Dieta mediterranea, uno stile di vita tra gusto, cultura e condivisione

La dieta festeggia quest'anno il decennale dalla consacrazione a Patrimonio Unesco. La sua storia ha radici profonde in Italia e proprio gli italiani sono chiamati a tenere alto il suo valore . La sua forza non è solo quella di rappresentare un modo sano di mangiare, ma anche di vivere la tavola con la voglia di stare insieme agli altri

26 settembre 2020 | 12:30
di Vincenzo D’Antonio
Una dieta che non è dieta. Almeno non lo è, e ciò le assurge a grande merito, laddove per dieta si intenda il significato comune che si assegna a questo termine da quando, purtroppo per noi tutti, siamo sull’orlo del pericolo perenne della bulimia causata dal consumo per il consumo. Codesta è una dieta che non misura calorie, chili e centimetri. Non è una dieta che bada al girovita, bensì anela alla salvaguardia di qualcosa di fondamentale per tutti noi: la qualità della nostra vita, altro che girovita.


Dieta mediterranea significa condivisione

E allora è dieta nell’accezione storica e profonda del termine: è regime di vita, è stile di vita, è l’insieme armonico di dettami comportamentali suggeriti. Sommessamente e saggiamente suggeriti, giammai imposti. Velleitario imporli e doveroso suggerirli. Insomma, stiamo parlando della dieta che poggia i suoi cardini comportamentali su tre pilastri: convivialità, sostenibilità, stagionalità. Una “dieta” che amalgama felicemente l’eredità del mondo classico con le tradizioni locali delle sponde del Mediterraneo. Un Mediterraneo che, teniamolo bene a mente, “unisce” e non divide. È la Dieta Mediterranea.

Dieta Mediterranea che in questo autunno corrente, precisamente il 16 novembre celebra il decennale del riconoscimento Unesco quale Patrimonio culturale dell’Umanità. La Dieta Mediterranea, distinguo mica di poco conto, fu “scoperta”, non fu “inventata”. A scoprirla, due talentuosi scienziati, coppia nella vita: il medico Ancel Keys e la sua consorte Margaret, biologa. Ancel Keys fu il medico che inventò la cosiddetta razione K (K, da Keys, il suo cognome) grazie alla quale le truppe statunitensi erano poste in ottime condizioni di prestazione durante i combattimenti. A guerra finita Ancel Keys cominciò a studiare la considerevole patologia degli statunitensi, affetti da problemi cardiovascolari. Venne a parlarne, durante un suo anno sabbatico ad Oxford nel decennio ’50, ad un convegno di medici organizzato dall’ateneo federiciano di Napoli. Il suo intervento, diciamo le cose come in effetti andarono, non destò interesse tra i suoi colleghi medici, nonostante il suo prestigio e la sua autorevolezza.

Un medico che gli divenne amico e tutor locale negli anni successivi, ebbe il coraggio di motivargli questo disinteresse: “Noi non abbiamo persone affette da problemi cardiovascolari”. Si usciva dalla fame della guerra, ahinoi la malnutrizione affliggeva, in uno con la scarsa igiene, gran parte della popolazione, eppure erano vicini allo zero i rischi di ictus e di infarto. Moglie e marito, incuriositi dal fenomeno, decisero di studiarlo approfonditamente e lasciarono Oxford per trasferirsi a Napoli. Analisi a tappeto su migliaia di maschi adulti tra i 39 ed i 59 anni di età, in prevalenza operai Italsider e vigili urbani. Pazzesco: bassi livelli di colesterolo. Per Ancel e Margaret la lampadina si accende e ciò che adesso è divenuto pensiero comune e condiviso, all’epoca fu intuizione epocale: la correlazione tra le abitudini alimentari (e non solo) e le malattie cardiovascolari.
Sorta di eureka che spronò i coniugi Keys a stabilirsi definitivamente in Italia, a sud di Napoli: nel Cilento. Il Cilento è quel lembo fatato del Creato che va da Paestum a Sapri. Elessero dimora a Pioppi in località che vollero denominare Minnelea, a voler fare unione anche toponomastica tra la loro provenienza, la città di Minneapolis, e la loro nuova casa in Velia che è l’attuale Elea. L’Elea dove nacque e fiorì la scuola filosofica eleatica fondata da Parmenide e Zenone nel V secolo a.C. Il dichiarato intento di Ancel Keys, una sorta di sfida a se stesso, fu quello di vivere venti anni oltre l’età media dei suoi connazionali. Ci riuscì benissimo ed andò ben oltre. Ancel Keys morì a 100 anni compiuti ed a 94 anni morì sua moglie Margaret.

La Dieta Mediterranea non solo contribuisce alla longevità, e quindi al permanere dell’”essere” in vita, ma contribuisce fortemente al “benessere” ovvero al vivere la quarta età in piena salute e quindi godendo delle gioie della vita fino all’ultimo, piuttosto che spengersi tra le sofferenze. Un benessere oltre che un essere. Medico e biologa, individuarono i tre alimenti simbolo della triade mediterranea: cereali - ulivo - vite. A conseguirne, mediante processi millenari affinati nel corso dei secoli ma mai radicalmente mutati: il pane (e la pasta), l’olio, il vino.


Cultura e gusto viaggiano a braccetto

Alimenti di tale sacralità che avevano dei in esclusiva: Demetra (Cerere per i Romani), Atena (Minerva), Dioniso (Bacco). Alimenti la cui sacralità è tale che assurgono presenti e con ruoli importanti nelle tre grandi religioni monoteiste.
Ancel Keys non adoperò mai la parola “dieta mediterranea”, al più parlava di “Mediterranean Way of Life”. Insomma, sebbene medico, comprese perfettamente che poco avrebbe la suddetta triade senza i tre suddetti pilastri. Vera la reciprocità. Ne sortisce ex-post, grazie ai discepoli di Keys, una raffigurazione della Dieta Mediterranea, lodevole l’intento didattico - divulgativo, in forma di piramide. Alla base gli alimenti di uso quotidiano, ovvero quelli fortemente suggeriti onde vivere bene ed a lungo, al vertice gli alimenti che non sono da demonizzare ma comunque da usare raramente. Mai attecchito qui il famigerato km zero. Semplice: gran parte degli alimenti di base, guardati attraverso le sagge lenti della storia, non hanno “nascita” nel Mediterraneo, si pensi al pomodoro, alle patate, al mais, ai peperoni, alle melanzane (e tanti altri ancora) ma dalla gente mediterranea sono stati “adottati”. Nei comportamenti, nelle diete in accezione augusta (la vita e non il girovita), il certificato di adozione è molto più significativo del certificato di nascita. E si adotta quando c’è contaminazione, quando il forestiero è il benvenuto portatore di conoscenze incrementali e non il nemico da respingere e sconfiggere. Altra grande lezione del Mediterraneo!

Utilizziamo perciò questo decennale per rimeditare sulla Dieta Mediterranea e per guardare ad essa per quanto può rappresentare in questo momento non proprio spensierato e sereno (causa Covid) che stiamo vivendo. Pensiamo la Dieta Mediterranea come la ricetta per vivere insieme (convivialità) tornando a rispettare i tempi ciclici della Natura (stagionalità) secondo pratiche che non nuocciano al pianeta e quindi in definitiva a noi tutti (ecosostenibilità/green economy). La Mediterranean Way of Life da intendersi anche come disponibilità all’integrazione e propensione allo scambio. Plutarco faceva un’affermazione frutto di riflessione profonda: “non ci si siede a tavola per mangiare, no! Ci si siede a tavola per mangiare insieme”.

Ed “insieme” (concetto forte evocato da Papa Francesco) in sintonia con i suggerimenti della Dieta Mediterranea, proviamo a costruire la nuova normalità per continuare a fare in modo che l’essere mai sia disgiunto dal benessere. Assumiamo volentieri l’impegno di continuare a parlare di Dieta Mediterranea e di come essa possa svolgere ruolo virtuoso nella nostra ristorazione, quella ristorazione che vuole esplorare il sapere che non ha mai dimenticato il sapore.

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