La corsa folle fuori dalla Lombardia Se scappare è un male del 2000
Le immagini di gente che affolla i treni in piena notte per uscire dalla Lombardia hanno lasciato basiti. Ennesimo segnale della poca razionalità con la quale si sta affrontando la situazione coronavirus
08 marzo 2020 | 16:40
di Federico Biffignandi
La stazione di Milano affollata
Quello che non è lecito è la fuga ad ogni costo come quella alla quale abbiamo assistito nella notte tra sabato e domenica - dopo la pubblicazione della bozza di decreto nella quale era stato deciso di mettere i sigilli alla Lombardia - quando centinaia di non-lombardi hanno fatto le valige in fretta e furia per prendere i treni da Milano e scappare nelle loro regioni di origine.
Perché? Con quale scopo? Per andare dove? Alla ricerca di che cosa? Quelli che scappano sono quelli che sono arrivati in Lombardia - per distacco il motore economico dell’Italia per cercare una casa, un lavoro, un contesto sociale nel quale realizzarsi. E al primo inghippo (che tra l’altro riguarderà a breve tutta l’Italia) via di corsa, rinnegando un territorio e delle persone che hanno accolto proprio loro dandogli un’opportunità.
Ma la fuga che in molti hanno potuto vedere grazie alle immagini circolate sul web di una stazione Garibaldi a Milano piena di formiche impazzite uscite dal loro letargo è un altro emblema delle condizioni nelle quali sta vivendo la società di oggi. Il bisogno di andare per forza, di scappare ad ogni costo, di sentirsi costantemente precari, di non voler mai mettere radici, di avere il timore di essere intrappolati, il terrore di fermarsi, l’angoscia di non poter agire sempre e ad ogni costo, la necessità di andare, andare, andare sempre in cerca di qualcosa di meglio. Se possibile, parlando, invece che ascoltando, dicendo la propria invece che rispettare (e apprezzare) il silenzio proprio e quello degli altri.
Diamo la colpa al meccanismo del nuovo millennio che ci chiede sempre di più e sempre meglio eppure in questo primissimo scorcio di 2020 nessuno ci sta obbligando a muoverci, anzi: tutti ci stanno obbligando a rimanere fermi, a casa, in famiglia, possibilmente senza intasare i social con informazioni fuorvianti, inaffidabili, confusionarie, personali che non servono a nessuno.
Ma se qui si rischia di sconfinare nella filosofia, mettiamola ancora più “piatta”. Bene, fuggite dalla Lombardia nella quale magari state vivendo da un anno, dieci anni, anche solo tre mesi. Il rischio che voi, proprio voi che state fuggendo, siate stati contagiati dal maledettissimo coronavirus c’è ed è pure piuttosto alto. Probabilmente mentre fate le valige il virus saltella già su di voi. È pacifico che prendere e scappare fuori dalla Lombardia alzi, notevolmente, il rischio di portare il virus là dove ancora il virus non si è diffuso. Dite che scappate per tornare a casa dalle proprie famiglie: ecco, considerate che potreste essere i primi “untori” di un vostro genitore, fratello, zio, cugino. Ma soprattutto considerate che - a questo punto - se andate fuori dalla Lombardia a portare i contagi, poi non pensate di poter tornare (magari con un virus in corpo) a Milano, Bergamo, Brescia, Lodi e compagnia. È una questione di sicurezza.
E se siete sani e non contagiati né contagiosi, sappiate pure che accalcarvi sui treni aumenta esponenzialmente il rischio di far circolare il virus che, come sopra, lo state portando nelle case delle vostre famiglie. #stateacasa non è solo un hashtag popolare che va tenuto in considerazione adesso, ma un monito anche per quando la situazione di emergenza passerà e allora dovremo rivedere la nostra mentalità, imparando a stare un po’ di più a casa a fare i conti - un po’ più spesso - con noi stessi piuttosto che cercare sempre e comunque una via di fuga - pssobilmente caotica - per evitare di pensare.
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