Dehors, che caos! Tornano a pagamento, ma non dappertutto

Con la fine dello stato di emergenza molti Comuni hanno scelto di chiedere di nuovo la tassa per l'occupazione di suolo pubblico, che era stata sospesa per favorire il rilancio post pandemia di bar e ristoranti. Non tutti però: ogni città ha una linea diversa e la confusione regna sovrana. Roma è un caso emblematico

02 aprile 2022 | 05:00
di Berto Silva

Mentre una recente indagine del Censis – Il valore economico e sociale della distribuzione Horeca nel post Covid-19 - rileva che il 96,1% degli italiani sta tornando a frequentare bar e ristoranti dopo la pandemia, bar e ristoranti che avevano goduto della concessione delle occupazioni di suolo pubblico rischiano di essere nuovamente penalizzati con la scadenza dei "tavolini liberi" a partire dal 1° aprile 2022. Le concessioni rilasciate fuori dalle regole correnti come strumento emergenziale per dare ossigeno agli imprenditori piegati dalla crisi economica, non saranno quindi più un vantaggio ma, al contrario, potrebbero rivelarsi una mannaia che andrà a penalizzare soprattutto le grandi città, in particolare quelle vocate al turismo e all'arte. In primis Roma, dove i costi per i plateatici potrebbero essere molto salati. 

I dehors tornano a pagamento a Roma

Roma infatti, da questo punto di vista, è una città emblematica. I bar e i ristoranti che avevano ottenuto un maggior suolo pubblico potranno continuare ad averlo e dunque a sfruttarlo, senza smontare gli arredi, ma cominciando a pagare i canoni per l’utilizzo della strada. Non proprio una bella notizia, visto che il segmento ristorativo ancora soffre degli effetti negativi prodotti dal Covid a cui si sono aggiunti anche i rincari dovuti al caro energia e alle materie prime. Insomma, la questione dehors è più che spinosa nonostante la proroga fino al 30 giugno dell’Amministrazione capitolina grazie all’impulso delle associazioni di categoria in particolare della Fiepet-Confesercenti. Il discorso non varrà invece per tutte quelle attività che, con la scusante della pandemia, hanno ecceduto anche i limiti eccezionali creando problemi non sono di decoro ma soprattutto di viabilità. In sostanza, i locali che hanno ottenuto più spazi durante l’emergenza continueranno ad usarli se regolarmente pagheranno i canoni, ma ci sarà comunque bisogno di un riordino del settore attraverso una concertazione tra Comune e Sovrintendenza per rivedere o comunque modificare i piani di massima occupabilità o i limiti alle nuove occupazioni in chiave tutela decoro.

La posizione dei ristoratori romani

I ristoratori di Roma chiedono al Governo di garantire la possibilità prorogare l'utilizzo delle concessioni gratuite. «Siamo ai minimi storici, serve un’inversione di tendenza per far ripartire le nostre imprese e rimettere in moto il Pil cittadino - ha evidenziato Massimiliano Marucci, proprietario del ristorante Rosso in viale Aventino - Una proposta ragionevole sarebbe una proroga delle Osp emergenziali di due anni, tempi necessari per ammortizzare le eventuali spese per il dehors di qualità che partono dai 5mila ai 15mila euro, permettendo alle aziende di non pagare il canone per il primo anno e pagarlo invece maggiorato quello successivo. Un intervento di questo tipo ci darebbe una boccata d’ossigeno e ci permetterebbe di lavorare in modo continuativo, e al tempo stesso garantirebbe all’amministrazione di percepire comunque introiti nelle casse comunali».

La richiesta delle associazioni di categoria

Sul tema è intervenuta anche Fiepet-Confersercenti con il presidente di Roma e Lazio Claudio Pica: «chiediamo una proroga delle Osp emergenziali. Un intervento che ha rappresentato un’azione virtuosa per le imprese e che deve proseguire, del resto lo confermano anche i dati in nostro possesso. Il nostro centro studi ha realizzato un report sulle occupazioni di suolo pubblico analizzando i flussi economici mettendo a confronto il 2019 rispetto al 2020-2021, periodo in cui sono entrate in vigore le Osp emergenziali. I dati ci dicono che tra il 2020 ed il 2021 c’è stato un aumento del 60% del comparto della ristorazione, lieve ripartenza, dovuta anche alla messa in vigore appunto dalle Osp emergenziali, che ha registrato un cambiamento delle modalità di consumo dell’utenza che ha preferito la convivialità all’esterno. I dati del 2021 rispetto al 2019 stimano comunque una flessione del 28% del settore ristorativo. In particolare, vi è stata una perdita del segmento bar dove si è perso il 45% di consumo di caffè, dovuto anche agli effetti della perdita del turismo di massa e del protrarsi dello smart working che ha visto ridurre le presenze sul territorio nella città, soprattutto nel centro storico dove le perdite sono maggiori del 15% rispetto alle altre zone della città. Dati che rispecchiano gli andamenti nazionali delle città d’arte, e a tal proposito la giunta nazionale della Fiepet-Confesercenti ha chiesto interventi alle Istituzioni a sostegno del comparto turismo. Affinché vi possa essere un’ulteriore ripresa anche nel 2022 è necessario confermare le Osp emergenziali, qualora non venissero prorogate oltre il 30 giugno rischierebbero il posto di lavoro circa 12mila persone e chiuderebbero almeno 1.400 aziende, con grandi ripercussioni su tutta la filiera dai grossisti ai produttori fino alla logistica».

Anche a Venezia si chiede una proroga

A Venezia l'allargamento dei plateatici ha creato anche qualche problema di transito ai pedoni di passaggio lungo i calli e le piazze della città lagunare. Un problema che con la fine dello stato di emergenza dovrebbe essere ridotto. Ma il decadere dell'ampliamento dei plateatici concesso per l'emergenza sanitaria non è vista di buon occhio dai gestori di bar e ristoranti. Ernesto Pancin, direttore di Aepe, l'Associazione pubblici esercizi di Venezia, intervistato da Il Gazzettino di Venezia Mestre, ha dichiarato che i plateatici dovranno rimanere come ora fino a quando rimarranno valide le regole del distanziamento sociale, e più in generale fino a quando la pandemia non sarà sparita. «Se questo può rappresentare una opportunità di lavoro in più, va data - ha detto - Le nostre imprese hanno ancora bisogno di aiuto, in quanto l'emergenza economica rimane attuale e potrebbe durare ancora per qualche anno».

 

 

A Milano torna la tassa, ma si paga solo il 20%

A Milano durante l'emergenza pandemica sono spuntati circa 2.500 fra sede e tavolini, di cui 1.300 concentrati nel solo centro storico. Un provvedimento risultato vitale perché i plateatici hanno garantito il distanziamento anti-contagio e facilitato la convivenza con il virus. Come a Venezia è sorta qualche polemica legata agli spazi e in particolare legata alla sottrazione di circa 2.400 posti auto. Ma alla fine il provvedimento ha salvato di fatto la movida milanese. Adesso il Comune ha chiesto ai titolari di bar e ristoranti se rinnovare la richiesta dei plateatici d'emergenza, trasformandoli da temporanei a permanenti (il termine per presentare la domanda è il 15 aprile).

E nelle altre città? 

Il tema è caldo e sta facendo discutere pressoché ovunque. Come detto, sono i Comuni a decidere e la linea non è la stessa da una città all'altra. A Rimini, per esempio, si torna a pagare ma in compenso viene concesso il 50% di spazi all'aperto in più rispetto al 2019. A Monza, almeno fino al 30 giugno, i tavolini saranno invece ancora gratuiti. Stesso discorso a Frosinone, dove non si pagherà fino al 31 dicembre, stessa scadenza decisa dalla Giunta di Genova. Niente da fare invece per bar e ristoranti di Bergamo e Torino, dove si torna a pagare. Si paga anche a Firenze e Bologna, ma con uno sconto. Nella città toscana è del 20% fino a dicembre, mentre in quella emiliana è del 40% ma solo fino a giugno. 

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Alberto Lupini


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