Il cibo traina l'economia del Paese Lavoro per 3,8 milioni d'italiani

Prima ricchezza del Paese, grazie alla filiera agroalimentare che va dai campi agli scaffali e alla ristorazione, il giro d’affari generato raggiunge in Italia una cifra di 538 miliardi di euro pari al 25% del Pil . Prandini (Coldiretti): «Mai consumato così tanto cibo e vino italiano nel mondo come in questi anni. È necessario preservarli»

30 novembre 2019 | 09:23
In numeri parlano chiaro e scattano una fotografia molto nitida: la filiera del cibo in Italia rappresenta la prima ricchezza nazionale, con 538 miliardi di fatturato (grazie anche a un export in crescita), pari a un quarto del Pil, e 3,8 milioni di posti di lavoro. È quanto emerge dall’indagine Coldiretti sul “Il valore del cibo in Italia” presentata alla 1° giornata nazionale Cibo e cultura, il principale evento di chiusura del programma di Matera 2019, capitale europea della cultura.

Il cibo italiano dà lavoro a 3,8 milioni di persone

Si tratta di una leva strategica per la crescita del Paese, che cresce più e meglio degli altri e che in poco tempo è stato capace di diventare un traino per l’intera economia Made in Italy nei confini nazionali e all’estero, oltre ad essere di fondamentale importanza per l’ambiente e la salute degli italiani.
 
Lo dimostra il fatto – spiega Coldiretti – che mai così tanto cibo e vino italiano sono stati consumati sulle tavole mondiali con il record storico per le esportazioni agroalimentari Made in Italy che nel 2019 hanno registrato un aumento del 4% rispetto al record storico di 41,8 miliardi messo a segno lo scorso anno. Quasi i due terzi delle esportazioni agroalimentari interessano i Paesi dell’Unione Europea dove il principale partner è la Germania mentre fuori dai confini comunitari continuano ad essere gli Stati Uniti il mercato di riferimento dell’italian food.

L'angolo degli Agrichef a Matera

E l’andamento sui mercati internazionali potrebbe ulteriormente migliorare con una più efficace tutela nei confronti della “agropirateria” internazionale che fattura oltre 100 miliardi di euro miliardi di euro utilizzando impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che si richiamano all’Italia per prodotti taroccati che non hanno nulla a che fare con la realtà nazionale. Un’industria del falso sempre più fiorente che ha paradossalmente i suoi centri principali nei paesi avanzati, a partire dall’Australia al Sudamerica, dal Canada agli Stati Uniti dove una spinta importante e venuta daqi dazi punitivi nei confronti dei formaggi e dei salumi italiani che hanno favorito le “brutte copie” locali.
 
Ma il cibo italiano è diventato nel mondo anche sinonimo di salute grazie anche alla Dieta mediterranea. Pane, pasta, frutta, verdura, carne, extravergine e il tradizionale bicchiere di vino consumati a tavola in pasti regolari hanno consentito agli italiani – ricorda la Coldiretti – di conquistare primati nella longevità. Un ruolo importante per la salute che – precisa la Coldiretti – è stato riconosciuto anche con l’iscrizione della Dieta mediterranea nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità dell’Unesco il 16 novembre 2010.
 
Un successo ottenuto soprattutto grazie ai primati conquistati dall’agricoltura italiana, che è oggi la più green d’Europa, con 297 specialità Dop/Igp riconosciute a livello comunitario e 415 vini Doc/Docg, 5.155 prodotti tradizionali regionali censiti lungo la Penisola, la leadership nel biologico con oltre 60mila aziende agricole bio, la decisione di non coltivare organismi geneticamente modificati (ogm), 40mila aziende agricole impegnare nel custodire semi o piante a rischio di estinzione e il primato della sicurezza alimentare mondiale con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari (0,8%) contro l’1,3% della media Ue o il 5,5% dei prodotti extracomunitari.

Ettore Prandini

«I primati del Made in Italy a tavola sono un riconoscimento del ruolo del settore agricolo per la crescita sostenibile del Paese – ha detto il presidente di Coldiretti Ettore Prandini – occorre dunque salvaguardare un settore chiave per la sicurezza e la sovranità alimentare soprattutto in un momento in cui il cibo è tornato strategico nelle relazioni internazionali, dagli accordi di libero scambio alle guerre commerciali come i dazi di Trump, la Brexit o l’embargo con la Russia».

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Alberto Lupini


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