Chiuderanno 2 bar o ristoranti su 10 Una Manovra così è insufficiente

Nuovo allarme rosso della Fipe. Per Roberto Calugi servono liquidità a lungo termine e interventi strutturali per ridurre i costi strutturali delle imprese che rischiano il fallimento . L’impianto complessivo della manovra di bilancio 2021 è positivo, ma c'è il rischio che le misure più importanti perdano di efficacia

24 novembre 2020 | 14:50
di Alberto Lupini
Siamo ormai al rischio chiusura di quasi il 20% dei pubblici esercizi italiani. 2 su 10 dei bar e dei ristoranti (60mila su oltre 330mila locali) non riapriranno. Il lockdown di queste settimane e il peggiorare della crisi economica hanno fatto lievitare il numero delle aziende a rischio fallimento (stimate fino a 50mila a rischio). A lanciare l’ennesimo allarme è il direttore generale della Fipe, Roberto Calugi, in occasione dell’audizione parlamentare sulla manovra. Si parla di 33 miliardi di perdite del comparto (rispetto ai 90 miliardi di fatturato del 2019) e di un oltre 300mila disoccupati sul milione e 300mila totale. E questo dopo che nelle scorse settimane c’è stata una vera ecatombe con 10mila imprese già chiuse e 100mila addetti persi sulla base dei dati delle Camere di Commercio.

 

È più che evidente che la situazione è drammatica e la manovra deve prevedere interventi massicci e in linea con quanto delineato alla recente assemblea della Fipe: da una parte incrementare il più possibile le misure emergenziali, di ristoro economico e contenimento dei costi operativi per mantenere in vita il più alto numero di imprese possibile. Dall’altra prevedere da subito le misure necessarie per garantire la ripresa delle attività, quando, gradualmente, questa crisi arriverà al termine.

Il che significa attuare i 6 programmi da tempo presentati dalla Fipe:

1. Ristoro economico

2. Riduzione dei costi operativi

3. Generazione di liquidità

4. Stimolo della domanda

5. Stimolo degli investimenti

6. Riordino del mercato

Interventi che sono puntualmente stati richiamati da Calugi durante l’esame dei principali articoli della manovra. Fipe promuove in particolare l’impianto complessivo della manovra di bilancio 2021, ma mette in guardia dal rischio che le misure più importanti perdano di efficacia. A partire da quelle studiate per garantire nuova occupazione e assicurare liquidità e accesso al credito alle imprese.

«Bene aver puntato sull’occupazione giovanile e femminile – ha sottolineato Roberto Calugi – ma è sbagliato escludere dal contributo chi nei mesi precedenti è stato costretto a licenziare. Si arriverebbe al paradosso di impedire nuove assunzioni alle aziende che hanno sofferto maggiormente a causa del Covid».

L’altra grande incognita sulla quale intervenire è rappresentata dagli strumenti studiati per garantire liquidità alle imprese. Strumenti che fino ad ora si sono rivelati solo in parte efficaci, visto che solo 101 dei 400 miliardi attesi con il Dl Liquidità sono stati effettivamente erogati, anche a causa delle posizioni rigide degli istituti di credito che giudicano inaffidabili le imprese maggiormente colpite dalla crisi. Primi tra tutti, i pubblici esercizi.

«Noi sosteniamo che il 2020 vada considerato alla stregua di una “bad company” dove far confluire il debito generato da un evento drammatico – ha spiegato Calugi ribadendo quanto da settimane va sostenendo la Fipe - Vanno messi gli imprenditori nella condizione di poter ripagare i debiti di questo anno catastrofico, con una liquidità a lungo periodo di almeno 20 anni con un preammortamento di almeno 36 mesi, che permetta alle imprese che sono oggi in stato prefallimentare di ottenere quella liquidità necessaria per rialzarsi e ripagare il debito in un periodo sostenibile. Va coinvolta Cassa Depositi e Prestiti per permettere una sostenibilità anche da parte del sistema creditizio».

Ricette di lungo periodo che devono però accompagnarsi al rafforzamento degli interventi emergenziali più volte evidenziati, dai contributi a fondo perduto da rifinanziare, a un incentivo ai privati a rimodulare i canoni di locazione dei fondi commerciali. «I 3.800 milioni per i contributi a fondo perduto sono fortemente insufficienti – conclude il direttore generale di Fipe – a sostenere il reale bisogno delle imprese. Come insufficiente è il meccanismo del credito d’imposta sui canoni di locazione. Occorre introdurre una cedolare seccaa favore dei proprietari che acconsentano ad una riduzione dei canoni di almeno il 30%».

Di seguito, nel dettaglio, le osservazioni della Fipe su alcuni articoli della manovra:

Bene aver puntato sull’occupazione giovanile e femminile
Gli artt. 4 e 5
del DDL inseriscono con varie intensità, esoneri contributivi per questa tipologia di assunzioni, limitate, nel caso dei giovani under 36 anni ad alcune Regioni del centro e sud Italia. L’efficacia del provvedimento tuttavia è vincolato all’assenza di procedure di licenziamento pregresse o all’aumento dell’occupazione netta. Si propone che siano inserite delle deroghe per quelle imprese che hanno subito cali significativi del fatturato nel corso del 2020, nella misura del 20%, al fine di rendere queste misure effettivamente funzionali al loro rilancio nel 2021.

È condivisibile quanto previsto dall’art. 17, inerente l’istituzione del Fondo Imprenditoria Femminile per favorire la nascita o il consolidamento di imprese gestite da donne imprenditrici. In merito ci limitiamo a rimarcare l’importanza, ai fini della composizione del Comitato previsto all’articolo, della componente femminile nel nostro settore ed in generale in quello dell’accoglienza.

Il problema della liquidità
In merito agli interventi previsti al Titolo V sulla liquidità e sulla ricapitalizzazione delle imprese esprimiamo certamente un parere favorevole a quanto previsto dagli articoli 35, garanzie del Fondo Centrale anche per operazioni di rifinanziamento/consolidamento del debito, piuttosto che all’art.40 sul rifinanziamento del Fondo.

In merito tuttavia bisogna essere trasparenti e consapevoli che queste misure, per quanto apprezzabili, fanno un enorme fatica a tradursi concretamente in liquidità aggiuntiva per le imprese, soprattutto per quelle di comparti, come il nostro, in crisi.

Particolare attenzione merita l’art.41 inerente i nuovi termini della moratoria straordinaria particolarmente apprezzato dalle imprese. Si segnala l’importanza di che le imprese dei pubblici esercizi rientrino, come più volte sottolineato da eminenti rappresentanti del Governo, nell’alveo delle imprese turistiche, al fine di escludere qualsiasi ingiustificabile discriminazione ed esclusione.

Nuovi ammortizzatori sociali
Per quanto attiene al titolo VI ed in particolare agli articoli dedicati alle tematiche del lavoro, si apprezza quanto ripreso dall’articolo 47 in merito al rinnovo dei contratti a termine e si auspica il superamento integrale delle limitazioni introdotte dal decreto dignità, al fine di favorire un contenimento della consistente riduzione dei livelli occupazionali, anche attraverso l’utilizzo del contratto a tempo determinato.

In merito alle nuove settimane previste per gli ammortizzatori sociali previsti dall’art. 54 unitamente all’esonero dal versamento dei contributi previdenziali e ai nuovi termini temporali in materia di licenziamento riteniamo opportuno segnalare quanto segue:

-  possibilità di non neutralizzare i periodi di trattamenti di integrazione salariale precedentemente richiesti (sei settimane ex dl 137/2020) ma di renderle cumulabili alle citate, così da salvaguardare le aziende virtuose che hanno utilizzato parte delle settimane di integrazione salariale concesse nei diversi precedenti provvedimenti;

-  possibilità di richiedere l’esonero contributivo previsto in caso di mancata richiesta dei trattamenti di integrazione salariale anche in caso di ricorso parziale agli stessi, in quanto la possibilità di accedervi selettivamente per le imprese con più unità produttive esclude le piccole aziende da tale opportunità non potendo queste operare una scelta tra diverse unità produttive;

superamento del divieto di avvio di procedure di licenziamento individuale e collettive al 31/3/2021 in particolare per le imprese che registrano un calo sensibile delle ore effettivamente lavorate.

È apprezzata infine l’istituzione all’art.57 del Fondo per le Politiche Attive del lavoro, nella cui direzione si auspica un rifinanziamento del Fondo Nuove Competenze da rendere strutturale come misura di politica attiva per favorire una riqualificazione del personale con una contestuale rimodulazione dell’orario di lavoro.


Risolvere i problelmi di accesso e gestione moderna dell'impresa
Punto fondamentale del Disegno di legge in esame è certamente quanto previsto dall’art.184, all’interno del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza
, che prevede presso il MEF l’istituzione del Fondo per l’attuazione del programma Next Generation EU- Italia. Sarà fondamentale investire le ingenti risorse previste dal fondo al fine di affrontare i gap strutturali in termini di innovazione tecnologica-digitale e produttività delle imprese. Per riuscirci, è imprescindibile puntare anche sui settori dei servizi e del commercio, che rappresentano la maggior parte del Prodotto Interno Lordo del Paese, ripensando anche l’organizzazione degli spazi urbani che andranno ripensati in funzione dei nuovi comportamenti della domanda dei consumatori a seguito di questa pandemia. Imprescindibile sarà il coinvolgimento dei corpi intermedi nel disegno e nell’implementazione di questi programmi per evitare che siano calati dall’alto minandone la reale efficacia.

 Bene l’art.194 che chiarisce che le somme percepite in modalità “cashback” per il pagamento con strumenti digitali non costituiranno reddito imponibile. Ma manca un passaggio ulteriore per rendere questa misura effettivamente efficace, ovverosia l’azzeramento, almeno per questo periodo di crisi, del costo delle commissioni applicate ai pagamenti digitali. Almeno per i micro pagamenti fino a 15 euro. Misura per altro che agevolerebbe ulteriormente la diffusione di questa modalità tracciabile di pagamento.

 Riguardo l’art.205 che in particolar modo interessa disposizioni in materia di giochi, sottolineiamo solamente come i canoni concessori siano interamente dovuti anche nel periodo di chiusura.

Infine, prendiamo atto dell’art.207, con la costituzione del fondo per la il sostegno alle attività produttive maggiormente colpite da Covid19, che sembra destinato al rifinanziamento delle misure previste nelle diverse e numerose decretazioni precedenti inerenti le conseguenze economiche della pandemia. In proposito avanziamo due considerazioni: i fondi previsti, 3.800 milioni spalmati su ogni settore e ogni attività di intervento, sono fortemente insufficienti e inadeguati a sostenere il reale stato di bisogno delle imprese. Per altro alcuni settori come la ristorazione collettiva sono rimasti esclusi da questi provvedimenti.

 

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