Sì, perché il problema sembrava proprio essere alla radice, ovvero che il Governo non avesse in mente su che cosa agire per evitare assembramenti e quindi il diffondersi del contagio ora che siamo all’alba della terza ondata.
L'ordinanza di Roma che limita i minimarket
L’idea che come Italia a Tavola avevamo proposto era proprio quella di sollecitare i sindaci dei vari comuni ad emanare ordinanze che vietassero il consumo di cibo e alcol per strada, scene che si sono viste a ripetizione nelle ultime settimane. E da Roma la sindaca Virginia Raggi ha risposto per metà. È infatti in procinto di firmare un’ordinanza che impedisce, oltre ai bar, anche ai minimarket e ai negozi di vicinato di vendere alcol dopo le 18. A chu sgarra saranno inflitte sanzioni da 400 a 1000 euro.
«Il divieto di vendere vino, birra e superalcolici dopo l’orario prestabilito - ha spiegato a Repubblica l’assessore al Commercio di Roma, Andrea Coia - riguarda gli esercizi commerciali che non raggiungono i 400 metri quadrati di superficie. L’ordinanza non riguarderà invece i supermercati grandi e gli ipermercati. Così come le enoteche, che secondo il decreto governativo potranno vendere bottiglie da portar via fino alle 21».
Confcommercio ha commentato in modo entusiasta la notizia: «Era scandaloso - ha detto Sergio Paolantoni, direttore di Fipe-Roma - che i minimarket continuassero a vendere birra e vino anche la sera. Brava Raggi, decisione giusta. Ora però fateci aprire i ristoranti fino alle 22, diluire l’orario fa diluire nel corso della giornata il numero dei coperti a tavola».
Gli fa eco Claudio Pica, presidente della Fiepet: «Era da tempo che denunciavamo gli assembramenti da happy hour sul marciapiede per colpa anche dei minimarket aperti la sera».
Davvero può essere una buona soluzione?
Una soluzione che forse non argina il problema al 100%. Primo, perché il problema non è l’alcol ma i ragazzi che si ritrovano per strada. Certo, l’alcol fa da collante, ma anche le patatine e le noccioline lo sono o a volte basta anche una bibita, basta stare all’aria aperta. E poi resta sempre il tormento degli orari: immediatamente, a tutti, viene in mente di fare una scorta di alcolici alle 17 e poi ritrovarsi con gli amici fino alla classica ora degli aperitivi.
E ancora: vero che i negozi di vicinato e i minimarket avrebbero potuto essere dei privilegiati ingiustificati perché sono maggiormente a portata di mano e tendono a rispettare meno le norme anti-Covid, ma entrare in supermercato a comprare un alcolico non è poi così impossibile.
La soluzione è impedire la vendita di alcolici a tutte le tipologie di attività commerciali? No, discriminerebbe chi ha voglia di concedersi un calice di vino a pasto, regolarmente in casa e trancerebbe ulteriormente gli affari della filiera del vino. E allora? E allora, se davvero il problema sono gli assembramenti dei giovani, si torna alla soluzione di cui sopra: i sindaci firmino ordinanze, ma che prevedano il divieto di consumare cibo e alcolici in strada e nelle piazze con l’aggiunta di controlli diffusi, seri, severi.
«Il divieto di vendere vino, birra e superalcolici dopo l’orario prestabilito - ha spiegato a Repubblica l’assessore al Commercio di Roma, Andrea Coia - riguarda gli esercizi commerciali che non raggiungono i 400 metri quadrati di superficie. L’ordinanza non riguarderà invece i supermercati grandi e gli ipermercati. Così come le enoteche, che secondo il decreto governativo potranno vendere bottiglie da portar via fino alle 21».
Confcommercio ha commentato in modo entusiasta la notizia: «Era scandaloso - ha detto Sergio Paolantoni, direttore di Fipe-Roma - che i minimarket continuassero a vendere birra e vino anche la sera. Brava Raggi, decisione giusta. Ora però fateci aprire i ristoranti fino alle 22, diluire l’orario fa diluire nel corso della giornata il numero dei coperti a tavola».
Gli fa eco Claudio Pica, presidente della Fiepet: «Era da tempo che denunciavamo gli assembramenti da happy hour sul marciapiede per colpa anche dei minimarket aperti la sera».
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Alberto Lupini
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