sono loro l'ultimo step (basilare) della delivery
Vista la loro basilarità in questa pandemia, potrebbero diventare la 7ª categoria del sondaggio Personaggio dell'anno di Italia a Tavola. Sono i rider, che assicurano la consegna dei pasti . Loro tratteggeranno i contorni giuridici della gig economy, sia che diventino lavoratori autonomi o dipendenti
05 gennaio 2021 | 08:30
di Vincenzo D’Antonio
Rider, la 7ª categoria del sondaggio Personaggio dell'anno?
I rider, l'ultimo step della consegna a domicilio
Ad oggi i rider sono stimati in numero di circa 30mila. La loro mansione, l’espletamento diligente della loro attività, copre l’anello ultimo della catena costituita dalla delivery. I rider attuano la fase delivery (= consegna a domicilio) propriamente detta. Dalla sede del luogo di produzione e confezionamento portano la box al domicilio del cliente destinatario.
La categoria dei rider: cos'è, da chi è costituita
I rider stanno svolgendo un servizio necessario che lenisce i disagi dell’isolamento dovuto a lockdown e a zone a colori. In prima approssimazione le sfaccettature della categoria sono quattro, qui di seguito elencate.
- Gli immigrati: porta d’ingresso per accedere al mondo del lavoro lecito.
- Gli italiani giovani: scelta consapevole onde svolgere un’attività autonoma senza il cappio del lavoro dipendente.
- Gli italiani di non verde età: espediente per “tirare a campare” onestamente, talvolta uno dei “lavoretti” in un bouquet di “lavoretti” la somma dei quali comporta reddito atto a sopravvivere degnamente. Insomma, il classico “rimboccarsi le maniche” in nome del “tengo famiglia”.
- Gli studenti: di certo con prospettive ben diverse per il loro futuro lavorativo, vissuto come lavoretto temporaneo onde disporre di un proprio reddito senza questuarlo ai genitori.
Rider, l'inquadramento del lavoro: dipendente o autonomo?
Sintomatico del momento transiente dei rapporti di lavoro nella società è proprio la situazione del rider: lavoro autonomo o lavoro dipendente?
L’elemento innovativo è dato proprio dalla fluidità delle preferenze: non tutti i rider preferiscono l’inquadramento da lavoratore dipendente. Lo stesso dicasi, ed il fatto desta stupore, per il datore di lavoro. Propendono per un rapporto di lavoro autonomo le singole realtà di ristorazione che non si possono sempre permettere un proprio dipendente diretto e si rivolgono per erogare servizio di delivery alle terze parti. Terze parti che, con lungimiranza e consapevoli di erigere sia barriere all’ingresso che barriere all’uscita, cominciano esse per prime a studiare favorevolmente ipotesi di inquadramento del rider come lavoratore subordinato.
In definitiva, almeno nel termine medio assisteremo ad una coesistenza tra lavoratori autonomi e lavoratori dipendenti. Sarà proprio il mondo dei rider a tratteggiare i contorni giuridici della cosiddetta gig economy, oramai non più banalmente riconducibile alla cosiddetta “economia dei lavoretti”.
Soft skills e hard skills
In un mondo del lavoro che (finalmente) comincia a considerare le soft skills di importanza pari alle hard skills, serenamente diciamo che per fare il rider non è che poi ci vogliano chissà quali elevate hard skills. Potremmo ricondurre l’hard skill fondamentale a sapere andare in bicicletta, saper guidare un motorino.
Ma attenzione, qui le soft skills, condizione tipica dei lavori ad alta componente di servizio, sono ben più importanti, ed anche difficili da trovare sul mercato. Esse sono fondamentalmente tre:
- l’attenzione al cliente,
- la capacità organizzativa,
- il senso di responsabilità.
Il rider, la 7ª categoria del sondaggio Personaggio dell'anno
In definitiva, rimanendo nel mondo della ristorazione in accezione estesa e quindi non considerando gli operatori della sanità, ci pare normale e doveroso riconoscere il rider come Personaggio dell’anno.
Non nascono con la pandemia, ma assumono funzione delicata ed indispensabile durante la pandemia. Sono i rider, non dimentichiamolo, ad assicurare la consegna dei pasti a domicilio. Saranno i rider a trasformare la percezione di mansioni considerate povere e svolte da fasce deboli, in un’attività di servizio con propria dignità professionale nella nuova normalità.
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